Il 22 ottobre 2017, Giornata Missionaria Mondiale, Papa Francesco ha annunciato all'Angelus un "Mese Missionario Straordinario" nell’ottobre 2019, al fine di alimentare l’ardore dell’attività evangelizzatrice della Chiesa ad gentes". Il Santo Padre ha diffuso la lettera di Papa Francesco al Card. Fernando Filoni, Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, in occasione del centenario dalla promulgazione della Lettera apostolica Maximum illud (1919) di Benedetto XV sull’attività svolta dai missionari nel mondo: il mese missionario del 2019 è legato a questo anniversario.
Omnis Terra pubblica il testo integrale della Lettera e presenterà commenti, approfondimenti e riflessioni.
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FRANÇAIS
Al Venerato Fratello
Cardinale Fernando FILONI
Prefetto della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli
Il 30 novembre 2019 ricorrerà il centenario dalla promulgazione della Lettera apostolica Maximum illud, con la quale Benedetto XV desiderò dare nuovo slancio alla responsabilità missionaria di annunciare il Vangelo. Era il 1919: al termine di un tremendo conflitto mondiale, che egli stesso definì «inutile strage»[1], il Papa avvertì la necessità di riqualificare evangelicamente la missione nel mondo, perché fosse purificata da qualsiasi incrostazione coloniale e si tenesse lontana da quelle mire nazionalistiche ed espansionistiche che tanti disastri avevano causato. «La Chiesa di Dio è universale, per nulla straniera presso nessun popolo»,[2] scrisse, esortando anche a rifiutare qualsiasi forma di interesse, in quanto solo l’annuncio e la carità del Signore Gesù, diffusi con la santità della vita e con le buone opere, sono la ragione della missione. Benedetto XV diede così speciale impulso alla missio ad gentes, adoperandosi, con lo strumentario concettuale e comunicativo in uso all’epoca, per risvegliare, in particolare presso il clero, la consapevolezza del dovere missionario.
Esso risponde al perenne invito di Gesù: «Andate in tutto il mondo e proclamate il Vangelo a ogni creatura» (Mc 16,15). Aderire a questo comando del Signore non è un’opzione per la Chiesa: è suo «compito imprescindibile», come ha ricordato il Concilio Vaticano II,[3] in quanto la Chiesa «è per sua natura missionaria».[4] «Evangelizzare, infatti, è la grazia e la vocazione propria della Chiesa, la sua identità più profonda. Essa esiste per evangelizzare».[5] Per corrispondere a tale identità e proclamare Gesù crocifisso e risorto per tutti, il Salvatore vivente, la Misericordia che salva, «è necessario – afferma ancora il Concilio – che la Chiesa, sempre sotto l’influsso dello Spirito di Cristo, segua la stessa strada seguita da questi, la strada cioè della povertà, dell’obbedienza, del servizio e del sacrificio di se stesso»,[6] cosicché comunichi realmente il Signore, «modello dell’umanità nuova, cioè di quell’umanità permeata di amore fraterno, di sincerità, di spirito di pace, che tutti vivamente desiderano».[7]
Quanto stava a cuore a Benedetto XV quasi cent’anni fa e quanto il Documento conciliare ci ricorda da più di cinquant’anni permane pienamente attuale. Oggi come allora «la Chiesa, che da Cristo è stata inviata a rivelare e a comunicare la carità di Dio a tutti gli uomini e a tutti i popoli, comprende che le resta ancora da svolgere un’opera missionaria ingente».[8] A questo proposito, San Giovanni Paolo II ha osservato che «la missione di Cristo redentore, affidata alla Chiesa, è ancora ben lontana dal suo compimento» e che «uno sguardo d’insieme all’umanità dimostra che tale missione è ancora agli inizi e che dobbiamo impegnarci con tutte le forze al suo servizio».[9] Perciò egli, con parole che vorrei ora riproporre all’attenzione di tutti, ha esortato la Chiesa a un «rinnovato impegno missionario», nella convinzione che la missione «rinnova la Chiesa, rinvigorisce la fede e l’identità cristiana, dà nuovo entusiasmo e nuove motivazioni. La fede si rafforza donandola! La nuova evangelizzazione dei popoli cristiani troverà ispirazione e sostegno nell’impegno per la missione universale».[10]
Nell’Esortazione apostolica Evangelii gaudium, raccogliendo i frutti della XIII Assemblea Generale Ordinaria del Sinodo dei Vescovi, convocata per riflettere sulla nuova evangelizzazione per la trasmissione della fede cristiana, ho desiderato ripresentare a tutta la Chiesa tale urgente vocazione: «Giovanni Paolo II ci ha invitato a riconoscere che “bisogna […] non perdere la tensione per l’annunzio” a coloro che stanno lontani da Cristo, “perché questo è il compito primo della Chiesa”. L’attività missionaria “rappresenta, ancor oggi, la massima sfida per la Chiesa” e “la causa missionaria deve essere la prima”. Che cosa succederebbe se prendessimo realmente sul serio queste parole? Semplicemente riconosceremmo che l’azione missionaria è il paradigma di ogni opera della Chiesa».[11]
