Nonostante i diritti sanciti dalla Costituzione, è scarsa l’attuazione di tali diritti, e questo genera un clima di malcontento tra i nativi e le loro organizzazioni. L’attuale crisi nella nazione ha aggravato le condizioni di queste comunità, in tutti i settori, mettendo a rischio estinzione i vari gruppi etnici raggruppati nella definizione di "popolazioni indigene".
FRANÇAIS -
ESPAÑOL -
Quando si parla di popolazioni indigene in Venezuela si intendono gli abitanti originari delle terre che oggi costituiscono la Repubblica Bolivariana del Venezuela. Negli anni si sono distinti dagli altri venezuelani per aver mantenuto intatte le loro lingue, costumi, tradizioni, organizzazioni e valori.
Secondo le cifre del XIV National Population and Housing Census, presentato dall'Istituto Nazionale di Statistica l'8 agosto 2012, circa 725.128 persone sono riconosciute come membri delle varie comunità o gruppi etnici che fanno parte della popolazione indigena nel paese. Della popolazione indigena totale registrata, il 50,6% sono uomini (365,920) e il 49,9% sono donne (359,20). Dal censimento risulta anche che il 61% della popolazione indigena totale vive nello Stato di Zulia; il 10% in Amazonas; l’8% in Bolívar; il 6% nel Delta Amacuro e il 5% nel Anzoátegui.
Amazonas è la regione del Paese con la più alta densità di popolazione indigena, dal momento che su un totale di 146.480 abitanti di questo gruppo, il 53,9% sono indigeni. Nello Stato del Delta Amacuro questa percentuale rappresenta il 25% della popolazione totale, 167.676 persone.
Inoltre, tra i 51 popoli originari del Paese, il gruppo etnico Wayuu rappresenta il 58% del totale della popolazione indigena. Seguono i Waraos con il 7%; i Kariña con il 5%; i Pemon con il 4%; Jivis, Cumanagotos, Añu e Piaroas con il 3% ciascuno; Chaima e Yukpa con il 2%; Yanomami con l’1% e altre città con il 9%.
Gli indigeni e l'attuale crisi nel Paese
Per molti anni, la popolazione indigena in Venezuela è stata vittima di situazioni territoriali, sociali, politiche ed economiche difficili, che hanno contribuito a inserirla tra le fasce vulnerabili della popolazione del Paese. L’VIII capitolo della vigente Costituzione della Repubblica Bolivariana del Venezuela è dedicato ai popoli indigeni, ai loro diritti, li riconosce nella Costituzione e, inoltre, sollecita lo Stato a sviluppare politiche pertinenti in modo che tutti i gruppi etnici indigeni che vivono nel paese godano di tutti i diritti che meritano. Nonostante ciò, è evidente la mancanza di progressi nell’attuazione dei diritti delle popolazioni indigene, specialmente nella materializzazione dei diritti territoriali, che ha generato un clima di malcontento tra i nativi e le loro organizzazioni. L’attuale crisi nella nazione ha aggravato la condizione di queste comunità, mettendo a rischio estinzione i vari gruppi etnici raggruppati nella denominazione di "popolazioni indigene".
I Waraos lasciano le loro terre
Dalla fine del 2016 è stata dimostrata la mobilitazione di centinaia di indigeni Waraos verso la capitale dello stato brasiliano di Amazonas. Questa misura è stata vista come una soluzione degli indigeni per fuggire la grave situazione in cui versa il Venezuela, colpito da una grave carenza di prodotti di base e da una iperinflazione che rende impossibile l’acquisto dei pochi prodotti di base che arrivano.
“Siamo venuti a Manaus per necessità, a causa della crisi economica, per cercare medicine (...) in Venezuela è finito tutto”, ha dichiarato alla Reuters Abel Calderón, 32 anni, nativo, in viaggio con la sua famiglia nella città del nord-ovest del Brasile, e che vive insieme a dozzine di altri indigeni in un accampamento fatto con bastoni e teloni sotto un viadotto in città.
Molti di loro vengono visti per le strade di Manaus, in Brasile, o nel centro della città, dove sopravvivono con donazioni e ricevono cure mediche gratuite. Molti hanno portato articoli di artigianato dal Venezuela e lavorano come venditori ambulanti. Alcuni indigeni hanno espresso la volontà di restare e vivere a Manaus e sarebbero alla ricerca di posti di lavoro in città, ma sono privi di documenti di identità.
