La crisi delle scuole cattoliche, questione “esistenziale” per la società libanese
di Pascale Rizk *
Scuole Cristiane Libano
Anche in Libano, come in altri Paesi del Medio Oriente, le scuole cattoliche rappresentano una forma di presenza cristiana che ha sempre goduto di consenso sociale anche presso la popolazione musulmana.
Le scuole cattoliche libanesi hanno sempre offerto nel loro Paese un contributo primario all’eccellenza e alla qualità dell’educazione, alla trasmissione del sapere e al rispetto della diversità. La storia è testimone di come le scuole cattoliche, aperte a tutti, abbiano rappresentato il primo luogo di convivenza delle 17 confessioni religiose libanesi. In molte di esse, la popolazione scolastica è formata da allievi quasi totalmente di confessione non cattolica. Questo denota la grande importanza del ruolo di queste scuole, luogo di annuncio del Vangelo e anche veicolo di valori universali, dove le diverse Congregazioni religiose che animano e gestiscono gli istituti scolastici sono riuscite col tempo a connotare ogni comunità scolastica con la propria pedagogia e la propria spiritualità.
Anche per queste ragioni, la situazione critica che le scuole cattoliche libanesi stanno affrontando negli ultimi tempi mette in allarme le Chiese, e nel contempo rappresenta una vera emergenza nazionale, in un Paese sempre chiamato a vigilare contro i pericoli del settarismo.
I motivi della crisi
Le scuole cattoliche in Libano hanno sempre beneficiato di un’autonomia singolare, che sembra essere oggi al centro del momento critico da esse attraversato.
Per far fronte alle esigenze del corpo docente, che reclama l’applicazione della legge 46/2018 sulle nuove “griglie salariali” già applicata nel settore pubblico, le scuole cattoliche saranno costrette ad aumentare del 50% circa gli stipendi dei loro insegnanti. Un aumento che sarà a carico delle famiglie, diventando un ulteriore peso sui bilanci familiari già in sofferenza a causa della crisi economica.
Occorre tener presente che già dal 1997 le scuole private offrono, agli insegnanti abilitati, un salario d’ingresso di livello 15, mentre i salari degli insegnanti del settore pubblico partono dal livello 9. Alla luce di questo dato, sembrava ovvio pensare che l'incremento di 6 livelli in un’unica soluzione stabilito dalle nuove disposizioni sulle griglie salariali non avrebbe dovuto riguardare il settore privato, ma essere riservato ai docenti del settore pubblico, per “regolarizzare” la loro condizione oggettivamente penalizzata. Invece, l’applicazione delle nuove regole contrattuali agli insegnanti delle scuole pubbliche ha provocato una presa di posizione del corpo docente delle scuole private, che sotto la bandiera del sindacato chiede di beneficiare dello stesso numero di “scatti” di livello salariale garantiti ai colleghi del settore pubblico. Scioperi, manifestazioni e ritardi nei curricula scolastici stanno portando all’aumento della tensione tra istituti scolastici e docenti. I comitati dei genitori sono direttamente coinvolti in questa vicenda, in quanto nessuna modifica interna alla scuola privata riguardante le tariffe può essere presa senza il loro consenso.
Padre Boutros Azar, l’attuale segretario generale delle scuole cattoliche, avverte che le istituzioni educative inferiori a 400 studenti sono in pericolo di chiusura perché non sarebbero più finanziariamente sostenibili, in quanto esse offrono alle comunità più disagiate un'istruzione totalmente o parzialmente gratuita, e pareggiano i conti solo grazie alle entrate delle altre scuole con maggior numero di studenti gestite dalla medesima congregazione religiosa. Secondo l’ultimo rapporto nazionale pubblicato dal Centro educativo ricerca e sviluppo (CRDP) libanese nel febbraio 2018, tutte le scuole con accesso parzialmente o totalmente gratuito hanno meno di 400 studenti, e gli effetti della nuova legge sulle griglie salariali le espongono al rischio della chiusura.
Esistono oggi 59 gruppi scolastici affiliati al Segretariato generale delle scuole cattoliche che ospitano circa 192.mila studenti, con un corpo docente ed amministrativo che ammonta a 12.800 insegnanti.
