La minaccia verso i cristiani in Medio Oriente è seria. Ma per capirla a fondo occorre vederla nel contesto della regione. Le divisioni settarie, l’assenza di vera democrazia, di sicurezza, di diritti civili, di legalità: questi problemi toccano quasi tutti i cittadini di questa regione instabile, dove l’identità religiosa è inestricabile dalla identità politica. Disoccupazione, illegalità, disperazione, ingiustizia e sete di vendetta sono i veri reclutatori dei gruppi terroristici, più dellefrasi controverse del Corano. Più si sgretolano le istituzioni dello Stato e più crescono il settarismo, la paura e l’odio verso il diverso. L’Occidente deve pensare che la sua lotta è contro il terrorismo e non contro l’Islam. La soluzione per la vita dei cristiani in Medio Oriente si troverà solo cercando di stabilizzare la situazione per tutti i gruppi etnici e religiosi, nella maniera più equa possibile.
(Una versione estesa di questo contributo appare come prefazione al libro "Dove i cristiani muoiono" di Luigi Ginami, ed. san Paolo 2018)
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Vivere in un paese dove la maggioranza condivide la propria religione è un lusso, spesso dato così per scontato che difficile da percepire. Esprimere la propria fede apertamente con tutta la comunità, senza dover spiegare le proprie credenze e usanze, rende sicuramente la vita più facile. E spesso, più sicura. Non temere che la nostra religione possa fare di noi un bersaglio è veramente un privilegio. Ma come tutti i privilegi, può renderci pigri, più propensi a ignorare che in molte parti del mondo dichiarare la propria religione è un atto di coraggio, che può portare alla morte.
Tristemente ironico che una delle regioni più pericolose per le minoranze religiose sia proprio la culla delle tre grandi fedi monoteiste: il Medio Oriente. È in questo contesto che la religione più seguita al mondo, il cristianesimo, diventa la minoranza più diffusamente perseguitata. I numeri, anche se approssimativi, parlano chiaro: all’inizio del secolo scorso, i cristiani rappresentavano quasi il 20% della popolazione del Medio Oriente. Nel 2010 contavano meno del 4%, e i numeri continuano a calare. Il rischio che i cristiani spariscano dalla Terra Santa non è mai stato cosi reale. Le minoranze cristiane sono coesistite con la maggioranza musulmana in Medio Oriente per quattordici secoli. Nonostante varie fasi di diseguaglianza e marginalizzazione, i cristiani del mondo arabo sono riusciti comunque a prosperare e vivere in pace con i conterranei musulmani. La loro costante presenza come minoranza religiosa dopo un millennio e mezzo di convivenza ne è la prova.
E’ stato l’ultimo secolo, e in particolare gli ultimi anni, ad essere particolarmente devastanti per i cristiani arabi. L’instabilità politica e l’ingiustizia sociale che hanno seguito il crollo dell’Impero Ottomano hanno aiutato l’espansione dell’islamismo estremo. Più recentemente, la guerra ha de-cimato le antiche comunità cristiane in due paesi: l’Iraq e la Siria.
L’Iraq nel 2003, prima della invasione americana, aveva all’incirca un milione e mezzo di cristiani, che vivevano re-lativamente liberi da discriminazione. Il ministro degli este-ri di Saddam Hussein, ad esempio, Tariq Aziz, era cristiano. Ora si pensa che i cristiani in Iraq non siano più di 258.000. L’espansione del cosiddetto “Stato Islamico” ha ovviamente inciso su questo esodo, ma i cristiani iracheni hanno cominciato ad essere presi di mira poco dopo la caduta di Saddam Hussein, dieci anni prima l’impennata di ISIS: uno dei primi segni che la società di quel paese stava iniziando a sgretolarsi, insieme all’escalation di violenza settaria fra musulmani sunniti e sciiti.
In Siria i legami storici con il cristianesimo sono così for-ti che nella cittadina di Maaloula, a 50 chilometri da Damasco, si parla ancora aramaico, la lingua di Gesù. E infatti, quando la Siria fu creata nel 1920, un terzo della popolazio-ne era cristiana. Ora si pensa ci siano meno di 900.000 cristiani per una popolazione di 18 milioni.
Una fuga che continua. E chi di noi, dopo aver sentito storie di esecuzioni per mano dell’ISIS che gelano il sangue, potrebbe veramente biasimare i cristiani che scappano? Anche perché ISIS dava loro poca scelta: se non si convertivano all’islam, o se ne andavano o venivano decapitati. (…)
ISIS e altri gruppi terroristici di matrice islamista estrema si vantano del loro trattamento disumano dei cristiani, an-che perché ne capiscono il valore mediatico. Nel febbraio 2015 ISIS ha sgozzato ventuno cristiani copti egiziani su una spiaggia in Libia in uno dei suoi ignobili video di grottesca propaganda. Le ventuno vittime cristiane indossavano tute arancioni, come quelle usate a Guantanamo Bay. La spiaggia libica è il confine con l’Europa. I terroristi islamisti considerano i cristiani non solo degli infedeli, ma anche soci dell’Occidente. Il messaggio del video era chiaro: voi occidentali imprigionate i nostri “alleati” a Guantanamo, noi uccidiamo i vostri alla porta dell’Europa.