Crisi saniataria-assistenziale
Ha destato preoccupazione la notizia di un gruppo di persone di enia Kashaama, nello stato di Anzoátegui, morte tra agosto e settembre 2017 a causa di una malattia che mostrava sintomi simili alla difterite, riapparsa un anno fa in Venezuela e che già si è diffusa in altri 17 Stati.
Attraverso i media digitali è stata annunciato il proliferarsi di tre epidemie nei comuni dello Stato di Bolivar, il terzo Stato con la più alta densità di popolazione indigena nel Paese.
La rete “Defendemos la epidemiologia” ha denunciato la deriva di epidemie come malaria, morbillo e difterite. “Le informazioni ufficiali sulle 3 malattie sono state censurate, impedendo così alla popolazione di cooperare adeguatamente con le strutture sanitarie pubbliche, essere consapevoli dei rischi, oltre che sollecitare la prevenzione attraverso i vaccini nei casi di difterite e morbillo. Allo stesso tempo, i professionisti della salute sono privati di informazioni importanti relative a indagini e diagnosi tempestiva dei casi”, afferma l’associazione dei medici.
In pericolo di estinzione
Jacobo González, epidemiologo e presidente del Comitato di sorveglianza epidemiologica della Sierra de Perijá, ha studiato per anni la situazione del gruppo etnico nomade Japreria, la cui precaria esistenza si svolge alle pendici della montagna che forma il confine tra Venezuela e Colombia.
Il medico assicura che, negli ultimi tre anni, non ci sono dati aggiornati su mortalità, tasso di natalità, mortalità infantile e materna. Ritiene che, in media, i pochi sopravvissuti del gruppo etnico non siano consapevoli della gravità della situazione relativa alla sanità pubblica che li riguarda.
I Japreria sono discendenti dei Caribe (appartenenti agli amerindi) che affrontarono gli spagnoli durante la conquista, all’inizio del XVI secolo. A distanza di 518 anni dall’irruzione dell’Europa in quello che oggi è il Venezuela, si stanno irrimediabilmente estinguendo, in gran parte a causa dell’inettitudine di un governo che ha cancellato tutti i programmi sociali e ignora malattie come HIV, epatite B, C e Delta. Sono anche decimati da epidemie di tubercolosi, malaria, aggravate dalla malnutrizione e dalla fame che affligge il Paese, specialmente i gruppi più vulnerabili.
“Nella Sierra de Perijá ci sono 400 casi latenti di epatite B e C con agente Delta. Stiamo ancora monitorando che non aumentino, e per fare questo dobbiamo avere una certa continuità. Infatti, se i portatori cronici non vengono curati c’è il rischio di una grave epidemia definitiva che sterminerebbe una razza originaria”, aveva denunciato a fine 2016 la dottoressa Monzón de Alcalá, epidemiologa e ricercatrice, esperta del gruppo indigeno dello Stado di Zulia.
Il rischio latente di estinzione non riguarda solo il gruppo dei Japreria ma anche molti dei gruppi etnici indigeni del Venezuela che stanno per scomparire a causa di situazioni simili a quelle presentate, dovute in gran parte all’abbandono da parte dello Stato che ha il dovere di vigilare sulla nazione.
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FRANÇAIS ---
Crise au Venezuela et risque d’extinction des peuples indigènes
Lorsque l’on parle de populations indigènes au Venezuela, on entend les habitants originaires des terres qui constituent aujourd’hui la République bolivarienne du Venezuela. Au fil des ans, elles se sont distinguées des autres vénézuéliens pour avoir conservé intactes leurs langues, leurs coutumes, leurs traditions, les organisations et leurs valeurs.
Selon les données du XIV° National Population and Housing Census, présenté le 8 août 2012 par l’Institut national de la Statistique, quelques 725.128 sont reconnues comme faisant partie des différentes communautés ou groupes ethniques qui composent la population indigène du pays. De cette population indigène totale enregistrée, 365.920 – soit 50,6% - sont des hommes et 359.200 sont des femmes (49,9%). Du recensement, il résulte également que 61% de la population indigène totale vivent dans l’Etat de Zulia, 10% dans celui d’Amazonas, 8% dans celui de Bolivar, 6% dans celui du Delta Amacuro et 5% enfin dans celui d’Anzoátegui.
Amazonas est la région du pays comprenant la plus forte densité de population indigène, du moment que sur 146.480 habitants, 53,9% sont des indigènes. Dans l’Etat du Delta Amacuro ce sont 25% des 167.676 habitants qui sont indigènes.