Quanto intendevo esprimere mi pare ancora una volta improrogabile: «Ha un significato programmatico e dalle conseguenze importanti. Spero che tutte le comunità facciano in modo di porre in atto i mezzi necessari per avanzare nel cammino di una conversione pastorale e missionaria, che non può lasciare le cose come stanno. Ora non ci serve una “semplice amministrazione”. Costituiamoci in tutte le regioni della terra in un “stato permanente di missione”».[12] Non temiamo di intraprendere, con fiducia in Dio e tanto coraggio, «una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione. La riforma delle strutture, che esige la conversione pastorale, si può intendere solo in questo senso: fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di uscita e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia. Come diceva Giovanni Paolo II ai Vescovi dell’Oceania, “ogni rinnovamento nella Chiesa deve avere la missione come suo scopo per non cadere preda di una specie d’introversione ecclesiale”».[13]
La Lettera apostolica Maximum illud aveva esortato, con spirito profetico e franchezza evangelica, a uscire dai confini delle nazioni, per testimoniare la volontà salvifica di Dio attraverso la missione universale della Chiesa. L’approssimarsi del suo centenario sia di stimolo a superare la tentazione ricorrente che si nasconde dietro ad ogni introversione ecclesiale, ad ogni chiusura autoreferenziale nei propri confini sicuri, ad ogni forma di pessimismo pastorale, ad ogni sterile nostalgia del passato, per aprirci invece alla novità gioiosa del Vangelo. Anche in questi nostri tempi, dilaniati dalle tragedie della guerra e insidiati dalla triste volontà di accentuare le differenze e fomentare gli scontri, la Buona Notizia che in Gesù il perdono vince il peccato, la vita sconfigge la morte e l’amore vince il timore sia portata a tutti con rinnovato ardore e infonda fiducia e speranza.
È con questi sentimenti che, accogliendo la proposta della Congregazione per l’Evangelizzazione dei Popoli, indico un Mese missionario straordinario nell’ottobre 2019, al fine di risvegliare maggiormente la consapevolezza della missio ad gentes e di riprendere con nuovo slancio la trasformazione missionaria della vita e della pastorale. Ci si potrà ben disporre ad esso, anche attraverso il mese missionario di ottobre del prossimo anno, affinché tutti i fedeli abbiano veramente a cuore l’annuncio del Vangelo e la conversione delle loro comunità in realtà missionarie ed evangelizzatrici; affinché si accresca l’amore per la missione, che «è una passione per Gesù ma, al tempo stesso, è una passione per il suo popolo».[14]
A Lei, venerato Fratello, al Dicastero che presiede e alle Pontificie Opere Missionarie affido il compito di avviare la preparazione di questo avvenimento, in particolare attraverso un’ampia sensibilizzazione delle Chiese particolari, degli Istituti di vita consacrata e delle Società di vita apostolica, così come delle associazioni, dei movimenti, delle comunità e delle altre realtà ecclesiali. Il Mese missionario straordinario sia occasione di grazia intensa e feconda per promuovere iniziative e intensificare in modo particolare la preghiera – anima di ogni missione – l’annuncio del Vangelo, la riflessione biblica e teologica sulla missione, le opere di carità cristiana e le azioni concrete di collaborazione e di solidarietà tra le Chiese, così che si risvegli e mai ci venga sottratto l’entusiasmo missionario.[15]
Dal Vaticano, 22 ottobre 2017
XXIX Domenica del Tempo Ordinario
Memoria di san Giovanni Paolo II
Giornata Missionaria Mondiale
Francesco
[1] Lettera ai capi dei popoli belligeranti, 1 agosto 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedetto XV, Lett. ap. Maximum illud, 30 novembre 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Decreto sull’attività missionaria della Chiesa Ad gentes, 7 dicembre 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Paolo VI, Esort. ap. Evangelii nuntiandi, 8 dicembre 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decr. Ad gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibid., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Lett. enc. Redemptoris missio, 7 dicembre 1990, 1: AAS 83 (1991), 249.
