Il Card. Bo: “Lasciamo che il popolo del Myanmar costruisca insieme il proprio futuro, fatto di progresso sostenibile, pace e prosperità con spirito democratico. Il governo, i gruppi della società civile e le Chiese devono credere e collaborare per lo sviluppo del Myanmar”
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In questi ultimi mesi il Myanmar è sotto i riflettori di tutto il mondo per due motivi: primo, l’annuncio della visita di Papa Francesco (dal 27 al 30 novembre); secondo la crisi dei Rohingya nello Stato di Rakhine.
Una giovane democrazia
Il Myanmar si affaccia sul Golfo del Bengala e sul mar delle Andamane e confina da ovest a est con Bangladesh, India, Cina, Laos e Thailandia. Popolazione e storia di questo paese vedono un glorioso miscuglio di coloni e invasori provenienti in particolare da India, Thailandia e Cina. Tra il 1824 e il 1886 la Gran Bretagna conquistò la Birmania e la incorporò nell’impero coloniale britannico. Il paese ha raggiunto l’indipendenza nel 1948. Da allora lo stato è rimasto sotto un regime militare oppressivo dal 1962 al 2011. Nello stesso anno, i militari hanno riconosciuto un governo a maggioranza civile. Nel 2015 la “National League for Democracy”, guidata da Aung San Suu Kyi, ha ottenuto la maggioranza dei seggi in Parlamento, formando un governo e a marzo del 2016, Htin Kyaw ha giurato come presidente, inaugurando una nuova era: il movimento democratico di Aung San Suu Kyi ha preso il potere dopo 50 anni di dominio militare.
La strada per raggiungere la democrazia non è stata priva di ostacoli e difficoltà, tuttavia è rimasta sempre una speranza e un’aspirazione per i circa 52 milioni di persone.
Il mosaico religioso e la Chiesa
Il Myanmar è un paese multi-religioso, non ha una religione di stato ufficiale, anche se il governo mostra preferenze per il Buddismo Theravada che è la religione della maggioranza della popolazione. Nel paese, che conta una popolazione di 52,4 milioni di persone, esistono 135 gruppi etnici. I principali sono; Kachin, Kayah, Kayin, Chin, Bamar, Mon, Rakhine e Shan.
Secondo dati del 2016 del Governo birmano, l’ 88.9% della popolazione è buddista, il 6.3% cristiana, il 2.3% musulmana, lo 0.5% Hindu, lo 0.8% animisti, lo 0.2% di altre confessioni (sikh, confuciani, baha'is, e zoroastriani), oltre ad altre minoranze che non professano alcun credo religioso.
In Myanmar ci sono 16 diocesi cattoliche (tre delle quali sono arcidiocesi) 17 vescovi attivi oltre a sei emeriti, tutti birmani. Secondo i dati diffusi a dicembre 2016, resi noti dalla Conferenza Episcopale birmana, i cattolici restano una minoranza con una stima di 675.000 praticanti; 939 sacerdoti diocesani e religiosi, 1.398 religiosi (tra uomini e donne), 2.695 catechisti. La maggior parte delle diocesi sono molto estese, abbracciano vaste aree di foresta o di montagna, dispongono di mezzi di trasporto estremamente poveri e comunicazioni telefoniche o Internet praticamente inesistenti, ad eccezione delle aree urbane. Nella maggior parte delle parrocchie rurali, al sacerdote incaricato occorrono da due o cinque giorni per raggiungere alcuni dei villaggi.
Quasi tutte le diocesi hanno formato catechisti adulti che sono responsabili dell'istruzione dei fedeli nei villaggi. Nella maggior parte delle diocesi, la formazione catechetica prevede un programma di due anni per coloro che hanno terminato il liceo e uno triennale per coloro che hanno terminato la formazione primaria o secondaria.
Il futuro è l’istruzione
Si dice inoltre che il Myanmar sia come un arcobaleno, quasi a indicare la sua multietnicità in quanto ha 135 gruppi etnici con lingue, dialetti e culture diversi. La principale lingua parlata è il birmano. Da quando il nuovo governo è salito al potere, anche se i militari detengono ancora molte posizioni politiche, e sono presenti nel governo e in Parlamento, la gente continua a rimanere speranzosa di grandi cambiamenti.
