Le Chiese in America Latina partecipano con entusiasmo alla preparazione del Sinodo "in modo da fare arrivare la propria visione e le proprie proposte sulla missione nell'Amazzonia". Senza "avere paura del nuovo" e non rimanendo fermi nel tempo e nello spazio, ma con il vigore dello Spirito", nota il Porporato
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“ll modello di sviluppo che si sta applicando nell'Amazzonia da parte dei governi, dalle grandi aziende pubbliche e dall'iniziativa privata, è dannoso e devastante per la realtà ambientale e per i popoli indigeni. La Chiesa può e deve partecipare al dibattito su tali questioni, a partire dal Vangelo”: così il Cardinale brasiliano Claudio Hummes - presidente della Rete Ecclesiale Panamazzonica della Chiesa latinoamericana (Repam) e della commissione per l'Amazzonia della Conferenza Episcopale Brasiliana – spiega in una intervista all’Agenzia Fides come si preparano le Chiese locali all'assemblea speciale del sinodo dei Vescovi che le riguarda, mentre affrontano ogni giorno ardue sfide missionarie e sociali.
Come si prepara la Chiesa in Brasile e in tutta l'America Latina per il Sinodo speciale per l'Amazzonia?
La decisione di Papa Francesco di realizzare un sinodo speciale per l'Amazzonia e il suo annuncio del 15 ottobre in piazza San Pietro sono motivo di molta esultanza e di segni di gratitudine da parte dei cattolici del Brasile, specialmente di quelli dell'Amazzonia. Questa vivace risposta da parte nostra è il primo passo per la preparazione del sinodo. Poi, la Conferenza Episcopale Brasiliana (Cnbb) ha una commissione episcopale per l'Amazzonia e il Celam (Conferenza Episcopale Latinoamericana e Caraibica) ospita la sede della Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam). Ovviamente questi organismi, insieme alle diocesi e alle altre giurisdizioni ecclesiastiche dell'Amazzonia, sono più direttamente incaricati di contribuire alla preparazione del sinodo. C'è già un gran movimento, in termini di incontri nella regione. Certamente, la visita del Papa all'amazzonia peruviana, a Puerto Maldonado, il 19 gennaio, e il suo incontro lì con centinaia di indigeni e con i vescovi che rappresentano i 9 Paesi della Panamazzonia sarà un forte impulso iniziale per questa preparazione.
Quale sarà il ruolo dei laici?
Si tratta di un sinodo di vescovi, ma la Chiesa tutta è sempre invitata a partecipare nella preparazione di ogni sinodo. Clero, religiosi e laici. Per questo la segreteria generale del sinodo dei vescovi, del Vaticano, prepara un gran questionario sul tema di ciascun sinodo e lo invia attraverso i vescovi alle comunità locali. Oltre ai vescovi, anche queste comunità sono invitate a rispondere al questionario. É un primo e importante momento nel quale tutti i laici possono partecipare. E quando si compone il quadro dei partecipanti al sinodo, a fianco dei vescovi delegati ci sono sempre sacerdoti, religiosi, laici e laiche invitati dal Papa come uditori, che possono partecipare al dibattito ma non hanno voto (solo i padri sinodali – vescovi – votano). Sarà così anche per questo sinodo. Certamente, il Papa inviterà rappresentanti indigeni e indigene a partecipare como uditori. Mas durante la preparazione, soprattutto attraverso il questionario, vogliamo lavorare affinchè il maggior numero possibile di comunità indigene abbia accesso al questionario per esprimere la propria opinione e fare proposte.
Quali sono i problemi che la preoccupano maggiormente riguardo all'Amazzonia?
Durante la Giornata Mondiale dei Giovani del 2013 a Rio de Janeiro, in un discorso ai vescovi brasiliani, Papa Francesco affermò che la Chiesa nell'Amazzonia ha bisogno di assumere “un volto amazzonico” e “un clero autoctono”, e stimolò i vescovi aggiungendo: “Su questo punto vi chiedo, per favore, di essere coraggiosi, di osare!”. Allo stesso tempo sottolineò che “l'Amazzonia è un test decisivo, un banco di prova per la Chiesa e per la società brasiliana”. Ha enfatizzato anche che “dall'inizio (della colonizzazione), la Chiesa è presente in Amazzonia con missionari, congregazioni religiose, sacerdoti, laici e vescovi, e continua ad essere presente e determinante nel futuro di quella regione”. Nello stesso discorso parlò anche del rischio della degradazione e della devastazione della natura nell'Amazzonia, con un “forte appello al rispetto e alla salvaguardia di tutta la creazione che Dio ha affidato all'uomo, non perchè la sfruttasse rudemente, ma affinchè la trasformasse in un giardino”. Questi sono i problemi che preoccupano di più a riguardo dell'Amazzonia. Certamente la questione della presenza missionaria ed evangelizzatrice della Chiesa si coniuga con la sua preoccupazione per l'ambiente nell'Amazzonia, come ha ben dimostrato l'enciclica Laudato Si. Il Papa, annunciando il Sinodo, ha anche definito il suo obiettivo, che è “trovare nuove strade” per affrontare tutte queste questioni sia missionarie che socio-ambientali dell'Amazzonia. Certamente ciò che preoccupa in modo particolare nel campo missionario è la grave carenza di missionari e missionarie, che rende difficile una presenza fisica, vicina e permanente della Chiesa accanto alle popolazioni più povere e isolate dell'Amazzonia. Oltre a ciò, la mancanza di sacerdoti fa sì che queste popolazioni che vivono nel cuore della selva siano private dei sacramenti della vita quotidiana dei cattolici, come l'eucaristia, la confessione sacramentale e l'unzione degli infermi. Ciò le rende fragili e da loro un senso si abbandono. Come sviluppare un clero autoctono e indigeno sufficiente per questa missione? Questo renderebbe anche più praticabile una vera inculturazione della fede cristiana nelle culture di questi popoli.
