La nuova Esortazione apostolica di Papa Francesco "Gaudete et exultate", sulla "chiamata alla santità nel mondo contemporaneo" è un documento in cinque capitoli e 177 paragrafi che invita a essere santi oggi: la santità - dice il Papa - non è una chiamata per pochi ma è una via per tutti, da vivere nella quotidianità: "Il Signore chiede tutto, e quello che offre è la vera vita, la felicità. Egli ci vuole santi e non si aspetta che ci accontentiamo di un’esistenza mediocre, annacquata, inconsistente", scrive Francesco. Pubblichiamo una riflessione, elaborato da Gianni Valente, giornalista dell'Agenzia Fides, che ha presentatao l'Esortazione nella Sala Stampa vaticana, commentando la parte centrale del documento.
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Nel secondo capitolo della Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate Papa Francesco si sofferma su quelle che definisce «due falsificazioni della santità che potrebbero farci sbagliare strada: lo gnosticismo e il pelagianesimo». Ancora una volta, quindi, il Papa fa riferimento ai nomi di queste due eresie «sorte nei primi secoli cristiani», e che a suo giudizio «continuano ad avere un’allarmante attualità» (35).
Anche stavolta l’intenzione non è quella di parlare dello sviluppo storico-teologico di queste due eresie. Il Papa vuole solo segnalare le insidie di matrice pelagiana e gnostica che toccano il presente della Chiesa. Per provare a suggerire cosa c’entrano Gnosticismo e Pelagianesimo in un testo papale sulla chiamata universale alla santità, conviene partire proprio dalla natura della santità, da come la santità viene vissuta e considerata nella Chiesa e nel suo insegnamento.
Santità e grazia
La santità, come ripete in tanti modi anche questa esortazione, viene da Dio. È un frutto è un dono della grazia nella vita della Chiesa. La Costituzione dogmatica conciliare Lumen Gentium, in uno dei paragrafi dedicati proprio alla vocazione universale alla santità, riconosceva che la santità « costantemente si manifesta nei frutti della grazia che lo Spirito produce nei fedeli» (LG 39).
Questo vuol dire che la santità non è l’esito di un proprio sforzo, non è una montagna da scalare da soli. Vuol dire che non si possono fare strategie o programmi pastorali per “produrre” la santità. Vuol dire soprattutto che è Cristo stesso l’iniziatore e il perfezionatore della santità. Per questo la santità è il tesoro della Chiesa: perché se ci sono santi vuol dire che Cristo è vivo, e continua a operare in loro, ad accarezzare e a cambiare le loro vite, e noi possiamo vederne gli effetti. E sempre per questo è vero anche che le «proposte ingannevoli» che si muovono sulla scia del pelagianesimo e dello gnosticismo rappresentano un ostacolo per la chiamata universale a essere santi: esse infatti ripropongono in varie forme l’antico ’inganno pelagiano o quello gnostico: cioè occultano/rimuovono la necessità della grazia di Cristo, oppure svuotano la dinamica reale e gratuita del suo agire.
Pelagianesimo: Gesù come “buon esempio”
Sant’Agostino scriveva che l’errore velenoso dei pelagiani del suo tempo era la pretesa di identificare la grazia di Cristo «nel suo esempio, e non nel dono della sua presenza». Per Pelagio, il monaco bretone del V secolo che ha dato il nome a quell’antica eresia, la natura di tutti gli esseri umani non era stata ferita dal peccato di Adamo, e dunque tutti erano sempre in grado di scegliere il bene e evitare il peccato esercitando semplicemente la propria forza di volontà. Per Pelagio Cristo si era incarnato e sacrificato per offrire agliuomini l’aiuto del suo buon esempio, che doveva controbilanciare il “cattivo esempio” fornito da Adamo ed Eva. Cristo andava dunque considerato come un buon esempio, un maestro di vita da seguire per coltivare la propria virtù morale. Ma questo percorso si poteva realizzare contando sulle proprie forze e facendo a meno di Lui, del dono e del soccorso della sua grazia.
Su questo punto l’Esortazione Apostolica Gaudete et Exsultate si pone nell’alveo dei tanti pronunciamenti con cui il magistero ecclesiale ha invece sempre ripetuto che nella condizione reale in cui si trovano tutti gli esseri umani non si può essere santi e non si può nemmeno vivere una vita giusta sulle orme di Gesù senza l’intervento della grazia di Cristo, senza essere abbracciati in maniera misteriosa ma reale dal suo Spirito.