Per decenni il Myanmar è stato una società chiusa all’esterno. Adesso la gente sta gradualmente cercando di aprirsi, di pensare e sperare in modo nuovo, lavorando insieme per affermare la propria identità e autodeterminazione in ogni aspetto della vita, culturale, sociale, economico e politico.
La strada da fare sembra ancora tanta ma i più sono ottimisti per se stessi e per le generazioni future. Una di queste figure chiave è il Cardinale Charles Bo, Arcivescovo di Yangon. “Il paese ha sofferto molto. Le persone hanno bisogno di pace, armonia e sviluppo. Riconciliamoci, facciamo di questa nazione una grande nazione”, afferma il cardinale a Fides.
Obiettivi per l’opera apostolica della Chiesa all’interno del paese prevedono l’avviamento di nuove scuole e centri di formazione professionale in diverse diocesi a partire dalla scuola primaria, chiedendo che siano gestite dalle diocesi cattoliche o ordini religiosi. Almeno sei diocesi hanno già avviato queste scuole. Nel frattempo, la Chiesa cattolica sta facendo pressioni sul governo per riavere dal governo le scuole che furono nazionalizzate o affidate ai militari, nell’epoca della dittatura.
D’altra parte, la Chiesa promuovere e incoraggia un’istruzione di qualità, l’istituzione di centri di istruzione superiore, l’occupazione delle persone, l’emancipazione dei poveri, lo sviluppo sociale e il rafforzamento della pace e della riconciliazione, con un’enfasi speciale su giustizia sociale, libertà di stampa e religione, lotta alla povertà, formazione delle competenze dei giovani. Si lavora per l’apertura di centri sanitari e ospedali nelle città e aree rurali, e per mettere in moto la riconciliazione tra diverse religioni, culture e gruppi etnici. Senza dimenticare le misure di sicurezza sociale e le maggiori possibilità di comunicazione, come il rafforzamento delle istituzioni democratiche, per il bene comune.
Si può notare che, con l’affermarsi della democrazia nel paese, si sono rinnovate le speranze, le aspettative e le aspirazioni della gente. “Lasciamo che il popolo del Myanmar costruisca insieme la propria storia e il proprio futuro, fatto di progresso sostenibile, pace e prosperità con spirito democratico, in modo che possa ottenere il cambiamento che desidera. Si tratta di un atto di fede per loro. Il governo, i gruppi della società civile e le Chiese devono credere e collaborare per lo sviluppo del Myanmar”, conclude il Card. Bo.
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ENGLISH ---
Myanmar welcomes the Pope and makes a leap of faith
Myanmar is news for the last couple of months now because of two reasons; first, Pope Francis would visit the country along with Bangladesh (from 27 to 30 December) and the second is the ongoing Rakhine state’s Rohingya Muslim crisis.
Myanmar lies on the Bay of Bengal and the Andaman Sea coast with Bangladesh and India to the West which is part of the same sub-region of Indo-Asia, China to the north, and Laos and Thailand to the east. Its people and history is a glorious mishmash of settlers and invaders from all fronts especially from India, Thailand and China and internal rebellions. Eventually, Britain conquered Burma (as it used to be known so) over a period of 62 years (1824-1886) and incorporated it into British colonial Empire. The country gained its independence in 1948. Since then, it was a pariah state while under the rule of an oppressive military junta from 1962 to 2011 with many twists and turns.
In the same year, the military handed over a nominally civilian government following elections which were held in the previous year. In 2015 Opposition National League for Democracy, led by Aung San Suu Kyi won enough seats in parliament to form a government and in 2016 March, Htin Kyaw was sworn in as its president, ushering in a new era as Aung San Suu Kyi's democracy movement takes power after 50 years of military domination.
To reach this phase it was never a never smooth sailing process. The journey to present phase of democracy has been never an easy task. It has taken its great toll in more than one ways. However, with its birth pangs, it was always a desired hope and aspiration of 52 million people.
Myanmar is a multi-religious country. There is no official state religion, but the government shows preferences for Theravada Buddhism, the majority religion.
The country is made up of 135 national races, of which the main national races are Kachin, Kayah, Kayin, Chin, Bamar, Mon, Rakhine and Shan. The population of the country is estimated at 52.4 million (July 2019) and the population growth rate is 1.84.percent.