Il Sinodo potrà aiutare a far luce sui problemi della Panamazzonia?
Certamente. La Chiesa, davanti a questioni così importanti come “cercare nuove strade di evangelizzazione”, si sentirà molto più incoraggiata a tracciare tali strade contando sul sostegno di un Sinodo.
Come può la Chiesa aiutare la riflessione sulla cura della “casa comune” e sul “buon vivere”, fondamento dell'etica dei popoli indigeni, di fronte a progetti di sviluppo dell'Amazzonia (estrazione del legname, centrali idroelettriche, attività mineraria su larga) che si oppongono a questo stile di vita?
Nei fatti, il modello di sviluppo che si sta applicando nell'Amazzonia da parte dei governi, delle grandi aziende pubbliche e dell'iniziativa privata, secondo il nuovo sistema economico-finanziario mondiale, sarà profondamente dannoso e devastante per la realtà ambientale e per i popoli originari e tradizionali della regione. La Chiesa può e deve partecipare al dibattito su tali questioni, a partire dal Vangelo, in solidarietà con tante persone e comunità che vengono colpite e sono scartate, ignorate e spogliate della loro dignità, delle loro terre, della loro cultura e dei loro diritti, e in difesa della “nostra casa comune”, che dipenderà molto dal modo in cui l'Amazzonia sarà preservata. Per parlare solo della deforestazione, oggi si sa che la foresta può portare molta più ricchezza di quella che porterebbe la regione deforestata.
Davanti alla proposta di Papa Francesco di una Chiesa “in uscita”, come le sembra che le Chiese locali possano effettivamente impegnarsi?
Prima di tutto partecipando sostanzialmente alla preparazione del sinodo, in modo da fare arrivare la propria visione e le proprie proposte sulla missione nell'Amazzonia. Poi, accogliendo con gioia e ardore gli orientamenti del Papa, a partire dalle conclusioni sinodali. Questo esigirà non avere paura del nuovo e non rimanere fermi nel tempo e nello spazio, ma, con vigore, nel vigore dello Spirito, rimboccarsi le maniche e decidersi ad andare nelle periferie ed annunciare lì il Vangelo “con un nuovo ardore missionario, nuovi metodi e nuove espressioni” (Giovanni Paolo II) e praticare la misericordia.
Può spiegare il ruolo della Rete Ecclesiale Panamazzonica (Repam), che lei presiede, a favore della regione?
La Repam è stata creata nel 2014 a Brasilia, in un incontro di vescovi e altri leaders della regione panamazzonica. È stata preparata da molti incontri e iniziative precedenti che sviluppavano una pastorale di insieme per tutta l'area. Sono quattro le entità fondatrici: il Dipartimento di Giustizia e Solidarietà del Consiglio Episcopale Latinoamericano e Caraibico (Celam), la Commissione Episcopale per l'Amazzonia della Conferenza Episcopale Brasiliana (Cnbb), la Conferenza Latinoamericana dei Religiosi (Clar) e il Segretariato Latinoamericano e Caraibico della Caritas (Selacc). Essendo una rete, la Repam vuole contribuire all'articolazione dele diocesi, prelature, vicariati, missioni della Chiesa, insieme alle organizzazioni delle comunità locali, delle comunità indigene, dei villaggi di pescatori, delle comunità “quilombolas” (villaggi rurali cooperativi di discendenti di schiavi africani, NdR) e soprattutto delle comunità più povere, dimenticate e isolate, così come delle istituzioni, iniziative e programmi che agiscono per l'evangelizzazione e la preservazione ambientale dell'Amazzonia. Contribuire alla construzione di questa rete e a farla funzionare come tale, è l'obiettivo della Repam. In questo modo, le comunità, soprattutto quelle più immerse nel centro del territorio panamazzonico, si sentiranno meno sole e isolate in questa immensa foresta. Meno sole con i loro progetti, i loro sogni e i loro problemi, e sapranno che c'è una rete di solidarietà e di comunione che unisce tutti. Per funzionare meglio, la Repam lavora su alcuni assi, attraverso comitati di lavoro specifici. Tali assi sono: i popoli indigeni, i diritti umani, la formazione e i metodi pastorali, la comunicazione, la mappatura della realtà panamazzonica; le Chiese di frontiera, i nuovi modelli di sviluppo e la crisi climatica, le agenzia internazionali di cooperazione. Questo modo di lavorare in rete e su questi assi specifici ha reso possibile abbracciare in qualche modo questa gigantesca realtà che è la Panamazzonia. Credo di poter dire che la Repam oggi è un'organizzazione molto viva, dinamica e attiva su tutto il territorio.
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ESPAÑOL ---
"El modelo de desarrollo que los gobiernos, las grandes empresas públicas y la iniciativa privada están aplicando en la Amazonía, es profundamente dañino para el medio ambiente y para los pueblos originarios de la región. La Iglesia puede y debe participar en el debate sobre estos temas, a partir del Evangelio”: así el cardenal brasileño Cláudio Hummes, - presidente de la Red Eclesial Panamazónica de la Iglesia Latinoamericana (CELAM) y de la Comisión para la Amazonía de la Conferencia Episcopal de Brasil-, explica en una entrevista a la Agencia Fides cómo se preparan las Iglesias locales para la asamblea especial del Sínodo de los Obispos y cómo afrontan diariamente los desafíos misionales y sociales.
¿Cómo se prepara la Iglesia en Brasil para el Sínodo Especial de la Amazonía?
La decisión Papa Francisco de convocar un Sínodo Especial para el Amazonas, -y su anuncio del mismo el 15 de octubre en la plaza de San Pedro-, son un motivo de gran alegría y agradecimiento por parte de los católicos de Brasil, especialmente de los de la Amazonía. Nuestra respuesta entusiasta es el primer paso en la preparación del sínodo. La Conferencia Episcopal de Brasil (CNBB) cuenta con una comisión episcopal para el Amazonas y el CELAM (Consejo Episcopal Latinoamericano) con la Red Eclesial Panamazónica (REPAM). Estos organismos, junto con las diócesis y otras jurisdicciones eclesiásticas de la Amazonía, están encargados más directamente de la preparación del sínodo. Ya ya mucho movimiento en lo que se refiere a reuniones en la región. Efectivamente, la visita del Papa a la Amazonía peruana, -en Puerto Maldonado el 19 de enero-, y su encuentro allí con cientos de indígenas y obispos que representan a los 9 países de Panamazonía, será un fuerte impulso inicial para esta preparación.