Papa Francesco tra le altre cose cita il secondo Sinodo di Orange, che già nel 529 attestava che «persino il desiderare di essere resi puri nasce in noi per l’operazione dello Spirito Santo». Cita anche il Catechismo della Chiesa Cattolica, per ricordare che la dottrina della assoluta necessità della grazia dovrebbe essere «una delle grandi convinzioni definitivamente acquisite dalla Chiesa», visto che «attinge al cuore del Vangelo» (55). E invece, occorre fare sempre i conti con manifestazioni dell’atteggiamento pelagiano che si infiltra anche nelle prassi più ordinarie della vita ecclesiale. Quelle legate ad una sorta di pelagianesimo dei devoti, che magari partecipano alle pratiche e agli impegni ecclesiali, dalla liturgia alle attività comunitarie, ma lo fanno come esercizio di affermazione di sé e del proprio gruppo, e non sembrano chiedere e attendere alcun vero dono dalla grazia di Dio.
L’Esortazione apostolica riscontra un’impronta pelagiana in tutti quelli che «in definitiva fanno affidamento unicamente sulle proprie forze», e anche quando vogliono mostrarsi fedeli a «un certo stile cattolico» (46), in realtà esprimono «l’idea che tutto dipende dallo sforzo umano» sia pur «incanalato attraverso norme e strutture ecclesiali» (58).
Invece il Papa scrive che la chiamata universale alla santità è rivolta a chi riconosce che in ogni passo della vita e della fede c'è bisogno sempre della grazia. Perché – come si legge nel testo - «in questa vita le fragilità umane non sono guarite completamente una volta per tutte dalla grazia» (49). E il lavoro della grazia non rende gli uomini dei superuomini, ma «agisce storicamente e, ordinariamente, ci prende e ci trasforma in modo progressivo» (50).
Gnosticismo: “disincarnare” il cristianesimo
Anche l’altra «proposta ingannevole» segnalata dal Papa viene assimilata a un’antica contraffazione della novità cristiana, quella delle antiche dottrine gnostiche che spesso assorbivano parole e verità della fede cristiana nei loro sistemi concettuali, ma nel far questo svuotano dall'interno l’avvenimento cristiano della sua storicità.
Per le teorie gnostiche, la salvezza consisteva in un processo di auto-divinizzazione, un cammino di conoscenza in cui il soggetto doveva prendere coscienza del divino che aveva già dentro di sé. Mentre la fede cristiana riconosce che la salvezza e la felicità per gli esseri umani sono un dono gratuito di Dio, che raggiunge l’uomo dall’esterno, da fuori di sé. E riconosce anche che Dio, da quando ha scelto d’incarnarsi, non ha più cambiato metodo. Per questo la sua azione di grazia può raggiungere e continua a raggiungere gli uomini e le donne nel tempo e nello spazio della loro condizione reale, così come sono e lì dove sono. Per questo anche le storie di chi è chiamato alla santità, e pure quelle dei Santi già canonizzati, sono disseminate di fatti, di incontri, di circostanze concrete in cui l’operare della grazia si rende percepibile e tocca e cambia le loro vite. In maniera analoga a quello che accadeva ai primi discepoli di Cristo, che nel Vangelo hanno potuto segnare anche l’ora del loro primo incontro con Gesù.
Invece - scrive il Papa - la mentalità gnostica, sceglie sempre la via dei ragionamenti astratti e formali, e così sembra voler dominare, «addomesticare il mistero» (40). E questo, anche nella Chiesa, è il percorso imboccato spesso da chi è impaziente, non attende con umiltà il rivelarsi del mistero, perché - come scrive la Esortazione apostolica - non sopporta il fatto che «Dio ci supera infinitamente, è sempre una sorpresa, e non siamo noi a determinare in quale circostanza storica trovarlo, dal momento che non dipendono da noi il tempo e il luogo e la modalità dell’incontro» (41).
L’Esortazione apostolica avverte che uno spirito gnostico può insinuarsi anche oggi nella vita della Chiesa ogni volta che si vuole prescindere dalle fattezze concrete e gratuite con cui opera la grazia, e si prende la via dell’astrazione, che procede «disincarnando il mistero». Ad esempio, ciò accade quando prevale la pretesa di ridurre l’appartenenza ecclesiale a «una serie di ragionamenti e conoscenze» da padroneggiare, (36), o alla «capacità di comprendere la profondità di determinate dottrine» (37). E se il cristianesimo viene ridotto a una serie di messaggi, di idee, fossero pure l’idea di Cristo o l’idea della grazia, a prescindere dal suo operare reale, allora inevitabilmente la missione della Chiesa si riduce a una propaganda, un marketing, cioè alla ricerca di metodi per diffondere quelle idee e convincere altri a sostenerle.
L’Esortazione apostolica segnala anche altre tracce della mentalità gnostica che possono trovarsi anche in circoli ecclesiali, come l’elitarismo di chi si sente superiore alle moltitudini dei battezzati, o il disprezzo per gli imperfetti, per quelli che cadono, per quelli che gli antichi gnostici avrebbero definito come “i carnali”. Il Papa ricorda che già all’inizio del cristianesimo le correnti gnostiche mostravano disprezzo per la semplicità del Vangelo, e tentavano di sostituire al Dio incarnato «una Unità superiore» (43).