Myanmar is a multi-religious country. There is no official state religion, but the government shows a preference for Theravada Buddhism, the majority religion. According to both the latest UN – Government 2016 data of the Burmese government Buddhism is the dominant religion, 88.9% are Buddhists, 6.3% are Christians, 2.3% are Muslims, 0.5% are Hindus, 0.8% are Animists, 0.2% others (Sikhs, Confucians, Baha'is, and Zoroastrians) and other minorities not belonging to any religion.
There are now 16 Catholic dioceses including three Archdioceses with 17 active bishops and six retired bishops—all from Myanmar.
Catholics remain a minority with the estimated number of 675.000; diocesan and religious priests 939, Religious (men and women) 1398, Catechists 2695 (December 2016, data from the official Catholic directory of the Republic of the Union of Myanmar published from the Catholic Bishops’ Conference of Myanmar).
Most of the diocese are very extensive; most have extensive jungle and mountainous areas with extremely poor transportation and practically non-existent telephone or internet communications, except for city areas. In most rural parishes, it might take the priest for several hours to two to five days to reach some of the villages.
Almost all the dioceses have trained adult catechists who are responsible for the instruction of the faithful in the villages. In most dioceses, the catechetical training is a two-year programme for those who have finished high school, and three years for those who had only primary or middle school background.
It is said that Myanmar is like a rainbow that signifies the multi-ethnicity of it as it has eight major tribes and another 135 ethnic groups with different languages, dialects and culture The major languages people speak include Burmese and other minority languages.
Since the new government came to power with all its constraints as the military still holds several keep political positions including in the parliament, people have always felt a sight relief hoping for greater hopes and dawn of many things.
Myanmar has been a closed society for others outside the country for decades. People are gradually trying to unfold their suppressed and repressed lives and begin to think fresh, hope for fresh, think fresh and journey together in order to create a new narrative of national destiny affirming their identity and self-determination in every aspect of life—be it cultural, social, economic and political. The journey ahead looks long, but most of them are optimistic in more than one ways for themselves and future generations to come.
One such key figure is Cardinal Charles Bo, head of the Catholic Church in Myanmar and Archbishop of Yangon. The country has suffered much. People need peace, harmony, and development. He says, “Let us reconcile, let us make this nation a great nation.”
Some of the key areas of work for the church within in the country begin new formal schools by different diocese beginning with primary school owned and managed by Catholic dioceses or religious orders. At least six dioceses are already started such schools. Meanwhile, the Catholic church is lobbying the government to give the schools of Churches that were taken by the military-led government and were nationalized. Hope efforts will pave the way for it sooner than later.
On the other hand, church is making its advocacy with the government to promote and foster promotion of quality education, establishment of centers of higher learning, employment of people, empowerment of the poor, social development and strengthening peace and reconciliation with special emphasis on social justice, freedom of press and religion, addressing poverty, skill training of youth, opening of health centers and hospitals in towns and rural areas, reconciliatory measures with different religions, cultures, and ethnic groups and their social security measures and expanding communication faculties, building of infrastructure and strengthening democratic institutions and process for the common good.
It is great to notice that the country's plunge into democracy has renewed people's hopes, expectations, and aspirations. Let the people of Myanmar collectively craft their own narrative of nationhood with sustainable progress, peace, and prosperity with the air of democratic spirit, so that they would be the change that they wish to see in Myanmar. It has been a leap of faith for them.
“The government, civil society groups, and Churches are to invest capital and its resources in people and the development of Myanmar,” Cardinal Bo said.
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FRANÇAIS ---
Accueil du Pape au Myanmar et « acte de foi » du pays
Au cours de ces derniers mois, le Myanmar s’est trouvé sous les réflecteurs du monde entier au moins pour deux raisons : d’abord l’annonce de la visite apostolique du Pape François, du 27 au 30 novembre, et ensuite la crise des Rohingyas au sein de l’Etat de Rakhine.