Lo Stato condiziona il suo aiuto eventuale aiuto all’accesso e al controllo dei bilanci economici delle scuole private; controllo al quale le scuole cattoliche si oppongono fermamente, considerandolo un’intromissione nella propria autonomia e un pericolo per la libertà d'educazione.
Padre Charbel Batour, s.j., rettore del collegio Notre Dame de Jamhour, scuola fondata dai gesuiti dal 1850, conferma all'Agenzia Fides che è in corso un dialogo tra Ministero e Sindacato dei docenti, finalizzato alla ricerca di un compromesso sulla questione economica, con l’adeguamento dello stipendio alle previsioni di legge da spalmare su tre anni e da mettere a carico delle scuole cattoliche, mentre lo Stato si farebbe carico degli arretrati fino ad ora non corrisposti. Padre Batour sottolinea che questa soluzione forse consentirà di superare la crisi in atto, ma che comunque non potrà evitare la chiusura di alcune scuole cattoliche. Secondo lui, il dossier è stato gestito male dal governo, che su di esso non ha aperto nessun canale di dialogo e nessuna trattativa con il settore scolastico privato; ancora oggi i deputati rifiutano di distinguere tra scuole pubbliche e scuole private nell'applicazione delle nuove normative salariali, come era stato proposto dal Primo Ministro, tanto che l’ultimo dibattito risale al 29 marzo scorso.
Insegnanti di varie scuole cattoliche riferiscono che alcune amministrazioni scolastiche hanno iniziato a riconoscere una parte dell’aumento salariale, senza aspettare le deliberazioni degli organi competenti. D’altronde arrivano voci anche sulle mosse delle scuole private laiche, dove i docenti stanno dando inizio a mobilitazioni e indicono scioperi.
La domanda aperta oggi non riguarda solo la capacità dello Stato di assorbire o meno il flusso degli studenti che potrebbero essere costretti ad iscriversi alle scuole pubbliche, qualora quelle cattoliche non fossero più in grado, per i motivi sopra esposti, di svolgere il loro ruolo educativo e missionario. I rischi più gravi sono quelli che la crisi delle scuole private comporta per la stessa convivenza tra diverse identità nella complessa società libanese, visto il ruolo di collante sociale che tali scuole hanno rivestito anche nei momenti più bui della storia nazionale.
Nella loro visita al Presidente della Repubblica, a seguito del loro congresso annuale nel 2017, il Consiglio dei patriarchi dell’Oriente ha posto l’accento sulla necessità di custodire il Libano per preservare il suo ruolo nell'area mediorientale. Un ruolo che non può essere esercitato se non nell’assoluto rispetto della Costituzione libanese, la quale dispone, nel suo decimo articolo, che “l’insegnamento è libero, fino a quando non si pone in contrasto con l’ordine pubblico e con i buoni costumi e non lede la dignità delle confessioni religiose”. La Costituzione riconosce il diritto delle comunità ad avere loro scuole, quando rispettano i “requisiti generali stabiliti dallo Stato”. In quest’ottica, le scuole cattoliche dovrebbero poter promuovere la loro missione educativa senza essere sottoposte a pressioni e emergenze come quelle che si sono concretizzate con la legge 46 sulle griglie salariali.
Bisognerebbe ricordare che, in occasione delle diverse guerre che hanno ferito il Libano, le scuole cattoliche non hanno mai mancato di aprire le loro porte e accogliere studenti sfollati dalle regioni colpite, decidendo di lavorare anche d’estate per portare a termine gli anni scolastici e non far pagare agli studenti l’atrocità dei conflitti. Oggi le congregazioni religiose vengono invitate a vendere i loro immobili e terreni per sostenere economicamente le esigenze dei docenti. Una eventualità che, alla lunga, porterebbe ad una ulteriore penalizzazione della presenza cristiana locale, già chiamata a affrontare tanti problemi e tante difficoltà in tutto il Medio Oriente.
* nota sull'autore
Docente in sociologia, pedagogia e sviluppo aziendale