En outre, sur un total de 51 peuples originaires présents dans le pays, le groupe ethnique Wayuu constitue à lui seul 58% de la population indigène, suivi par les Waraos (7%), les Kariñas (5%), les Pemons (4%), les Jivis, les Cumanagotos, les Añus et les Piaroas (3% chacun), les Chaimas et les Yukpas (2% chacun) et les Yanomamis (1%), sachant que d’autres groupes moindres constituent les 9% restants de la population indigène.
Les indigènes et la crise actuelle dans le pays
Pendant de nombreuses années, la population indigène du Venezuela a été victime de situations territoriales, sociales, politiques et économiques difficiles, qui ont contribué à la reléguer parmi les strates les plus vulnérables de la population du pays.
Bien que le chapitre VIII de la Constitution actuelle de la République bolivarienne du Venezuela soit dédié aux peuples indigènes, à leurs droits à être reconnus au sein de notre Constitution, et qu’en outre, il sollicite l’Etat afin qu’il développe des politiques pertinentes de manière à ce que tous les groupes ethniques indigènes vivant dans le pays jouissent de tous les droits qu’ils méritent, il est évident que les progrès en matière d’application des droits de ces populations indigènes font défaut, en particulier en ce qui concerne la matérialisation des droits territoriaux, qui a provoqué un climat de mécontentement parmi les autochtones et au sein de leurs organisations.
La crise actuelle dont souffre la nation a aggravé la réalité de ces communautés dans tous les secteurs, mettant en danger d’extinction les différents groupes ethniques regroupés sous la dénomination de populations indigènes.
L’abandon de leurs terres de la part des Waraos
Depuis la fin de 2016, la mobilisation de centaines d’indigènes Waraos a été démontrée, se dirigeant vers la capitale de l’Etat brésilien d’Amazonias. Cette mesure a été vue comme une solution consistant pour les indigènes à fuir la grave situation dans laquelle se trouve le Venezuela, frappé par un grave manque de produits de base et par une hyperinflation rendant impossible l’acquisition des rares produits de base qui arrivent.
« Nous sommes venus à Manaus par nécessité, à cause de la crise économique, pour chercher des médicaments (…) Au Venezuela, tout manque » a déclaré à l’Agence Reuters Abel Calderón, 32 ans, indigène, en voyage avec sa famille vers la ville du nord-ouest du Brésil et qui vit, avec des dizaines d’autres indigènes, dans un campement, fait de bâtons et de bâches sous un viaduc de la ville.
Nombre d’entre eux sont vus dans les rues de Manaus, au Brésil, ou dans le centre ville, où ils survivent grâce aux donations et à des soins médicaux gratuits. Beaucoup ont porté des articles d’artisanat du Venezuela et travaillent comme vendeurs ambulants. Certains indigènes ont exprimé la volonté de rester de vivre à Manaus. Ils seraient actuellement à la recherche d’emplois en ville mais sont privés de documents d’identité.
Crise sanitaire et de l’assistance
La nouvelle de la mort d’un groupe de personnes d’ethnie Kashaama dans l’Etat d’Anzoátegui entre août et septembre de l’an dernier à cause d’une maladie montrant des symptômes similaires à ceux de la diphtérie, réapparue voici un an au Venezuela et désormais répandue dans 17 autres Etats, a été cause de préoccupation.
Au travers des moyens de communication numérique, a été annoncée la prolifération de trois épidémies au sein des communes de l’Etat de Bolivar, le troisième le plus densément peuplé de population indigène du pays.
Le réseau « Défendons l’épidémiologie » a dénoncé la présence d’épidémies telles que le paludisme, la rougeole et diphtérie. « Les informations officielles sur les trois maladies en question ont été censurées, empêchant ainsi la population de coopérer de manière adéquate avec les structures de la santé publique, d’être consciente des risques outre à solliciter la prévention au travers de vaccins dans les cas de la diphtérie et de la rougeole. Dans le même temps, les professionnels de la santé sont privés d’informations importantes concernant des enquêtes et des diagnostiques réalisées dans les temps des cas » affirme l’association de médecins.
En danger d’extinction
Jacobo González, épidémiologiste et Président du Comité de surveillance épidémiologique de la Sierra de Perijá, a étudié pendant des années la situation du groupe ethnique nomade Japreria, dont l’existence précaire se déroule sur les pentes des montagnes formant la frontière entre le Venezuela et la Colombie.