Une jeune démocratie
Le Myanmar donne sur le Golfe du Bengale et sur la mer d’Andamane. Il est limitrophe d’est en ouest avec le Bangladesh, l’Inde, la Chine, le Laos et la Thaïlande. La population et l’histoire de ce pays voient un glorieux mélange de colons et d’envahisseurs provenant en particulier d’Inde, de Thaïlande et de Chine. Entre 1824 et 1886, la Grande-Bretagne a conquis la Birmanie et l’incorpora à son Empire colonial. Le pays parvint à l’indépendance en 1948. Depuis lors, l’Etat a été contrôlé par un régime militaire oppressif, de 1962 à 2011. Au cours de cette même année, les militaires ont reconnu un gouvernement à majorité civile. En 2015, la Ligue nationale pour la Démocratie, conduite par Aung San Suu Kyi, a obtenu la majorité des sièges au Parlement, formant un gouvernement et, en mars 2016, Htin Kyaw a prêté serment comme Président, inaugurant une nouvelle époque. Le mouvement démocratique d’Aung San Suu Kyi a ainsi pris le pouvoir après 50 ans de régime militaire.
La route pour parvenir à la démocratie n’a pas été privée d’obstacles et de difficultés. Toutefois, elle est toujours restée un espoir et une aspiration pour quelques 52 millions de personnes.
La mosaïque religieuse et l’Eglise
Le Myanmar est un pays multi religieux qui ne compte pas de religion d’Etat officielle même si le gouvernement montre des préférences pour le Bouddhisme Theravada, qui représente la religion de la majorité de la population. Dans le pays, qui compte une population de 52,4 millions de personnes, existent 135 groupes ethniques dont les principaux sont les Kachins, les Kayahs, les Kayins, les Chins, les Bamars, les Mons, les Rakhines et les Shans.
Selon des données publiées en 2016 par le gouvernement birman, 88,9% de la population est bouddhiste, 6,3% chrétienne, 2,3% musulmane, 0,5% hindouiste, 0,8% animiste et 0,2% appartient à d’autres confessions (sikhs, confucéens, bahaïs et zoroastriens) outre à d’autres minorités qui ne professent aucun credo religieux.
Le Myanmar compte 16 Diocèses catholiques – dont trois Archidiocèses – et 23 Evêques dont 6 émérites, tous birmans. Selon les données diffusées en décembre 2016 et rendues publiques par la Conférence épiscopale birmane, les catholiques demeurent une minorité. Le nombre des pratiquants est estimé à 675.000 personnes alors que les prêtres, diocésains et religieux, sont au nombre de 939, les religieux, hommes et femmes, de 1.398, et les catéchistes de 2.695. La majeure partie des Diocèses est très vaste, comprenant de larges zones de forêt et de montagnes. Ils disposent de moyens de transport extrêmement pauvres et de communications téléphoniques ou par Internet pratiquement inexistantes, à l’exception des zones urbaines. Dans la majeure partie des Paroisses rurales, il faut de deux à cinq jours au prêtre desservant pour atteindre certains des villages du territoire paroissial.
Presque tous les Diocèses ont formé des catéchistes adultes qui sont responsables de l’instruction des fidèles au sein des villages. Dans la majeure partie des Diocèses, la formation des catéchistes prévoit un programme de deux ans pour ceux qui ont porté à terme des études secondaires et de trois ans pour ceux qui disposent d’une formation de niveau inférieur.
L’avenir dans l’instruction
Le Myanmar est aussi indiqué comme un arc-en-ciel, comme pour signifier son caractère multiethnique puisqu’il compte sur son territoire 135 groupes ethniques disposant de langues, de dialectes et de cultures différents. La principale langue parlée est le birman. Depuis que le nouveau gouvernement est arrivé aux affaires et même si les militaires détiennent encore de nombreux postes politiques et sont présents tant au sein du gouvernement qu’au parlement, la population continue à espérer d’importants changements.
Pendant des décennies, le Myanmar a constitué une société fermée vis-à-vis de l’extérieur. Maintenant, la population cherche progressivement à s’ouvrir, à penser et à espérer de manière nouvelle, en travaillant ensemble pour affirmer son identité et son autodétermination dans tous les aspects de la vie culturelle, sociale, économique et politique.
Le chemin à parcourir semble encore très long mais la plupart des personnes est optimiste tant pour elles-mêmes que pour les générations à venir. L’une des figures clefs de ce panorama est S.Em. le Cardinal Charles Bo, Archevêque Yangon. « Le pays a beaucoup souffert. Les personnes ont besoin de paix, d’harmonie et de développement. Réconcilions-nous, faisons de cette nation une grande nation » affirme le Cardinal à Fides.