¿Cuál será el papel de los laicos?
Es un Sínodo de Obispos pero toda la Iglesia siempre está invitada a participar en la preparación de cada sínodo. Clero, religiosos y laicos. Por eso, la Secretaría General del Sínodo de los Obispos prepara amplios cuestionarios sobre los temas de cada uno de los sínodos y los envía a las comunidades locales a través de sus obispos. Así, además de los obispos, se invita también a los laicos a responder al cuestionario. Es un momento importante en el que pueden dar su aportación. Cuando se designa a los participantes en el sínodo, junto a los obispos delegados hay siempre sacerdotes, religiosos, laicos y laicas invitados por el Papa como auditores que pueden tomar parte en los debates pero que no tienen voto (solo los padres sinodales, es decir, los obispos, votan). En este sínodo será así. Evidentemente el Papa invitará a representantes indígenas a participar como auditores. Durante la preparación, especialmente a través del cuestionario, queremos trabajar para que el mayor número posible de comunidades indígenas tengan acceso al cuestionario con el fin de que puedan expresar su opinión y hacer sus propuestas.
¿Cuáles son los problemas de la Amazonía que más preocupan?
Durante la JMJ de 2013 en Río de Janeiro, en un discurso a los obispos de Brasil, Francisco dijo que la Iglesia en la Amazonía necesita asumir “un rostro amazónico” y “un clero nativo”, y animó a los obispos añadiendo: “A este respecto os pido, por favor, que seáis valientes, ¡atreveos!”. Al mismo tiempo, subrayó que “el Amazonas es una prueba crucial, un banco de pruebas para la Iglesia y para la sociedad brasileña”. También hizo hincapié en que “desde el principio (de la colonización), la Iglesia está presente en la Amazonía con misioneros, congregaciones religiosas, sacerdotes, laicos y obispos, y continúa estando presente y determinando el futuro de esa región”. En el mismo discurso también habló del riesgo de degradación y devastación de la naturaleza en el Amazonas, con un “fuerte llamamiento al respeto y la salvaguardia de toda la creación que Dios ha confiado al hombre, no para explotarla con rudeza, sino para transformarla en un jardín”. Estos son los problemas que más preocupan en la Amazonía. La cuestión de la presencia misionera y evangelizadora de la Iglesia se conjuga con su preocupación por el medio ambiente en la Amazonía, como ha dejado patente la encíclica Laudato Si. Al convocar el sínodo, el Papa ha fijado como objetivo “encontrar nuevos caminos” para abordar todas estas cuestiones misioneras y socioambientales de la Amazonía. Por supuesto, lo que preocupa especialmente en el campo de la misión es la grave escasez de misioneros, por lo que es difícil contar con una presencia física, cercana y permanente de la Iglesia en las poblaciones más pobres y aisladas del Amazonas. Además, la falta de sacerdotes supone que estas poblaciones, que viven en el corazón de la selva, se vean privadas de los sacramentos católicos de forma cotidiana, como la Eucaristía, la confesión sacramental o la unción de los enfermos. Esto las hace frágiles y les produce una sensación de abandono. ¿Cómo desarrollar un clero indígena nativo suficiente para esta misión? Es algo que facilitaría una auténtica inculturación de la fe cristiana en las culturas de estos pueblos.
¿Podrá el Sínodo dar luz a los problemas de Panamazonía?
La Iglesia, frente a cuestiones tan importantes como “buscar nuevas caminos para la evangelización”, se sentirá mucho más animada a trazar estos caminos contando con el apoyo de un Sínodo.
¿Cómo puede la Iglesia ayudar a la reflexión y a proponer medidas para el cuidado del “hogar común” y para el “buen vivir”, -que es la base de la ética de los pueblos indígenas, los primeros habitantes de la región-, frente a los proyectos de desarrollo de la Amazonía basados en la extracción de madera, la construcción de centrales hidroeléctricas, la explotación minera a gran escala y la explotación de tierras para monocultivos extensivos, que se oponen al estilo de vida propuestos por el “buen vivir”?
De hecho, el modelo de desarrollo que los gobiernos, las grandes empresas públicas y la iniciativa privada están aplicando en la Amazonía, -de acuerdo con el nuevo sistema económico-financiero global-, será profundamente dañino para el medio ambiente y para los pueblos originarios de la región. La Iglesia puede y debe participar en el debate sobre estos temas, -basándose en el Evangelio, en solidaridad con tantas personas y comunidades que se ven afectadas y son rechazadas, ignoradas y despojadas de su dignidad, sus tierras, su cultura y sus derechos, y en defensa de “nuestra casa común”-, de los que dependerá mucho la conservación futura del Amazonas. Por hablar solamente de la deforestación, hoy se sabe que un bosque poblado puede aportar más riqueza que la que generaría un bosque desforestado.
Ante la propuesta del Papa Francisco de una Iglesia “en salida”, ¿cómo cree que las Iglesias locales pueden comprometerse a ello?
En primer lugar, participando en la preparación del Sínodo, para que hagan llegar su punto de vista y sus propuestas sobre la misión en la Amazonía. Después, acogiendo con alegría y entusiasmo las orientaciones del Papa, a partir de las conclusiones sinodales. Esto exigirá no temer a la novedad y no detenerse en el tiempo y en el espacio, sino, -en el vigor del Espíritu-, ponerse manos a la obra para ir a las periferias a anunciar el Evangelio, “con un nuevo ardor, nuevos métodos y nuevas expresiones” (Juan Pablo II) y para practicar la misericordia.