Davanti alle “proposte ingannevoli” ispirate al pelagianesimo e alla falsa Gnosi, il Papa esorta a riconoscere gli indizi certi che accompagnano chi cammina sulla buona strada, quella aperta alla vocazione universale alla santità. Ad esempio, il Papa dice che non c’è pericolo di essere cripto-pelagiani e cripto-gnostici quando il cammino è disseminato dei segni delle opere di misericordia e dell’autentica carità, che è una «virtù teologale» e quindi non può essere esercitata per volontarismo, o per frenetico attivismo auto-celebrativo, ma è propria di chi è mosso e attirato dalla grazia in atto. (60/61).
Comunque, davanti a questi fenomeni di auto-ripiegamento ecclesiale, L’esortazione apostolica non inizia battaglie culturali contro neo-gnostici e neo-pelagiani. Il Papa prega che sia il Signore stesso a liberare la Chiesa dalle nuove forme di gnosticismo e di pelagianesimo che possono frenare il cammino di tanti «verso la santità» (62). L’intento dell’intero documento non è certo quello di stigmatizzare nuove forme di pelagianesimo e gnosticismo, ma solo quello di invitare tutti a cercare ogni giorno il volto dei santi disseminati tra il popolo di Dio, e a riconoscerli come segno reale e efficace della presenza e della misericordia di Cristo.
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ENGLISH ---
The "subtle enemies" of holiness
In the second chapter of the Apostolic Exhortation Gaudete et Exsultate Pope Francis dwells on what he calls « two false forms of holiness that can lead us astray: gnosticism and pelagianism ». Once again therefore the Pope refers to « two heresies from early Christian times », which, in his opinion « continue to plague us » (35).
Once again the Pope’s intention is not to speak of the historical-theological development of these heresies, he wishes simply to warn against threats of Pelagian and Gnostic matrix which affect the Church today. To attempt to suggest what Gnosticism and Pelagianism have to do with in a papal document on the universal calling to holiness call, we should begin with the nature of holiness, how holiness is lived and considered in the Church and in Church teaching.
Holiness and grace
Holiness, as also this Exhortation affirms frequently, comes from God. It is a fruit, a gift of grace, in the life of the Church. Vatican II’s Dogmatic Constitution, Lumen Gentium, in a paragraph devoted precisely to the universal calling to holiness, acknowledges that holiness « constantly manifests itself in the fruits of the grace that the Holy Spirit produces in the faithful» (LG 39).
This means that holiness is not the result of solely human effort, it is not a mountain to climb alone. This means that pastoral programmes or strategies cannot “produce” Holiness. It means above all that Christ himself is the initiator and the perfectioner of holiness. This is why holiness is the Church’s treasure: the fact that saints exist means that Christ is alive and continues to work in them, caressing and transforming their lives, and we see the effects. For the same reason it is also true that «misleading proposals » moving in the wake of Pelagianism and Gnosticism represent an obstacle for the universal call to be saints: in fact they re-propose in various forms the ancient Pelagian and Gnostic deception: that is they conceal/remove the necessity of the grace of Christ, or empty the real and freely given dynamic of its action.
Pelagianism: Jesus, the “good example”
Saint Augustine wrote that the poisonous error of the Pelagians of his time was the presumption of identifying the grace of Christ «in his example and not in the gift of his presence». For Pelagius, the 5th century Breton monk who gave the name to that early heresy, human nature was not stained by the sin of Adam, and therefore man could still choose good and avoid sin simply by the power his will. For Pelagius, Christ became man and sacrificed himself in order to offer mankind the help of his example, that was to counterbalance the “bad example” given by Adam and Eve. So Christ was to be considered a good example, a teacher of life to be followed in order to cultivate personal moral virtue. And this could be achieved by relying on one’s own forces without involving Him, His gift and the help of His grace.
On this point the Apostolic Exhortation Gaudete et Exsultate returns to wealth of pronouncements with which Church Teaching has always repeated that in the conditions in which all human beings exist it is impossible to be saints or even live a just life following in the footsteps of Jesus without the intervention of the grace of Christ, without being embraced in a mysterious but real manner by His Spirit.
Pope Francis among other things mentions the Synod of Orange, which as early as the year 529 affirmed «even our desire to be purified is prompted by the working of the Holy Spirit ». He quotes also the Catechism of the Catholic Church, recalling the Doctrine of the absolute necessity of grace which should be «one of the great convictions of the Church» since it is «drawn from the heart of the Gospel» (55). Whereas we must take into account signs of pelagian attitudes which seep into the most ordinary practices of Church life. Attitudes connected with a sort of pelagianism of the ‘fervent’, who take part in ecclesial practices and commitments, ranging from the liturgy to community activities, but as a way of self and group-affirmation, and not requesting or expecting any real gift of God’s grace. The Apostolic Exhortation discovers a pelagian mark in all who «ultimately trust only in their own power », and even when they want to show their faithfulness to a «Catholic style» (46), in reality they express the «idea that everything depends on human effort» even if « channelled by ecclesial rules and structures » (58).