Le médecin affirme que, au cours de ces trois dernières années, il n’existe pas de données à jour en termes de mortalité, de taux de natalité, de mortalité infantile et maternelle. Il estime que, en moyenne, les rares survivants de ce groupe ethnique ne sont pas conscients de la gravité de la situation relative à la santé publique qui les concerne.
Les Japreria sont des descendants des Caribes, appartenant aux amérindiens, qui affrontèrent les espagnols durant la colonisation, au début du XVI° siècle. 518 ans après l’irruption de l’Europe sur le territoire de ce qui est aujourd’hui le Venezuela, ils s’éteignent irrémédiablement, en grande partie à cause de l’ineptie d’un gouvernement qui a annulé tous les programmes sociaux et ignore des maladies telles que le SIDA, les hépatites B, C et Delta. Ils sont également décimés par des épidémies de tuberculose, de paludisme, aggravées par la malnutrition et par la faim qui afflige le pays, en particulier les groupes les plus vulnérables.
« Dans la Sierra de Perijá existent 400 cas latents d’hépatites B et C avec agent Delta. Nous cherchons encore à faire en sorte que ce nombre n’augmente pas et pour ce faire, nous devons disposer d’une certaine continuité. En effet, si les porteurs chroniques ne sont pas soignés, il existe le risque d’une grave épidémie définitive qui exterminerait un peuple originaire » avait dénoncé, à la fin de 2016, le Dr. Monzón de Alcalá, épidémiologiste et chercheuse, experte du groupe indigène de l’Etat de Zulia.
Le risque latent d’extinction ne concerne pas seulement le groupe des Japreria mais également de nombreux autres groupes ethniques indigènes du Venezuela qui sont sur le point de disparaître à cause de situations très similaires à celles présentées, dues en grande partie à l’abandon de la part de l’Etat de son devoir de vigilance sur la nation.
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ESPAÑOL ---
Cuando hablamos de los pueblos indígenas en Venezuela, siempre los definimos como los habitantes originarios de estas tierras que hoy son la República Bolivariana de Venezuela. Ellos se han distinguido a través de los años de los demás venezolanos por mantener intacta sus lenguas, costumbres, tradiciones, organización y sus valores propios.
Según cifras ofrecidas por el XIV Censo Nacional de Población y Vivienda, presentado por el Instituto Nacional de Estadística el 08 de agosto del 2012; unas 725.128 personas, se reconocen como miembros de las diversas comunidades o etnias que forman parte de la población Indígena en el país. Del total de la población indígena registrada, 50,6% son hombres (365.920) y 49,9% son mujeres (359.208). El censo arrojó además que, 61% del total de población indígena vive en el estado Zulia; 10% en Amazonas; 8 % en Bolívar; 6% en Delta Amacuro y 5% en Anzoátegui.
Amazonas es la región del país con una mayor densidad de población indígena, pues de un total de 146.480 habitantes de esta entidad, un 53,9% se reconocen como parte de los pueblos originarios. Para Delta Amacuro esta proporción representa 25% del total de habitantes de la entidad, que alcanza 167.676 personas.
Igualmente, de los 51 pueblos originarios del país, la etnia Wayuu registró el mayor volumen de población indígena al representar 58% del total. Seguidamente los Waraos representan 7%; Kariña 5%; Pemón 4%; Jivis, Cumanagotos, Añu y Piaroas un 3% cada uno; Chaima y Yukpa 2%; Yanomamis 1% y otros pueblos 9%.
Los indígenas y la actual crisis del país.
Por muchos años, la población indígena en Venezuela ha estado marcada por difíciles situaciones territoriales, sociales, políticas y económicas, los cuales han ubicado a los pueblos y comunidades originarios como parte de la población venezolana en estado de vulnerabilidad.
A pesar de que la vigente Constitución de la República Bolivariana de Venezuela en su capítulo VIII está dedicado a los pueblos indígenas, a sus derechos por ser reconocidos en nuestra Carta Magna; también presenta el deber que tiene el Estado en desarrollar políticas pertinentes para que todas las etnias indígenas que hacen vida en el país gocen de todos los derechos que se merecen. A pesar de ello, se evidencia la falta de avances en la implementación de los derechos de los pueblos indígenas, especialmente en la materialización de los derechos territoriales, que ha venido generando un clima de descontento entre los pueblos indígenas y sus organizaciones.