-Háblenos de la Red Eclesial Panamazónica (Repam), que preside en favor de la región.
La Repam fue creada en 2014 en Brasilia, en un encuentro de obispos y otros líderes de la región de Panamazónica. Se preparó a través de muchas reuniones e iniciativas previas que desarrollaron una pastoral para toda la zona. Hay cuatro entidades fundadoras: El Departamento de Justicia y Solidaridad del Consejo Episcopal Latinoamericano y del Caribe (CELAM), la Comisión Episcopal para la Amazonía de la Conferencia Episcopal Brasileña (Cnbb), la Conferencia Latinoamericana de Religiosos (Clar) y la Secretaría Latinoamericana y Caribeña de Cáritas (Selacc).
Siendo una red, la Repam quiere contribuir a la articulación de las diócesis, prelaturas, vicariatos, misiones de la Iglesia, junto con las organizaciones de comunidades locales, comunidades indígenas, pueblos de pescadores, comunidades de “quilombolas” (pueblos rurales cooperativos de descendientes de esclavos africanos) y, sobre todo, con las comunidades más pobres, olvidadas y aisladas, así como con las instituciones, iniciativas y programas que actúan para la evangelización y la preservación ambiental de la Amazonía.
Contribuir a la construcción de esta red y hacer que funcione como tal, es el objetivo de la Repam. De esta forma, las comunidades, -especialmente aquellas más en el interior del territorio panamazónico-, se sentirán menos solas y asiladas en esta inmensa selva. Al encontrarse menos solas con sus proyectos, sus sueños y sus problemas, sabrán que existe una red de solidaridad y de comunión que las une a todas. Para trabajar mejor, la Repam trabaja en torno a ciertos puntos, a través de comités de trabajo específicos. Estos son: pueblos indígenas, derechos humanos, métodos de formación y métodos pastorales, comunicación, mapeo de la realidad panamazónica, las iglesias fronterizas, los nuevos modelos de desarrollo y la crisis climática y las agencias de cooperación internacional. Esta forma de trabajar en la red y, con estos ejes específicos, ha permitido abrazar, de alguna manera, a esta gigantesca realidad que es Panamazonía. Creo que puedo decir que hoy la Repam es una organización muy viva, dinámica y activa en todo el territorio.
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ENGLISH ---
Cardinal Hummes: “For Amazonia development styled on the Gospel”
“The type of development being applied in Amazonia by governments, major public enterprises and private companies is dangerous and devastating for the environment and for the indigenous population. The local Church can and must take part in the debate on these matters starting from the point of view of the Gospel”: this was said by Brazilian Cardinal Mgr Claudio Hummes - president of the Latin American Pan-Amazon Ecclesial network (CELAM) and the commission for Amazonia of the Brazilian Conference of Bishops– as he explained to Fides how the local Churches are preparing for the Special Assembly of the Synod of Bishops which will focus on the subject, while tackling every day arduous missionary and social challenges .
How is the Catholic Church in Brazil preparing for the special synod of Bishops for Amazonia?
The news of the decision taken by Pope Francis to convoke a special Synod for Amazonia and the announcement of this on 15 October in St Peter’s Square filled with rejoicing and gratitude the Catholics of Brazil especially those living in Amazonia. This enthusiastic response on our part was the first step in preparations for the Synod. The Catholic Bishops’ Conference of Brazil (CNBB) has a Commission for Amazonia, and CELAM (Episcopal Commission for Latin America and Caribbean) hosts the office of the Pan-Amazon Ecclesial Network (REPAM). Clearly this body, together with the dioceses and the other ecclesiastic jurisdictions in Amazonia, are more directly charged with the preparations for the Synod. There is a flourishing of meetings in the region. Undoubtedly the Pope’s visit to Puerto Maldonado in the Peruvian Amazon, 19 January and his meeting with hundreds of indigenous and with bishops representing the 9 Pan Amazon countries will give these preparations a strong initial impulse.
What will be the role of the Laity?
This will be a Synod of Bishops, but the entire Church, clergy, religious and laity is always invited to participate in preparations for a Synod. For each synod the General Secretariat of the Synod of Bishops in the Vatican produces a detailed questionnaire on the chosen theme and sends it out to the local communities. Besides the bishops, communities as a whole are encouraged to formulate answers. This first and most important part of preparations is open to all the laity. Furthermore, the list of Synod participants always includes, besides the Bishops, priests, religious and lay men and women whom the Pope invites as auditors; they have the right to take part in discussions but not to vote (voting is confined to the Synod Fathers only). This will be the case also for the synod assembly in question. The Pope will certainly invite indigenous representatives, men and women, to be present as auditors. During the preparations, in particular by means of the questionnaire, we aim to make sure that as many indigenous as possible have access to the document and in this way express their opinions and put forward suggestions.
Which problems concern you most regarding Amazonia?
During the 2013 World Youth Day in Rio de Janeiro, in an address to the Brazilian Bishops, Pope Francis said that the Church in Amazonia must assume “an Amazonian face ” have “a native clergy”, and in this regard he urged the Bishops: “On this point I beg you, please, be courageous, dare to dare!”. At the same time he underlined that “Amazonia is a decisive test, a test-bench for the Church in Brazil and for the whole Brazilian society ”. He emphasised that “from the outset (of colonisation), the Church has been present in Amazonia with missionaries, religious congregations, priests, laity and bishops, and she continues to be present and determinant for the future of the region”. In the same address he spoke also of the risk of nature in Amazonia being degraded and devastated, “launching a firm call for respect and protection of the whole of creation which God entrusted to mankind, not to ruthlessly exploit, but to transform into a garden”. These are the most concerning questions in Amazonia. Of course the Church’s missionary and evangelising presence goes hand in hand with her concern for the environment in Amazonia, as it is so well explained in the Encyclical Laudato Si. When the Pope announced the Synod he said the purpose was to “find new ways” to tackle all the different issues, missionary and socio-environmental, of Amazonia. Certainly a most concerning issue regarding missionary work is the scarcity of missionaries, men and women, which makes it difficult for the Church to be close to the poorest and most isolated Amazonians. Besides this, the scarcity of priests means that the people who live deep in the forest are deprived of the sacraments of the daily life of Catholics, the Eucharist, sacramental confession and the anointing of the sick. This renders them fragile and makes them feel abandoned. What can be done to have sufficient local and indigenous clergy for this mission? This would render even more possible the inculturation of the Christian faith in the cultures of these peoples.