Instead the Pope writes that the call to universal holiness is addressed to those who realise that in every step of life and faith, grace is necessary. Because – the text affirms - «in this life human weaknesses are not healed completely and once for all by grace» (49). And the workings of grace do not render man, a superman, instead «acting in history; ordinarily it takes hold of us and transforms us progressively » (50).
Gnosticism: “disembodying” Christianity
Also the other «misleading proposal » highlighted by the Pope is likened to early counterfeiting of Christianity by the first gnostic doctrines which in conceptual systems often absorbed words and truths of the Christian faith but in doing so emptied from the inside the Christian event of its historicity.
For gnostic theories, salvation consisted of a process of auto-divinisation, a journey of awareness in which the subject becomes aware of the presence of the divine already within him. While the Christian belief recognises that salvation and happiness for humans, a freely given gift from God, reach the person from outside of himself, and recognises also that since the moment in which He chose to become man God has not changed his method. This is why his grace reaches and will continue to reach men and women in time and space, in their real condition, as they are and where they are. This is why the lives of those called to holiness, and also the lives of Saints already canonised, are filled with facts, encounters, concrete circumstances in which the workings of grace become perceptible affecting and transforming, as with the first disciples of Christ, who in the Gospel were able to pinpoint even the hour of their first encounter with Jesus.
Whereas - the Pope writes - the gnostic mentality always chooses the path of reasoning abstract and formal, appearing thus to want to dominate, «domesticate the mystery» (40). And this, also in the Church, is the way often taken by the impatient, those unable to wait with humility for the mystery to be revealed, because – the Apostolic Exhortation says – they cannot accept that « God infinitely transcends us; he is full of surprises. We are not the ones to determine when and how we will encounter him; the exact times and places of that encounter are not up to us. » (41).
The Apostolic Exhortation warns that the gnostic spirit can seep into the life of the Church every time we attempt to depart from the concrete and freely given features with which grace works and we choose the path of abstraction which acts by «disembodying the mystery». For example this occurs when there prevails the presumption to reduce church membership to «a series ideas and pieces of information» to master, (36), or the « ability to understand the complexity of certain doctrines » (37). And if Christianity is reduced to a series of messages and ideas, even the idea of Christ or the idea of grace, detached from its real working, then inevitably the mission of the Church becomes mere propaganda, marketing, searching for methods to diffuse those ideas and convince others to support them.
The Apostolic Exhortation mentions also other traces of the gnostic mentality that can be found even in ecclesial circles, such as the elitism of those who feel they are superior to the baptised multitudes, or scorn the imperfect, those who fall, those whom the early Gnostics would have called “carnal”. The Pope recalls that already in the early Christian times gnostic currents scorned the simplicity of the Gospel, and attempted to replace the incarnate God with «a superior Unity» (43).
In the face of “misleading proposals” tending to pelagianism and false Gnosis, the Pope urges us to recognised those sure pointers which accompany those who walk the right road, the road open to the universal calling to holiness. For example the Pope says there is no danger of being a crypto-pelagian or crypto-gnostic when the path is disseminated with the signs of works of mercy and authentic charity, which is a « theological virtue» and therefore cannot be exercised for voluntarism, or for frenetic self-celebrative activism, but is proper to those moved and drawn by grace in action. (60/61).
However, in the face of these phenomena of ecclesial self-reliance, the Apostolic Exhortation does not engage in cultural battles against neo-Gnostics and neo-Pelagians. The Pope prays that the Lord himself will free the Church from new forms of gnosticism and pelagianism which can slow down the path of many journeying «towards holiness» (62). The intention of this Exhortation is certainly not to stigmatize new forms of pelagianism and gnosticism, but rather to encourage all to seek every day the faces of saints disseminated among the people of God and acknowledge them as real and efficacious signs of the presence and the mercy of Christ.
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ESPAÑOL ---
Los enemigos “sutiles” de la santidad
En el segundo capítulo de la Exhortación Apostólica Gaudete et Exsultate el Papa Francisco se detiene sobre lo que define «dos falsificaciones de la santidad que podrían desviarnos del camino: el gnosticismo y el pelagianismo». Una vez más el Papa hace referencia a los nombres de estas dos herejías «que surgieron en los primeros siglos cristianos», y que a su juicio «siguen teniendo alarmante actualidad» (35).
Para tratar de sugerir que tienen que ver el Gnosticismo y el Pelagianismo con un texto papal sobre la llamada universal a la santidad, quizás sea apropiado iniciar precisamente de la santidad, de cómo se vive y como la considera la Iglesia en sus enseñanzas.