La minaccia verso i cristiani in Medio Oriente è seria e innegabile. Ma per capirla a fondo dobbiamo vederla nel contesto della regione. Le divisioni settarie, l’assenza di vera democrazia, di sicurezza, di diritti civili, di legalità: questi problemi toccano quasi tutti i cittadini di questa regione instabile, dove l’identità religiosa è inestricabile dalla identità politica. Essere sunnita, sciita, cristiano, alawita, druso o yazida ha una importanza sociale, geografica ed economica oltre che spirituale.
Che gli attacchi sui cristiani ci stiano più a cuore è naturale. Anche se arabi, li vediamo come “uno di noi”. Ma sbagliamo se non diamo uguale importanza a tutta la violenza settaria che ingolfa questa regione. Nel 2017, centoventotto copti sono stati uccisi in numerosi attacchi terroristici in Egitto, l’ultimo dei quali in una chiesa durante il periodo natalizio. Un mese prima, trecentocinque musulmani sufi, considerati eretici dagli estremisti, muoiono in un solo at-tacco in una moschea nella penisola del Sinai. In Iraq, l’at-tacco più devastante da parte di ISIS prese di mira la comu-nità sciita di Karrada, a Baghdad: un’enorme bomba uccise 323 persone e ne ferì centinaia nel luglio 2016, in un centro commerciale pieno di famiglie che celebravano il Ramadan. La crudeltà dello Stato Islamico prende particolarmente di mira cristiani e yazidi, ma non risparmia i fratelli e le sorel-le musulmani.
Si parla molto di guerra fra civiltà. La domanda che ci poniamo spesso in Occidente è se la violenza e l’intolleranza che vediamo in molte parti del mondo islamico provengano dall’islam stesso. Sicuramente gruppi come ISIS storpiano frasi dal Corano per giustificare il loro odio violento. Vedono chiunque non condivida la loro interpretazione estrema dell’islam come un “infedele”, anche se si tratta di altri musulmani. Lascerò ai teologi l’interpretazione approfondita delle scritture coraniche. Io so solo che dopo dodici anni ad Al Jazeera e centinaia di ore dedicate ad analizzare la violenza in Medio Oriente in tutti i suoi aspetti, più del 90% delle interviste che ho condotto erano di natura politica e non religiosa. Disoccupazione, illegalità, disperazione, ingiustizia e sete di vendetta sono i veri reclutatori dei gruppi terroristici, non le frasi controverse del Corano. Più si sgretolano le istituzioni dello Stato e più crescono il settarismo, la paura e l’odio verso il diverso. Queste le parole di Gregorio III Laham, patriarca della Chiesa cattolica gre-co-melchita: “Il futuro dei cristiani in Siria non è minacciato dai musulmani, ma dal caos”.
L’Occidente deve pensare chiaramente che la sua lotta è contro il terrorismo e non contro l’Islam. La soluzione della persecuzione dei cristiani in Medio Oriente si troverà solo cercando di stabilizzare la situazione per tutti i gruppi etnici e religiosi, nella maniera più equa possibile. La vera chiave di un futuro stabile per il mondo arabo sono gli arabi stessi, qualsiasi sia la loro religione.
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Christians in Syria
Middle East Christians are in serious danger. However to really understand this we must consider the context of the whole region. Sectarian division, the absence of authentic democracy, security, respect for civil rights and legality: these elements affect all the people in this unstable region where religious identity and political identity are inextricable from. Unemployment, despair, illegality, desperation, injustice and thirst for vengeance, are the real recruiters of terrorist groups rather than controversial phrases from the Koran. The more government institutions crumble, the more grow sectarianism, fear and hatred towards those who are different. The West must realise that its battle is against terrorism, not Islam. The solution for the life of Christians in the Middle East will be achieved only by working to stabilise the situation for all the different ethnic and religious groups in the fairest way possible. (An extended version of this contribution appears as a preface to the book " Dove i cristiani muoiono" (Where Christians are dying) written by Luigi Ginami, San Paolo editions 2018)
To live in a country where the majority of the population shares the same religion is a luxury, very often taken so much for granted that it is difficult to perceive. The ability to express faith openly with all the community, without having to explain beliefs and customs, certainly makes life easier and often safer. Not to fear that our religion may make us targets is a real privilege. However like all privileges it can make us lazy, more inclined to ignore the fact that in many parts of the world to openly profess one’s faith is an act of courage, which can lead to death.