Siendo grave lo antes expuesto, la actual crisis que vive la nación ha agudizado en todos los sentidos, la realidad de las comunidades indígenas, poniendo el peligro la extinción de las diversas etnias agrupadas en la denominación de pueblos originarios.
Waraos dejan sus tierras.
Desde finales del 2016, se ha evidenciado la movilización de centenares de indígenas Waraos hacia la capital del Estado Brasilero de Amazonas; medida tomada como una solución que hallaron los indígenas a la grave situación que atraviesa Venezuela, que sufre la escasez de productos básicos y una hiperinflación que hace imposible adquirir los pocos productos de primera necesidad que llegan al país.
“Vinimos a Manaos por necesidad, por la crisis económica, por medicinas (…) todo se acabó en Venezuela“, dijo a Reuters el indígena Abel Calderón, de 32 años, quien viajó con su familia a la ciudad del noroeste de Brasil y vive junto a decenas de otros indígenas en un campamento levantado con palos y lonas bajo un viaducto de la ciudad.
Muchos de ellos, son vistos alrededor de las carreteras de Manaos – Brasil o el centro de la ciudad, donde sobreviven de donaciones y reciben atención médica gratuita. Muchos han traído artesanías desde Venezuela y trabajan como vendedores ambulantes. Algunos indígenas expresaron su voluntad de quedarse a vivir en Manaos y estarían buscando empleo en la ciudad, pero la falta de documentos básicos ha sido la principal barrera, según lo manifestado por los entes municipales a Reuters.
Crisis médico - asistencial.
Recientemente se dio a conocer el caso Ocho personas del grupo indígena Kashaama, en el estado Anzoátegui, han muerto en entre agosto y septiembre del presente año por una enfermedad que muestra síntomas similares a los de la difteria, que reapareció hace un año en Venezuela y ya se ha extendido a 17 estados.
De igual forma se dio a conocer a través de medios digitales, el azote de tres epidemias en municipios del Estado Bolívar, siendo este el tercer estado con mayor densidad de población indígena del país.
La Red “Defendamos la Epidemiología”denuncia que las epidemias de malaria, sarampión y difteria “marchan a la deriva”. “Se ha aplicado censura de información oficial sobre las 3 enfermedades, lo que impide a la población cooperar adecuadamente con las medidas de salud pública, tomar conciencia de los riesgos y estimular la prevención mediante vacunas en los casos de difteria y sarampión. Mientras tanto, se priva arbitrariamente a los profesionales de la salud de información importante para la sospecha y el diagnóstico oportuno de casos”, refiere el gremio de médicos.
En peligro de extinción.
Jacobo González, doctor en Epidemiología y presidente del Comité de Vigilancia Epidemiológica de la Sierra de Perijá, ha estudiado por años la situación que vive la etnia nómada Japreria, cuya precaria existencia transcurre en los estribos de la montaña que forma la frontera entre Venezuela y Colombia.
El doctor asegura que no hay cifras actualizadas de mortalidad, natalidad, letalidad infantil y mortalidad materna en los últimos tres años. Considera que, en promedio, los pocos sobrevivientes de la etnia no son conscientes de la gravedad del caso de salud pública que los afecta.
Los japreria son descendientes de los caribes que confrontaron a los españoles durante la Conquista, a principios del siglo XVI. Después de 518 años de la irrupción de Europa en lo que hoy es Venezuela, se extinguen irremediablemente, en buena medida por la ineptitud de un gobierno que canceló todos los programas sociales e ignora la aparición de enfermedades como el VIH, hepatitis B, C y Delta. También son diezmados por brotes de tuberculosis, paludismo y malaria, agravados con la desnutrición y el hambre que azota al país, especialmente a estos grupos más vulnerables.
“Hay 400 casos de hepatitis B y C con agente Delta en la Sierra de Perijá que están latentes. Aún estamos controlando para que no se desarrolle, pero eso debe tener continuidad, porque si los portadores crónicos no son tratados puede iniciarse una grave epidemia definitiva que terminaría con una raza originaria”, alerta desde finales del 2016 la doctora Monzón de Alcalá, experta epidemióloga e investigadora que conoce como nadie la población indígena del estado Zulia.
No solamente los Japreria viven está latente realidad de extinción, sino que muchas de las etnias indígenas en Venezuela están por desaparecer debido a situaciones similares a las presentadas, siendo en su mayoría la consecuencia del abandono por parte del estado en su deber de velar por las garantías establecidas en la carta magna de la nación