Santidad y gracia
La santidad, como se repite en esta exhortación, es un fruto, un don de la gracia en la vida de la iglesia. La Constitución dogmática conciliar Lumen Gentium, en uno de los parágrafos dedicados precisamente a la vocación universal a la santidad, reconoce que la santidad «se manifiesta en los frutos de gracia que el Espíritu produce en los fieles» (LG 39).
Esto quiere decir que la santidad no es el resultado de un esfuerzo propio. Quiere decir que es Cristo mismo quién inicia y perfecciona la santidad que puede florecer de la gracia del bautismo. Precisamente por esto las «propuestas engañosas» que siguen el camino del antiguo pelagianismo y del gnosticismo pueden representar un obstáculo a la llamada universal a la santidad: estas propuestas, de hecho, aunque de forma diferente, son las que tratan de negar la necesidad de la gracia de Cristo y la dinámica histórica, real y gratuita de su acción.
Pelagianismo: Jesús reducido a “un buen ejemplo”
San Agustín escribía que el error venenoso de los pelagianos de su tiempo era su intención de identificar la gracia de Cristo “con su ejemplo y no con el don de su presencia”. Para Pelagio, el monje bretón del siglo V que ha dado nombre a esta antigua herejía, la naturaleza de todos los hombres ha sido herida por el pecado de Adán y, por tanto, todos los hombres son capaces de elegir el bien y no pecar gracias, simplemente, a su fuerza de voluntad. Para Pelagio, Cristo se encarnó y sacrificó solo para dar un buen ejemplo que supusiera un contrapunto al mal ejemplo de Adán y Eva. Cristo era considerado, por tanto, como un maestro de vida al que seguir para estimular la propia coherencia moral. Pero este camino se podía realizar también prescindiendo de Él y de la gracia que nos socorre.
La exhortación se sitúa entre los grandes pronunciamientos con los que el magisterio de la Iglesia siempre ha repetido que no se puede alcanzar la santidad y no se puede vivir una vida siguiendo las huellas de Cristo sin la intervención de la gracia de Cristo, sin ser abrazados por el don de su Espíritu.
El Papa Francisco cita, entre otras cosas, el segundo Sínodo de Orange que, en el año 529 confirmando la enseñanza de San Agustín frente a las afirmaciones pelagianas, aseguraba que incluso el deseo de ser puros se realiza en nosotros por obra del Espíritu Santo. Retoma también a San Agustín para repetir que el deseo de pureza en la experiencia cristiana solo puede confiarse a la oración, a la petición, y no al propio rigorismo. Cita también el Catecismo de la Iglesia Católica para recordar que la doctrina de la absoluta necesidad de la gracia debería de ser “una de las grandes convicciones adquiridas de forma definitiva en la Iglesia” dado que se basa en el mismo corazón del Evangelio. (55)
Sin embargo, las manifestaciones de la actitud pelagiana siguen infiltrándose incluso en las prácticas ordinarias de la vida eclesial. Es el pelagianismo de los devotos que participan en la vida eclesial y que quizá están hasta comprometidos en la liturgia o las actividades comunitarias, pero que, en realidad, no parecen solicitar nada de la gracia de Dios.
La Exhortación identifica una huella pelagiana en todos aquellos que “en definitiva confían únicamente en sus propias fuerzas” incluso cuando quieren mostrarse fieles “a un cierto estilo católico” (46). En realidad expresan “la idea de que todo depende del esfuerzo humano” aunque se hallen insertados en “normas y estructuras eclesiales”. El documento se refiere también a los grupos que “dan excesiva importancia al cumplimiento de determinadas normas propias, costumbres o estilos” con el riesgo de “someter la vida de la gracia a unas estructuras humanas”.
Pero la llamada universal a la santidad propuesta por la exhortación no se dirige a quien cree que ha llegado a la perfección espiritual de forma autosuficiente. El Papa escribe que interpela a quien conoce sus propios límites y por eso mismo se reconoce necesitado de la gracia siempre, en cada paso de la vida de la fe. Porque “en esta vida las fragilidades humanas no son sanadas completa y definitivamente por la gracia”. El trabajo de la gracia no hace a los hombres superhombres pero “actúa históricamente y, de ordinario, nos toma y transforma de una forma progresiva”
Gnosticismo: “descarnar” el cristianismo
La otra propuesta engañosa señalada por el Papa Francisco viene asimilada como una antigua forma de desnaturalización de la novedad cristiana, es decir como las doctrinas gnósticas difundidas en los primeros tiempos del cristianismo. Aquellas doctrinas a menudo se nutrían de palabras y verdades de la fe cristiana en sus sistemas conceptuales pero se vaciaban del acontecimiento cristiano en su historicidad.