[10] Ibid., 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] N. 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibid., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibid., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibid., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibid., 80: AAS 105 (2013), 1053.
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To my Venerable Brother
Cardinal Fernando Filoni
Prefect of the Congregation for the Evangelization of Peoples
On 30 November 2019, we will celebrate the hundredth anniversary of the promulgation of the Apostolic Letter Maximum Illud, with which Pope Benedict XV sought to give new impetus to the missionary task of proclaiming the Gospel. In 1919, in the wake of a tragic global conflict that he himself called a “useless slaughter,”[1] the Pope recognized the need for a more evangelical approach to missionary work in the world, so that it would be purified of any colonial overtones and kept far away from the nationalistic and expansionistic aims that had proved so disastrous. “The Church of God is universal; she is not alien to any people,”[2] he wrote, firmly calling for the rejection of any form of particular interest, inasmuch as the proclamation and the love of the Lord Jesus, spread by holiness of one’s life and good works, are the sole purpose of missionary activity. Benedict XV thus laid special emphasis on the missio ad gentes, employing the concepts and language of the time, in an effort to revive, particularly among the clergy, a sense of duty towards the missions.
That duty is a response to Jesus’ perennial command to “go into the whole world and proclaim the Gospel to every creature” (Mk 16:15). Obeying this mandate of the Lord is not an option for the Church: in the words of the Second Vatican Council, it is her “essential task,”[3] for the Church is “missionary by nature.”[4] “Evangelizing is in fact the grace and vocation proper to the Church, her deepest identity; she exists in order to evangelize.”[5] The Council went on to say that, if the Church is to remain faithful to herself and to preach Jesus crucified and risen for all, the living and merciful Saviour, then “prompted by the Holy Spirit, she must walk the same path Christ walked: a path of poverty and obedience, of service and self-sacrifice.”[6] In this way, she will effectively proclaim the Lord, “model of that redeemed humanity, imbued with brotherly love, sincerity and a peaceful spirit, to which all aspire.”[7]
What Pope Benedict XV so greatly desired almost a century ago, and the Council reiterated some fifty years ago, remains timely. Even now, as in the past, “the Church, sent by Christ to reveal and to communicate the love of God to all men and nations, is aware that there still remains an enormous missionary task for her to accomplish.”[8] In this regard, Saint John Paul II noted that “the mission of Christ the Redeemer, which is entrusted to the Church, is still very far from completion,” and indeed, “an overall view of the human race shows that this mission is still only beginning and that we must commit ourselves wholeheartedly to its service.”[9] As a result, in words that I would now draw once more to everyone’s attention, Saint John Paul exhorted the Church to undertake a “renewed missionary commitment”, in the conviction that missionary activity “renews the Church, revitalizes faith and Christian identity, and offers fresh enthusiasm and new incentive. Faith is strengthened when it is given to others! It is in commitment to the Church’s universal mission that the new evangelization of Christian peoples will find inspiration and support.”[10]
In my Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium, drawing from the proceedings of the Thirteenth Ordinary General Assembly of the Synod of Bishops, which met to reflect on the new evangelization for the transmission of the Christian faith, I once more set this urgent summons before the whole Church. There I wrote, “John Paul II asked us to recognize that ‘there must be no lessening of the impetus to preach the Gospel’ to those who are far from Christ, ‘because this is the first task of the Church.’ Indeed, ‘today missionary activity still represents the greatest challenge for the Church’ and ‘the missionary task must remain foremost.’ What would happen if we were to take these words seriously? We would realize that missionary outreach is paradigmatic for all the Church’s activity.”[11]
I am convinced that this challenge remains as urgent as ever. “[It] has a programmatic significance and important consequences. I hope that all communities will devote the necessary effort to advancing along the path of a pastoral and missionary conversion that cannot leave things as they presently are. ‘Mere administration’ can no longer be enough. Throughout the world, let us be ‘permanently in a state of mission.’”[12] Let us not fear to undertake, with trust in God and great courage, “a missionary option capable of transforming everything, so that the Church’s customs, ways of doing things, times and schedules, language and structures can be suitably channeled for the evangelization of today’s world rather than for her self-preservation. The renewal of structures demanded by pastoral conversion can only be understood in this light: as part of an effort to make them more mission-oriented, to make ordinary pastoral activity on every level more inclusive and open, to inspire in pastoral workers a constant desire to go forth and in this way to elicit a positive response from all those whom Jesus summons to friendship with himself. As John Paul II told the Bishops of Oceania, ‘All renewal in the Church must have mission as its goal if it is not to fall prey to a kind of ecclesial introversion.’”[13]
The Apostolic Letter Maximum Illud called for transcending national boundaries and bearing witness, with prophetic spirit and evangelical boldness, to God’s saving will through the Church’s universal mission. May the approaching centenary of that Letter serve as an incentive to combat the recurring temptation lurking beneath every form of ecclesial introversion, self-referential retreat into comfort zones, pastoral pessimism and sterile nostalgia for the past. Instead, may we be open to the joyful newness of the Gospel. In these, our troubled times, rent by the tragedies of war and menaced by the baneful tendency to accentuate differences and to incite conflict, may the Good News that in Jesus forgiveness triumphs over sin, life defeats death and love conquers fear, be proclaimed to the world with renewed fervour, and instil trust and hope in everyone.