It is sadly ironic that one of the world’s most dangerous regions for religious minorities should be precisely the cradle of the three monotheistic faiths, the Middle East. It is in this region that Christianity, the religion most practiced in the world, is the minority most widely persecuted. The figures, even if approximate, speak clearly: at the beginning of the 19th century Christians represented almost 20% of the population in the Middle East. In 2010 they accounted for less than 4%, and the numbers continue to fall. The danger that Christians will disappear from the Holy Land has never been so real. These Christian minorities have lived side by side with the Muslim majority in the Middle East for fourteen centuries. Despite various phases of inequality and marginalisation Christians in an Arab world were able nevertheless to prosper and live in peace with their Muslim fellow-country men and women. Their constant presence as a religious minority after a millennium and a half is proof of this.
It was the 19th century, especially the later years, that was most devastating for Christian Arabs. The political instability and social injustice which followed the fall of the Ottoman Empire furthered the spread of Islam extremism. More recently war decimated the ancient Christian communities in two countries: Iraq and Syria.
Iraq in 2003, before the American invasion, had about a million and a half Christians living relatively free of discrimination. The foreign minister of Saddam Hussein Tariq Aziz for example, was a Christian. Today it is thought that Christians in Iraq number not more than 258,000. The spread of the so-called Islamic State clearly affected this exodus, but it was following the fall of Saddam Hussein, ten years before the appearance of ISIS, that Iraqi Christians began to be targeted: one of the first signs that society in that country was starting to crumble, together with a sectarian escalation between Sunni and Shiite Muslims.
In Syria centuries old bonds with Christianity are so strong in the city of Maaloula, some 50 kilometres from Damascus, that the people there still use the same Aramaic language spoken by Jesus. And in fact when Syria was created in 1920, one third of the population was Christian. Now it is thought that there are 900,000 Christians among a population of 18 million.
A flight that continues and who after hearing the bloodcurdling reports of executions by ISIS, could blame Christians for fleeing? Also because ISIS gave them little choice: those who refused to convert to Islam were forced to leave or be beheaded. (…)
ISIS and other terrorist groups of extremist Islam matrix boast of their inhuman treatment of Christians, also because they realize the media value. In 2015, in February, in one of its most ignoble and grotesque propaganda videos ISIS slit the throats of twenty one Egyptian Copt Christians on a beach in Libya. The twenty one Christians were made to dress in orange coloured fatigues like those used at Guantanamo Bay. Libya‘s seashore marks the border with Europe. For Islamic terrorists Christians are not only infidels they are partners with the West. The video’s message was clear: you Westerners imprison our “allies” in Guantanamo, we kill yours at the gates of Europe.
That the danger for Middle East Christians is serious is undeniable. However to really understand this, it must be considered in the context of the whole region. Sectarian division, the absence of authentic democracy, of security, of respect for civil rights and legality: these elements affect almost all the people in this unstable region where religious identity and political identity are inextricable. To be Sunni, Shiite, Christian, Alawit, Druse or Yazid has its social, geographical, economic as well as spiritual, importance.
That attacks on Christians strike us more is only natural. Although they are Arabs we see them as “one of us”. However we must give equal importance to all the sectarian violence which flood this region. In 2017, 128 Copt Christians were killed in a series of terrorist attacks in Egypt, the most recent in a church during the Christmas period. A month earlier, 305 Sufi Muslims, considered heretics by the extremists, died during an attack on a Mosque in the Sinai peninsula. In Iraq, the most devastating ISIS attack targeted the Shiite community in the Karrada district of Baghdad: in July 2016, the explosion of an enormous bomb in a shopping centre crowded with families celebrating Ramadan killed 323 and wounded another hundred. Islamic State cruelty targets especially Christians and Yazid while not sparing Muslim brothers and sisters.
There is much talk of a war between civilisations. The question we often ask ourselves in the West is whether the violence and intolerance we see in many parts of the Muslim world could come from Islam itself. Certainly groups like ISIS twist Koran texts to justify their violent hatred. They see anyone, even Muslims, who fail to share their extremist interpretation of Islam, as “infidels”. I leave it to the theologians to make an in-depth interpretation of Koranic holy writings. I know only that after 12 years with Al Jazeera and hundreds of hours devoted to analysing the violence in the middle East in all its aspects more than 90% of the interviews I carried out were of a political and not religious nature. Joblessness, illegality, desperation, injustice and thirst for revenge I know that these are the real recruiters of terrorist groups, not controversial phrases in the Koran. The more state institutions crumble the more we see the growth of sectarianism, fear and hatred of those who are different. This what patriarch Gregory III Laham of the Greek-Melkite Catholic Church had to say: “The threat for the future of Syrian Christians comes not from Muslims , but from chaos”.
The West must be certain that her war is on terrorism and not on Islam. An end to the persecution of Middle East Christians can only be reached by working to stabilise the situation of all the different ethnic and religious communities as equally as possible. The real key to a stable future for the Arab world are Arabs themselves, regardless of their respective religion.