Para las doctrinas gnósticas, la salvación se conseguía a través de un proceso de autoelevación espiritual, de autodivinización, realizado a través de la vía del conocimiento inicial. Sin embargo, la fe cristiana reconoce que la salvación y la felicidad para los seres humanos son un don gratuito de Dios que alcanza al hombres desde fuera de sí mismos. Y reconoce también que Dios, desde que se encarnó, no ha cambiado su método. Por eso, la acción de su gracia continúa alcanzando a los hombres y a las mujeres en el tiempo y en el espacio de su condición humana. Por eso, las vidas de quienes están llamados a la santidad, y las de los santos ya canonizados, son atravesadas por hechos, encuentros y circunstancias concretas en las que obra la gracia y toca y conforta sus vidas. Tal y como sucedía a los primeros discípulos de Cristo que en el Evangelio, que han podido dejar constancia incluso de la hora de su primer encuentro con Jesús.
Sin embargo, la mentalidad gnóstica, confiándose a la vía de la abstracción descarnada, parece querer “domesticar el misterio”. (40). Y esto, tal y como sugiere la GE, se refleja a menudo en quien no pone en el fondo la seguridad de su corazón en la libertad y la bondad de Dios y no acepta el hecho de que “Dios nos supera infinitamente, siempre es una sorpresa y no somos nosotros los que decidimos en qué circunstancia histórica encontrarlo, ya que no depende de nosotros determinar el tiempo y el lugar del encuentro. (41).
La GE advierte de que “la propuesta engañosa” del gnosticismo puede insinuarse también hoy en la vida de la Iglesia cada vez que en las dinámicas eclesiales se ocultan las características históricas del gratuito obrar de la gracia y se escoge la abstracción que “descarna el misterio”. Por ejemplo, cuando se opta por reducir la dinámica eclesial a una “serie de razonamientos y conocimientos” o a “la capacidad que tengan de comprender la profundidad de determinadas doctrinas”.
La Exhortación apostólica señala algunas connotaciones que acompañan la “mentalidad gnóstica”. Por ejemplo, el elitismo de quien se siente superior a los demás bautizados o el desprecio por los imperfectos, por aquellos que caen, por aquellos que los antiguos gnósticos habrían definido como “los carnales”. El Papa Francisco recuerda que al comienzo del cristianismo algunas corrientes gnósticas despreciaban la sencillez del Evangelio e intentaban sustituir al Dios trinitario encarnado por “una Unidad superior”. (43).
Frente a las “propuestas engañosas” inspiradas por el pelagianismo y la falsa Gnosis, el Papa exhorta a reconocer los indicios que acompañan a quien camina por el buen camino, aquel abierto a la vocación universal a la santidad. Por ejemplo, el Papa dice que no hay peligro de ser cripto-pelagianos y cripto-gnósticos cuando el camino está lleno de señales de las obras de la misericordia y de una auténtica caridad, que es una “virtud teologal”, y por tanto no puede ser ejercitada por voluntarismo o por un frenético activismo autocelebrativo sino que es propia de quien actúa movido y traído por la gracia en acto. (60/61).
En definitiva, frente a los muchos fenómenos descritos de autoreferencialidad eclesial, la GE no habla de campañas contra los neo-gnósticos o neo-pelagianos aun considerando que las dos “propuestas engañosas” pueden tentar a muchas personas que actúan de buena fe. Simplemente el Papa reza, pidiendo que sea el Señor mismo quien libre a la Iglesia de las nuevas formas de gnosticismo y de pelagianismo que pueden frenar el camino de muchas personas hacia la santidad (62). Lo que el documento pretende no es estigmatizar las nuevas formas de pelagianismo y gnosticismo sino invitar a todos a buscar cada día el rostro de los santos entre el pueblo de Dios, que pueden ser hoy para todos un signo real y eficaz de la presencia y de la bondad de Dios.
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FRANÇAIS
Pélagianisme et gnosticisme, les « ennemis subtils » de la sainteté
Dans le II° chapitre de l’Exhortation apostolique Gaudete et Exsultate, le Pape François s’attarde sur celles qu’il qualifie de « deux falsifications de la sainteté qui pourraient nous faire dévier du chemin : le gnosticisme et le pélagianisme ». Encore une fois, donc, le Pape fait référence aux noms de ces deux hérésies « deux hérésies apparues au cours des premiers siècles du christianisme », et qui, selon lui, « sont encore d’une préoccupante actualité » (35).
Cette fois encore, l’intention n’est pas celle de parler du développement historique et théologique de ces deux hérésies. Le Pape désire seulement signaler les pièges de matrice pélagienne et gnostique qui affectent le présent de l’Eglise. Pour tenter de suggérer en quoi le gnosticisme et le pélagianisme ont un rapport avec un texte pontifical concernant l’appel universel à la sainteté, il convient de partir justement de la nature de la sainteté, de la manière dont la sainteté est vécue et considérée au sein de l’Eglise et dans son enseignement.