Des objectifs pour l’œuvre apostolique de l’Eglise à l’intérieur du pays prévoient l’ouverture de nouvelles écoles et de centres de formation professionnelle dans différents Diocèses, à commencer par des écoles primaires, en demandant à ce qu’ils soient gérés par les Diocèses catholiques ou par des Ordres religieux. Au moins six Diocèses ont déjà ouvert les écoles en question. Entre temps, l’Eglise catholique exerce des pressions sur le gouvernement afin qu’il restitue les écoles nationalisées ou confiées aux militaires à l’époque de la dictature.
D’autre part, l’Eglise promeut et encourage une instruction de qualité, l’institution de centres d’enseignement supérieur, l’entrée des personnes sur le marché du travail, l’émancipation des pauvres, le développement social et le renforcement de la paix et de la réconciliation, avec une attention particulière accordée à la justice sociale, à la liberté de la presse et de religion, à la lutte contre la pauvreté et à la formation des compétences des jeunes. Un effort est également réalisé en vue de l’ouverture de centres sanitaires et d’hôpitaux dans les villes et les zones rurales et en faveur d’un processus de réconciliation entre les différentes religions, cultures et entre les groupes ethniques, ainsi que des mesures de sécurité sociale et de plus importantes possibilités de communication, tout comme du renforcement des institutions démocratiques en vue du bien commun.
Il est possible de remarquer que, avec l’affermissement de la démocratie dans le pays, les espérances, les attentes et les aspirations de la population se sont renouvelées. « Laissons le peuple du Myanmar contribuer à sa propre histoire et à son propre avenir, fait de progrès durable, de paix et de prospérité, dans un esprit démocratique, de manière à ce qu’il puisse obtenir le changement qu’il désire. Il s’agit d’un acte de foi en lui. Le gouvernement, les groupes de la société civile et les églises doivent y croire et collaborer en vue du développement du Myanmar » conclut le Cardinal Bo.
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Myanmar acoge al Papa y hace “un acto de fe”
Cardenal Bo: “Dejemos que el pueblo de Myanmar construya unido su propio futuro hecho de progreso sostenible, paz y prosperidad con espíritu democrático. El gobierno, los grupos de la sociedad civil y las Iglesias deben creer y colaborar en el desarrollo de Myanmar”.
Santosh Digal
En estos últimos meses Myanmar está bajo la mirada de todo el mundo por dos motivos. El primero, el anuncio de la visita del Papa Francisco (del 27 al 30 de noviembre). El segundo, la crisis de los Rohingyas en el estado de Rakhine.
Una joven democracia
Myanmar se asoma al Golfo de Bengala y está bañado por el mar de Burma. Limita de oeste a este con Bangladés, India, China, Laos y Tailandia. La población y la historia de este país es el resultado de una mezcla de colonos e invasores provenientes de la India, Tailandia y China. Entre 1824 y 1886 Gran Bretaña conquistó Birmania y la incorporó al imperio colonial británico. El país consiguió su independencia en 1948. Desde 1962 hasta 2011 Myanmar estuvo gobernado por un opresivo régimen militar. En 2011, los militares aceptaron un gobierno formado, en gran parte, por civiles. En 2015 la “National League for Democracy”, de Aung San Suu Kyi obtuvo la mayoría de los escaños para formar gobierno. En marzo de 2016 Htin Kyaw juró como presidente inaugurando una nueva era: el movimiento democrático de Aung San Suu Kyi tomaba el poder tras 50 años de dominio militar.
Y aunque el camino para llegar a la democracia no ha estado exento de obstáculos y dificultades, la esperanza y la aspiración de conseguirla siempre ha estado muy presente para sus más 52 millones de habitantes.
El mosaico religioso y la Iglesia
Myanmar es un país multireligioso, que no tiene una religión oficial de estado, si bien el gobierno muestra sus preferencias por el Budismo Theravada, que es la religión de la mayoría de la población. En el país, que cuenta con unos 52,4 millones de personas, hay 135 grupos étnicos, siendo los principales los Kachin, los Kayah, los Kayin, los Chin, los Bamar, los Mon, los Rakhine y los Shan.