Will the Synod succeed in shedding light on the difficulties in Pan-Amazonia?
Certainly. Faced with important matters such as “finding new ways for evangelisation”, knowing she can rely on the support of the Synod, the Church will draw courage to identify these paths.
How can the Church help with reflections and suggestions for caring for the “common home” and “good living”, the ethic mark of indigenous people, in the face of development projects in Amazonia (timber plantations, hydroelectric power stations, large scale mineral mining) which go against these peoples traditional life-style?
In fact, the type of development being applied in Amazonia by governments, large public enterprises and private companies, in keeping with the new world economic-financial system, will be highly dangerous devastating for the environment and for the native peoples and traditions in this region. The Church can and must take part in discussion on these matters starting from the point of view of the Gospel, in solidarity with so many individuals and communities affected and ignored, despoiled of their dignity and their land, their cultures and their rights, and to defend “our common home”, which will depend on whether Amazonia is protected. To mention deforestation alone, today we are aware that a forest can produce much more wealth than a deforested region.
In answer to Pope Francis’ call for an “out-going”, Church how do you think these local Churches can be effective?
First of all by participating fully in preparations for the Synod making known their views and ideas for mission in Amazonia. Then, responding with joy and ardour to the Pope’s guidelines on the basis of the Synod findings. This will mean not fearing what is new, not standing still in time and space, instead with vigour, the vigour of the Spirit, rolling up our sleeves and starting out decisively for the peripheries to announce there the Gospel “with new missionary ardour, with new methods, new means” (John Paul II) and with mercy.
Could you please explain the role for the good of this region of REPAM, the Pan-Amazon ecclesia network which you preside.
REPAM was instituted in 2014 in Brasilia, during a meeting of bishops and other leading figures of this pan amazon region. It was the result of many meetings and initiatives to develop pastoral care for the whole of the area. It has four founding entities: Justice and Solidary Department of the Episcopal Council of Latin America and the Caribbean (CELAM), Episcopal Commission for the Amazon of the Brazilian Bishops Conference (CNBB), the Latin American Conference of Religious (CLAR) and the Secretariat of Latin American and Caribbean (SELACC). As a network, REPAM aims to contribute to the articulation of the Church’s dioceses, prelatures, vicariates, missions, together with the organization of the local communities, indigenous communities, fishing villages, “quilombolas” communities (rural cooperative villages of descendants of Afro-Brazilian slaves, editor’s note) in particular the poorest, most neglected and isolated communities, as well as initiatives and programmes for evangelisation and environment protection in Amazonia. REPAM aims to build up the network, to make it work as it should. In this way communities most immersed in the centre of the Pan Amazon territory will feel less lonely and isolated, less alone in this immense forest. Less alone with their projects, their dreams and their difficulties and they will know they are all united in a network of solidarity and communion. In order to function well REPAM works in four areas by means of specific working committees: indigenous peoples, human rights, pastoral formation and methods, communications, mapping the pan amazon reality; frontier Churches, new models of development, climate change, international agencies and cooperation. This way of networking along specific lines made it possible to embrace to some extent this gigantic Pan Amazon reality. I think I can say that REPAM today is lively, dynamic and active over the whole territory.
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FRANÇAIS ---
Entretien avec l’Archevêque émérite de San Paolo, « un modèle de développement basé sur l’Evangile pour l’Amazonie »
« Le modèle de développement actuellement appliqué en Amazonie par les gouvernements, les grandes entreprises publiques et l’initiative privée est dommageable et dévastateur pour la réalité environnementale et les peuples indigènes. L’Eglise peut et doit participer au débat sur ces questions, à partir de l’Evangile ». C’est ainsi que s’exprime l’Archevêque émérite de San Paolo, S.Em. le Cardinal Claudio Hummes, Président du Réseau ecclésial pan-amazonien du CELAM et de la Commission pour l’Amazonie de la Conférence épiscopale du Brésil, dans le cadre d’un entretien à l’Agence Fides dédié à la manière dont les Eglises locales se préparent à l’Assemblée spéciale du Synode des Evêques qui les concerne, alors qu’ils affrontent chaque jour de difficiles défis missionnaires et sociaux.
Comment l’Eglise au Brésil se prépare-t-elle au Synode spécial pour l’Amazonie ?
La décision du Pape François de réaliser un Synode spécial pour l’Amazonie et son annonce du 15 octobre sur la Place Saint-Pierre constituent un motif de grande joie et de signes de gratitude de la part des catholiques du Brésil, en particulier de ceux d’Amazonie. Cette réponse vivace de notre part représente le premier pas en vue de la préparation du Synode. Ensuite, la Conférence épiscopale brésilienne (CNBB) dispose d’une Commission pour l’Amazonie et le CELAM (Conseil épiscopal de l’Amérique latine et des Caraïbes) accueille le siège du Réseau ecclésial pan-amazonien (REPAM). Naturellement, ces organismes, en compagnie des Diocèses et des autres juridictions ecclésiastiques d’Amazonie, sont plus directement chargés de contribuer à la préparation du Synode. Il existe déjà un grand mouvement, en termes de rencontres, dans la région. La visite du Pape en Amazonie péruvienne, à Puerto Maldonado, le 19 janvier et sa rencontre avec des centaines d’indigènes et avec les Evêques représentant les 9 pays de la pan-amazonie constituera certainement un fort élan initial de cette préparation.