Sainteté et grâce
La sainteté, ainsi que le répète encore cette Exhortation, vient de Dieu. Elle est un fruit et un don de la grâce dans la vie de l’Eglise. La Constitution dogmatique Lumen Gentium du Concile Vatican II, dans un de ses paragraphes dédiés proprement à la vocation universelle à la sainteté, reconnaissait que la sainteté « se manifeste en permanence et doit se manifester par les fruits de grâce que l’Esprit produit dans les fidèles » (LG 39). Ceci veut dire que la sainteté n’est pas l’aboutissement d’un effort personnel, qu’elle n’est pas une montagne à escalader en solitaire. Cela veut dire qu’il n’est pas possible de faire des stratégies ou des programmes pastoraux pour « produire » la sainteté. Cela veut dire que c’est le Christ Lui-même qui est origine et perfectionnement de la sainteté. C’est pourquoi la sainteté est le trésor de l’Eglise : parce que, s’il existe de si nombreux saints, cela veut dire que le Christ est vivant et qu’Il continue à œuvrer en eux, à caresser et à changer leurs vies et nous pouvons en voir les effets. C’est aussi pour cela que les « propositions trompeuses » se situant dans le sillage du pélagianisme et du gnosticisme peuvent représenter un obstacle à l’appel universel à être saints. En effet, même si de manière différente, elles visent toujours à nier ou à vider de son sens le besoin de la grâce du Christ et la dynamique historique, réelle et gratuite, de Son action.
Pélagianisme : Jésus réduit à l’état de « bon exemple »
Saint Augustin écrivait que l’erreur la plus venimeuse des pélagiens de son temps était la prétention à identifier la grâce du Christ « dans son exemple et non pas dans le don de Sa présence ». Pour Pélage, moine breton du V° siècle qui a donné son nom à l’antique hérésie, la nature de tous les hommes n’avait pas été blessée par le péché d’Adam et tous auraient donc été en mesure de choisir le bien et de ne pas pécher en exerçant simplement leur propre force de volonté. Pour Pélage, le Christ s’était incarné et sacrifié seulement pour donner un bon exemple, qui contrebalance le « mauvais exemple » fourni par Adam et Eve. Le Christ devait donc être considéré comme un maître de vie à suivre pour cultiver sa vertu morale mais ce parcours pouvait être réalisé également en se passant de Lui et du don de Sa grâce.
Sur ce point, l’Exhortation apostolique Gaudete et Exsultate se situe dans le sillage des grandes prises de position au travers desquelles le magistère ecclésial a toujours répété que, dans la condition réelle dans laquelle se trouvent tous les êtres humains, il ne peut y avoir de saints et ne peut pas même être vécue une vie juste sur les traces du Christ sans l’intervention de la grâce du Christ, sans avoir été embrassés par le don de Son Esprit.
Le Pape François cite, entre autre choses, le II° Synode d’Orange qui, dès 529, en confirmant l’enseignement de Saint Augustin face aux contestations des pélagiens, affirmait que « même notre volonté de purification est un effet de l’infusion et de l’opération du Saint Esprit en nous». Il cite également le Catéchisme de l’Eglise catholique, pour rappeler que la doctrine de l’absolue nécessité de la grâce devrait constituer « l’une des grandes convictions définitivement acquises par l’Église, et cela est si clairement exprimé dans la Parole de Dieu que c’est hors de toute discussion » attendu que « elle s’abreuve au cœur de l’Evangile ». (55). En revanche, des manifestations de l’attitude pélagienne continuent à s’infiltrer y compris dans les pratiques les plus ordinaires de la vie ecclésiale, comme le pélagianisme des dévots qui participent aux pratiques et aux engagements de la vie ecclésiale, de la liturgie aux activités communautaires, mais le font comme exercice d’affirmation de soi et de leur propre groupe, ne semblant pas en réalité demander aucun véritable don de la grâce de Dieu.
L’Exhortation apostolique découvre une empreinte pélagienne chez tous ceux qui en définitive se fient uniquement à leurs propres forces, y compris lorsqu’ils veulent se montrer fidèles à « un certain style catholique » (46), exprimant en réalité « l’idée que tout dépend de l’effort humain » bien que « canalisé par des normes et des structures ecclésiales ». Le document fait également référence des groupes qui « accordent une importance excessive à l’accomplissement de normes, de coutumes ou de styles déterminés » avec le risque de « soumettre la vie de la grâce à quelques structures humaines » (58).
En revanche le Pape écrit que l’appel universel à la sainteté est adressé à ceux qui connaissent leurs propres limites et pour cela reconnaissent que la grâce est toujours nécessaire, à chaque pas de la vie et de la foi parce que « en cette vie les fragilités humaines ne sont pas complètement et définitivement guéries par la grâce » (49) et l’action de la grâce ne rend pas les hommes des surhommes mais « agit historiquement et, d’ordinaire, elle nous prend et nous transforme de manière progressive » [50].
Gnosticisme : « désincarner » le Christianisme
L’autre « proposition trompeuse » signalée par le Pape François est, elle aussi, assimilée à des formes antiques de dénaturation de la nouveauté chrétienne, celles des antiques doctrines gnostiques répandues qui, souvent, dès absorbaient des paroles et des vérités de la foi chrétienne dans leurs systèmes conceptuels mais ce faisant, elles vidaient de l’intérieur l’événement chrétien de son historicité.