Según datos de 2016 del gobierno birmano, el 88,9 % de la población es budista, el 6.3% cristiana, el 2.3% musulmana, el 0.5% hindú, el 0.8% animista, el 0.2% de otras confesiones (sikh, confucianos, baha'is, y zoroastrianos), junto a otras minorías que no profesan ningún credo religioso.
En Myanmar hay 16 diócesis católicas (tres de las cuales son archidiócesis), 17 obispos activos y 6 eméritos, todos birmanos. Según los datos difundidos en diciembre de 2016 por la Conferencia Episcopal birmana, los católicos son una minoría compuesta por unos 675.000 practicantes, con 939 sacerdotes diocesanos y religiosos, 1398 religiosos (hombres y mujeres) y 2695 catequistas. La mayor parte de las diócesis son muy grandes, -con vastas zonas boscosas o montañosas-, que disponen de medios de transporte muy pobres y comunicaciones telefónicas o vía Internet prácticamente inexistentes a excepción de las áreas urbanas. En la mayoría de las parroquias rurales, los sacerdotes tardan entre dos y cinco días en llegar a algunos pueblos.
Casi todas las diócesis han formado a catequistas adultos que son responsables de la formación de los fieles en los pueblos. En gran parte de las diócesis, la formación catequética tiene un recorrido de dos años para los jóvenes que terminan el instituto y de tres para los niños y jóvenes que terminan la escuela primaria o secundaria.
El futuro es la formación
Se dice que Myanmar es como un arcoíris debido a la presencia de sus 135 grupos étnicos con lenguas, dialectos y culturas diferentes. El principal idioma es el birmano. Desde que hay un nuevo gobierno en el poder, -y aunque los militares aún tienen un papel político importante y están presentes en el gobierno y el parlamento-, la gente conserva la esperanza de que los grandes cambios se produzcan.
Durante décadas Myanmar ha sido una sociedad cerrada al exterior. Ahora la gente está tratando de abrirse, de pensar y de esperar de un modo nuevo trabajando juntos por afirmar su propia identidad y su propia autodeterminación en cada aspecto de la vida, sea tanto cultural o social como económico y político.
El camino a seguir parece aún largo pero la mayoría es optimista por su propio futuro y el de las próximas generaciones. Una de las figuras claves en este proceso es el cardenal Charles Bo, arzobispo de Yangón. “El país ha sufrido mucho. Las personas necesitan paz, armonía y desarrollo. Reconciliémonos, hagamos de esta nación una gran nación”, explica el purpurado a Fides.
Los objetivos de la obra apostólica de la Iglesia en el país prevén la puesta en marcha de nuevas escuelas y centros de formación profesional en varias diócesis, partiendo de las escuelas primarias, adjudicando su gestión o a las propias diócesis católicas o a las órdenes religiosas. Al menos seis diócesis han comenzado con estas escuelas. Al mismo tiempo, la Iglesia católica está haciendo presión sobre el gobierno para recuperar las escuelas que fueron nacionalizadas o confiadas por los militares en la época de la dictadura.
Por otra parte, la Iglesia promueve y anima a implementar una educación de calidad, a crear centros de educación superior, empleo para las personas, emancipación de los pobres, desarrollo social y a afianzar la paz y la reconciliación poniendo el acento especialmente en la justicia social, la libertad de prensa y de religión, la lucha contra la pobreza y la formación de los jóvenes.
También trabajada por la apertura de centros médicos y hospitales en las ciudades y las áreas rurales y por activar la reconciliación entre las diferentes religiones, culturas y grupos étnicos. Sin olvidar tampoco las medidas de seguridad social y la mayor disponibilidad de las comunicaciones, así como el refuerzo de las instituciones democráticas para el bien común.
Cabe destacar que, con el fortalecimiento de la democracia en el país, se han renovado las esperanzas, las expectativas y las aspiraciones de muchas personas. “Dejemos que el pueblo de Myanmar construya unido su propio futuro hecho de progreso sostenible, paz y prosperidad con espíritu democrático de forma que pueda conseguir el cambio que desea. Se trata de un acto de fe para ellos. El gobierno, los grupos de la sociedad civil y las Iglesias deben creer y colaborar en el desarrollo de Myanmar”, concluye el cardenal Bo.