Quel sera le rôle des laïcs ?
Il s’agit d’un Synode des Evêques mais l’Eglise dans son ensemble est toujours invitée à participer à la préparation de chaque Synode, le clergé, les religieux et les laïcs. C’est pourquoi le Secrétariat général du Synode des Evêques, depuis le Vatican, prépare un grand questionnaire sur le thème de chaque Synode et l’envoie au travers des Evêques aux communautés locales. Outre les Evêques, ces communautés sont, elles aussi, invitées à répondre au questionnaire. C’est un premier moment important dans le cadre duquel tous les laïcs peuvent participer et lorsque se compose le cadre des participants au Synode, à côté des Evêques délégués, se trouvent toujours des prêtres, des religieux, des laïcs et laïques invités par le Pape comme Auditeurs, qui peuvent participer au débat mais n’ont pas le droit de vote (seuls les Pères synodaux, Evêques, en sont pourvus). Ce sera également le cas pour ce Synode. Le Pape invitera certainement des représentants indigènes à participer en tant qu’Auditeurs. Cependant, durant la préparation et en particulier au travers du questionnaire, nous désirons œuvrer afin que le plus grand nombre possible de communautés indigènes aient accès au questionnaire pour exprimer leur propre opinion et formuler des propositions.
Quels sont les problèmes qui vous préoccupent le plus concernant l’Amazonie ?
Au cours de la Journée mondiale de la Jeunesse de 2013, à Rio de Janeiro, dans un discours aux Evêques du Brésil, le Pape a affirmé que l’Eglise en Amazonie a besoin de prendre « un visage amazonien » et d’avoir « un clergé autochtone », stimulant les Evêques en ajoutant : « Sur ce point, je vous demande, s’il vous plait, d’être courageux, d’oser ! ». Dans le même temps, il a souligné que « l’Amazonie est un test décisif, un banc d’essai pour l’Eglise et la société brésilienne ». Il a insisté également sur le fait que, « depuis le début (de la colonisation), l’Eglise est présente en Amazonie au travers de missionnaires, de Congrégations religieuses, de prêtres, de laïcs et d’Evêques et qu’elle continue à être présente et déterminante dans l’avenir de cette région ». Dans ce même discours, il a également parlé du risque de la dégradation et de la dévastation de la nature en Amazonie avec un « appel fort au respect et à la sauvegarde de toute la Création que Dieu a confiée à l’homme, non pas pour qu’il l’exploite rudement mais afin qu’il la transforme en un jardin ». Tels sont les problèmes qui préoccupent le plus en ce qui concerne l’Amazonie. Certes, la question de la présence missionnaire et évangélisatrice de l’Eglise se conjugue avec sa préoccupation pour l’environnement en Amazonie, comme l’a bien démontrée l’Encyclique Laudato Si. Le Pape, en annonçant le Synode, a également défini son objectif, qui est de « trouver de nouvelles routes » pour affronter toutes ces questions, tant missionnaires que sociales et environnementales de l’Amazonie. Certes, ce qui préoccupe de manière particulière dans le domaine missionnaire est le grave manque de personnel, qui rend difficile une présence physique, proche et permanente de l’Eglise aux côtés des populations les plus pauvres et les plus isolées de l’Amazonie. Outre à cela, le manque de prêtres fait que ces populations, qui vivent au cœur de la forêt, sont privées des sacrements de la vie quotidienne des catholiques, comme l’Eucharistie, la Confession sacramentelle et l’Onction des malades. Ceci les rend fragiles et leur donne un sens d’abandon. Comment développer un clergé autochtone et indigène suffisant pour cette mission ? Ceci rendrait également plus praticable une véritable inculturation de la foi chrétienne au sein des cultures de ces peuples.
Le Synode pourra-t-il aider à faire la lumière sur les problèmes de la pan-amazonie ?
Certainement. L’Eglise, face à des questions aussi importantes comme le fait de chercher de nouvelles routes d’évangélisation, se sentira beaucoup plus encouragée à tracer de telles routes en comptant sur le soutien d’un Synode.
Comment l’Eglise peut-elle aider la réflexion et les propositions en vue du soin de la « maison commune » et du « bien vivre », fondement de l’éthique des peuples indigènes face à des projets de développement de l’Amazonie (exploitation du bois, centrales hydroélectriques, activités minières sur une large échelle) qui s’opposent à ce style de vie ?
Dans les faits, le modèle de développement actuellement appliqué en Amazonie par les gouvernements, les grandes entreprises publiques et l’initiative privée est dommageable et dévastateur pour la réalité environnementale et les peuples indigènes. L’Eglise peut et doit participer au débat sur ces questions, à partir de l’Evangile, de manière solidaire avec les nombreuses personnes et communautés touchées et écartées, ignorées et dépouillées de leur dignité, de leurs terres, de leur culture et de leurs droits, et, en défense de « notre maison commune » qui dépendra beaucoup de la manière dont l’Amazonie sera préservée. Pour ne parler que de la déforestation, on sait aujourd’hui que la forêt peut apporter beaucoup plus de richesse que n’en porterait la région une fois déboisée.
Face à la proposition du Pape François d’une Eglise « en sortir », comment vous semble-t-il que les Eglises locales peuvent effectivement s’engager ?
D’abord et avant tout, en participant substantiellement à la préparation du Synode, de manière à faire arriver leur propre vision et leurs propres propositions relatives à la mission en Amazonie. Ensuite, en accueillant avec joie et ardeurs les orientations du Pape, à partir des conclusions synodales. Ceci exigera de ne pas avoir peur de la nouveauté et de ne pas demeurer bloqués dans le temps et dans l’espace mais, avec vigueur, dans la vigueur de l’Esprit, de se retrousser les manches et de se décider à aller dans les périphéries annoncer là l’Evangile « avec une nouvelle ardeur missionnaire, de nouvelles méthodes et de nouvelles expressions » (cf. Jean Paul II) et de pratiquer la miséricorde.