Pour les théories gnostiques, le salut était assuré par un processus d’auto-élévation spirituelle, d’auto divinisation, réalisé au travers d’une voie de la connaissance à caractère initiatique alors que la foi chrétienne reconnaît que le salut et le bonheur pour les êtres humains constituent un don gratuit de Dieu, qui atteint l’homme depuis l’extérieur, et que Dieu, depuis qu’Il a choisi de s’incarner, n’a plus changé de méthode, raison pour laquelle Son action de grâce continue à atteindre les hommes et les femmes dans le temps et dans l’espace de leur condition humaine telle qu’elle est et à l’endroit où ils sont. C’est pourquoi les histoires de ceux qui sont appelés à la sainteté et celles des Saints déjà canonisés sont souvent parsemées de faits, de rencontres, de circonstances concrètes dans lesquelles l’action de la grâce les touche et les conforte, comme cela arrivait aux premiers disciples de Jésus, qui, dans l’Evangile ont pu indiquer même l’heure de leur première rencontre avec le Christ.
En revanche – écrit le Pape - la mentalité gnostique, choisit toujours la voie de raisonnements abstraits et formalistes, semble vouloir « domestiquer le mystère » (40) et ceci, y compris au sein de l’Eglise, constitue le parcours souvent emprunté par ceux qui sont impatients, n’attendent pas avec humilité la révélation du mystère parce que, comme le suggère l’Exhortation apostolique Gaudete et Exsultate –n’acceptant pas le fait que « Dieu nous dépasse infiniment, il est toujours une surprise et ce n’est pas nous qui décidons dans quelle circonstance historique le rencontrer, puisqu’ il ne dépend pas de nous de déterminer le temps, le lieu et la modalité de la rencontre » (41).
L’Exhortation apostolique avertit qu’un esprit gnostique peut s’insinuer aujourd’hui encore dans la vie de l’Eglise à chaque fois qu’au sein des dynamiques ecclésiales sont occultées les facteurs historiques de l’action gratuite de la grâce et qu’est pris le chemin de l’abstraction qui procède en « désincarnant le mystère ». Par exemple, c’est le cas lorsque prévaut la prétention de réduire l’appartenance ecclésiale à « une série de raisonnements et de connaissances » à maîtriser (36) ou à « la capacité à comprendre la profondeur de certaines doctrines » (37). Si le Christianisme est ainsi réduit à une série de messages, d’idées, même si elles étaient l’idée du Christ ou de la grâce, en dehors de son action réelle, alors la mission de l’Eglise se réduit à une propagande, à une opération de mercatique, c’est-à-dire à la recherche de méthodes visant à diffuser ces idées et à convaincre d’autres à les soutenir.
L’Exhortation apostolique signale également d’autres caractéristiques qui accompagnent souvent la mentalité gnostique telle que l’élitisme de ceux qui se sentent supérieurs à la multitude des baptisés ou le mépris pour les imparfaits, pour ceux qui tombent, pour ceux que les antiques gnostiques auraient qualifié de « charnels ». Le Pape rappelle que déjà au début du Christianisme, certains courants gnostiques méprisaient la simplicité de l’Evangile et tentaient de remplacer le Dieu trinitaire et incarné par « une Unité supérieure » (43).
Face aux « propositions trompeuses » s’inspirant du pélagianisme et de la fausse gnose, le Pape exhorte à reconnaître les indices certains qui accompagnent ceux qui cheminent sur la bonne voie, celle ouverte à la vocation universelle à la sainteté. Par exemple, le Pape déclare qu’il n’existe pas de danger d’être crypto pélagiens ou crypto gnostiques dès lors que le chemin est disséminé des signes des œuvres de miséricorde et de l’authentique charité qui constitue une « vertu théologale » et par suite ne peut être exercée par volontarisme ou par frénétique activisme auto-célébratif, mais est le propre de ceux qui sont mus et attirés par la grâce en action (60/61).
Dans tous les cas, face à ces phénomènes ecclésiaux de repliement sur soi, l’Exhortation apostolique n’engage pas de batailles culturelles contre les néo gnostiques et les néo pélagiens. Le Pape prie, en demandant que ce soit le Seigneur Lui-même à libérer l’Eglise des nouvelles formes de gnosticisme et de pélagianisme qui peuvent freiner le chemin de nombreuses personnes « vers la sainteté » (62). L’intention de l’ensemble du document n’est pas de stigmatiser les nouvelles formes de pélagianisme et de gnosticisme mais seulement d’inviter tout un chacun à chercher chaque jour le visage des saints disséminés au sein du peuple de Dieu, qui peuvent être aujourd’hui, pour tous, un signe réel et efficace de la présence et de la miséricorde du Christ.