Pouvez-vous expliquer le rôle du Réseau ecclésial pan-amazonien (REPAM), que vous présidez, en faveur de la région ?
Le REPAM a été créé en 2014 à Brasilia, lors d’une rencontre d’Evêques et d’autres responsables de la région pan-amazonienne. Il a été préparé par de nombreuses rencontres et initiatives précédentes qui ont développé une Pastorale d’ensemble de toute la zone. Quatre sont les organismes fondateurs : le Département Justice et Solidarité du Conseil épiscopal latino-américain et caribéen (CELAM), la Commission épiscopale pour l’Amazonie de la Conférence épiscopale brésilienne (CNBB), la Conférence latino-américaine des Religieux (CLAR) et le Secrétariat latino-américain et caribéen de la Caritas (SELACC). S’agissant d’un réseau, le REPAM veut contribuer à l’articulation des Diocèses, Prélatures, Vicariats, Missions de l’Eglise, en compagnie des organisations des communautés locales, des communautés indigènes, des villages de pêcheurs, des communautés quilombolas – villages coopératifs de descendants d’esclaves africains NDR – et surtout des communautés les plus pauvres, oubliées et isolées tout comme avec les institutions, initiatives et programmes agissant en faveur de l’évangélisation et de la préservation de l’environnement amazonien. Contribuer à la construction de ce réseau et le faire fonctionner en tant que tel est l’objectif du REPAM. De cette manière, les communautés, en particulier celles les plus immergées au centre du territoire pan-amazoniens, se sentiront moins seules et moins isolées dans cette immense forêt, moins seules avec leurs projets, leurs rêves et leurs problèmes et elles sauront qu’il existe un réseau de solidarité et de communion qui les unit toutes. Pour mieux fonctionner, le REPAM travaille sur un certain nombre d’axes, au travers de groupes de travail spécifiques. De tels axes sont : les peuples indigènes, les droits fondamentaux, la formation et les méthodes pastorales, la communication, la cartographie de la réalité pan-amazonienne, les Eglises de frontière, les nouveaux modèles de développement et la crise climatique, les agences internationales de coopération. Cette manière de travailler en réseau et sur des axes spécifiques a rendu possible le fait d’embrasser de quelque manière cette réalité gigantesque qu’est la pan-amazonie. Je crois pouvoir dire que le REPAM est aujourd’hui une organisation bien vivante, dynamique et active sur tout le territoire
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PORTUGUES ---
Cardeal Hummes: “Para a Amazônia é necessário um modelo de desenvolvimento a partir do Evangelho”
“O modelo de desenvolvimento que está sendo aplicado na Amazônia pelos governos, pelas grandes empresas públicas e pelas iniciativas privadas é prejudicial e devastador para o meio ambiente e para os povos indígenas. A Igreja pode e deve participar do debate sobre estas questões, a partir do Evangelho”. É assim que o cardeal brasileiro Claudio Hummes - presidente da Rede Eclesial Panamazónica da Igreja Latino-Americana (Repam) e da Comissão Episcopal Brasileira para a Amazônia - explica em uma entrevista à Agência Fides como as igrejas locais estão preparando a assembléia especial do Sínodo dos Bispos sobre a Amazônia, enquanto enfrentam difíceis desafios missionários e sociais todos os dias.
Como a Igreja no Brasil está se preparando para o Sínodo Especial para a Amazônia?
A decisão do Papa Francisco de realizar um Sínodo Especial para a Amazônia e seu anúncio dia 15 de outubro passado, na Praça São Pedro, estão sendo motivos de muita exultação e sinais de gratidão da parte dos católicos do Brasil, especialmente dos da Amazônia. Esta animada acolhida é, da nossa parte, o primeiro passo para a preparação do sínodo. Além disso, a Conferência Nacional dos Bispos do Brasil (Cnbb) tem uma Comissão Episcopal para a Amazônia e o Celam (Conferência Episcopal Latino-Americana e do Caribe) sedia a Rede Eclesial Pan-amazônica (Repam). Obviamente, estes organismos, juntamente com as dioceses e outras jurisdições eclesiásticas da Amazônia estão mais diretamente encarregados de contribuir para a preparação do sínodo. Há já uma grande movimentação, em termos de encontros na região. Certamente, a visita do Papa à região amazônica peruana, em Puerto Maldonado, dia 19 de janeiro, e seu encontro ali com centenas de indígenas e com os bispos representando os 9 países da Pan-amazônia, será um forte impulso inicial nesta preparação.
Qual será o papel dos leigos nesta preparação?
Trata-se de um Sínodo dos Bispos, mas a Igreja toda é sempre convidada a participar da preparação de qualquer sínodo. Clero, religiosos e leigos. Para isto a Secretaria Geral do Sínodo dos Bispos, do Vaticano, prepara um grande questionário sobre o tema do respectivo sínodo, o envia aos bispos e através dos bispos para as comunidades locais. Além dos bispos, também estas são convidadas a responder ao questionário. É um primeiro e importante momento em que todos os leigos podem participar. Mas também ao ser composto o quadro dos que vão participar do sínodo, ao lado dos bispos delegados, sempre há padres, religiosos, leigos e leigas convidados pelo Papa como auditores, que podem participar da discussão, mas não têm voto. Só os bispos sinodais votam. Assim será também neste sínodo. Com certeza, o Papa convidará representantes indígenas a participar como auditores. Mas durante a preparação, sobretudo através do questionário, queremos trabalhar para que o maior número possível de comunidades indígenas tenha acesso a este questionário para opinar e fazer propostas.
Quais são os problemas que mais preocupam o senhor a respeito da Amazônia?
O Papa Francisco, durante a Jornada Mundial dos Jovens, em 2013, no Rio de Janeiro, num discurso aos bispos brasileiros, afirmou que a Igreja na Amazônia precisa ter “um rosto amazônico” e “clero autóctone”, e estimulou os bispos, acrescentando: “Sobre isso, peço, por favor, para serem corajosos, para terem ousadia!”. Ao mesmo tempo sublinhou que “a Amazônia é um teste decisivo, banco de prova para a Igreja e a sociedade brasileira”. Acentuou ainda que “desde o início (da colonização), a Igreja está presente na Amazônia com missionários, congregações religiosas, sacerdotes, leigos e bispos, e lá continua presente e determinante no futuro daquela região”. No mesmo discurso, falou também do risco de degradação e devastação da natureza na Amazônia, com “forte apelo ao respeito e à salvaguarda de toda a criação que Deus confiou ao homem, não para que a explorasse rudemente, mas para que a tornasse um jardim”. Esses são os problemas que mais preocupam a respeito da Amazônia. Com certeza, a questão da presença missionária e evangelizadora da Igreja se conjuga com sua preocupação pelo meio-ambiente na Amazônia, como bem demonstrou a encíclica Laudato si’. O Papa, ao anunciar o sínodo, também definiu seu objetivo, que é “encontrar novos caminhos” para enfrentar todas estas questões seja missionárias seja socio-ambientais da Amazônia.
Certamente o que preocupa de modo particular no campo missionário é a grave carência de missionários e missionárias, o que dificulta uma presença física, próxima e permanente da Igreja junto às populações mais pobres e afastadas da Amazônia. Além disso, a falta de sacerdotes faz com que estas populações interioranas e da selva fiquem privadas dos sacramentos da vida cotidiana dos católicos, isto é, os sacramentos da eucaristia, da confissão sacramental e da unção dos enfermos. Isso as torna frágeis e com sensação de abandonadas. Como desenvolver um clero autóctone e indígena suficiente para esta missão? Isso também tornaria mais viável uma verdadeira inculturação da fé cristã nas culturas destes povos.
O Sínodo poderá ajudar a ser luz para os problemas na Pan-amazônia?
Com certeza. A Igreja, diante de questões tão importantes como “procurar novos caminhos de evangelização”, contando com o apoio de um sínodo, se sentirá muito mais encorajada a traçar tais caminhos.
Como a Igreja pode ajudar na reflexão e proposição no cuidado com a Casa Comum e o Bem-viver - fundamento da ética dos povos indígenas - diante dos projetos de desenvolvimento para a Amazônia como a extração de madeira, a construção de hidrelétricas, a mineração, o agronegócio que se opõem a este estilo de vida?
De fato, o modelo de desenvolvimento que está sendo implantado na Amazônia pelos governos e pelas grandes empresas públicas ou da iniciativa privada, segundo o novo sistema econômico-financeiro mundial, será profundamente danoso e devastador para a realidade ambiental e para as populações originárias e tradicionais da região. A Igreja pode e deve participar do debate destas questões, a partir do Evangelho, em solidariedade para com tantas pessoas e comunidades que estão sendo afetadas, descartadas, atropeladas e despojadas de sua dignidade, de suas terras, de sua cultura e direitos, e em defesa da “nossa casa comum” que dependerá muito do modo como a Amazônia será preservada. Só para falar do desmatamento, sabe-se hoje que a floresta em pé pode trazer muito mais riqueza do que se a região for desmatada.
Diante da proposta do Papa Francisco de uma Igreja em saída, como as Igrejas locais podem efetivamente comprometer-se?
Primeiro, participando substancialmente na preparação do Sínodo, para fazer chegar sua visão e suas propostas sobre a missão na Amazônia. Depois, acolher com alegria e ardor, as orientações do Papa, a partir das conclusões sinodais. Isso exigirá não ter medo do novo e não permanecer parado no tempo e no espaço, mas com ânimo, no vigor do Espírito, arregaçar as mangas e decidir-se a ir às periferias, ali anunciar o Evangelho “com novo ardor missionário, novos métodos e novas expressões” (João Paulo II) e praticar a misericórdia.
O senhor pode explicar o papel da Rede Eclesial Panamazzonica (Repam), que você preside, a favor da região?
A Repam foi criada em 2014, em Brasília, num encontro de bispos e outras lideranças da região Pan-amazônica. Foi preparada por muitos encontros e iniciativas anteriores no sentido de desenvolver uma pastoral de conjunto em toda a área. São quatro as entidades fundadoras: o Departamento de Justiça e Solidariedade, do Conselho Episcopal Latino-americano (Celam); a Comissão Episcopal para a Amazônia, da Conferência Nacional dos Bispos do Brasil (Cnbb); a Conferência Latino-americana dos Religiosos (Clar); e o Secretariado Latino-americano e do Caribe de Cáritas (Selacc). A Repam, sendo uma rede, pretende contribuir para articular as dioceses, prelazias, vicariatos, missões da Igreja, juntamente com as organizações das comunidades locais do interior, as comunidades de indígenas, de ribeirinhos, quilombolas e sobretudo as comunidades dos mais pobres, esquecidos e isolados, bem como as instituições, iniciativas, programas , que atuam na evangelização e na preservação ambiental da Amazônia. Contribuir na construção desta rede e fazê-la atuar como rede, é o objetivo da Repan. Assim, as comunidades, sobretudo no interior do território pan-amazônico, se sentirão menos sozinhas e isoladas na imensa floresta, menos sozinhas com seus projetos, seus sonhos e problemas, mas saberão que há uma rede de solidariedade e de comunhão que une a todos. Para melhor funcionar, a Repan trabalha com alguns eixos, que tem cada um seu próprio comitê de animação e trabalho. Os eixos são oito: os povos indígenas; os direitos humanos; formação e métodos pastorais; comunicação; mapeamento da realidade pan-amazônica; Igrejas de fronteira; novos modelos de desenvolvimento e crise climática; agências internacionais de ajuda e assessoria. Essa forma de trabalhar em rede e com eixos específicos tornou possível abarcar de algum modo esta gigantesca realidade que é a Pan-amazônia. Penso poder dizer que a Repam hoje é uma organização muito viva, dinâmica e ativa em todo o território.