In the light of this, accepting the proposal of the Congregation for the Evangelization of Peoples, I hereby call for an Extraordinary Missionary Month to be celebrated in October 2019, with the aim of fostering an increased awareness of the missio ad gentes and taking up again with renewed fervour the missionary transformation of the Church’s life and pastoral activity. The Missionary Month of October 2018 can serve as a good preparation for this celebration by enabling all the faithful to take to heart the proclamation of the Gospel and to help their communities grow in missionary and evangelizing zeal. May the love for the Church’s mission, which is “a passion for Jesus and a passion for his people,”[14] grow ever stronger!
I entrust you, venerable Brother, the Congregation which you head, and the Pontifical Missionary Societies with the work of preparing for this event, especially by raising awareness among the particular Churches, the Institutes of Consecrated Life and Societies of Apostolic Life, and among associations, movements, communities and other ecclesial bodies. May the Extraordinary Missionary Month prove an intense and fruitful occasion of grace, and promote initiatives and above all prayer, the soul of all missionary activity. May it likewise advance the preaching of the Gospel, biblical and theological reflection on the Church’s mission, works of Christian charity, and practical works of cooperation and solidarity between Churches, so that missionary zeal may revive and never be wanting among us.[15]
From the Vatican, 22 October 2017
XXIX Sunday of Ordinary Time
Memorial of Saint John Paul II
World Mission Sunday
Francis
[1] Letter to the Leaders of the Warring Peoples, 1 August 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedict XV, Apostolic Letter Maximum Illud, 30 November 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Decree on the Missionary Activity of the Church Ad Gentes, 7 December 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Paul VI, Apostolic Exhortation Evangelii Nuntiandi, 8 December 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decree Ad Gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibid., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Encyclical Letter Redemptoris Missio, 7 December 1990, 1: AAS 83 (1991), 249.
[10] Ibid., 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] Apostolic Exhortation Evangelii Gaudium 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12]Ibid., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13]Ibid., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14]Ibid., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibid., 80: AAS 105 (2013), 1053.
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ESPAÑOL ---
Al venerable Hermano
Cardenal Fernando FILONI
Prefecto de la Congregación para la Evangelización de los Pueblos
El 30 de noviembre de 2019 se cumplirá el centenario de la promulgación de la Carta apostólica Maximum illud, con la que Benedicto XV quiso dar un nuevo impulso al compromiso misionero de anunciar el Evangelio. Corría el año 1919 cuando el Papa, tras un tremendo conflicto mundial que él mismo definió como una «matanza inútil»[1], comprendió la necesidad de dar una impronta evangélica a la misión en el mundo, para purificarla de cualquier adherencia colonial y apartarla de aquellas miras nacionalistas y expansionistas que causaron tantos desastres. «La Iglesia de Dios es católica y propia de todos los pueblos y naciones»[2], escribió, exhortando también a rechazar cualquier forma de búsqueda de un interés, ya que sólo el anuncio y la caridad del Señor Jesús, que se difunden con la santidad de vida y las buenas obras, son la única razón de la misión. Así, haciendo uso de las herramientas conceptuales y comunicativas de la época, Benedicto XV dio un gran impulso a la missio ad gentes, proponiéndose despertar la conciencia del deber misionero, especialmente entre los sacerdotes.
Esto responde a la perenne invitación de Jesús: «Id al mundo entero y proclamad el Evangelio a toda criatura» (Mc 16,15). Cumplir con este mandato del Señor no es algo secundario para la Iglesia; es una «tarea ineludible», como recordó el Concilio Vaticano II[3], ya que la Iglesia es «misionera por su propia naturaleza»[4]. «Evangelizar constituye, en efecto, la dicha y la vocación propia de la Iglesia, su identidad más profunda. Ella existe para evangelizar»[5]. Para responder a esa identidad y proclamar que Jesús murió en la cruz y resucitó por todos, que es el Salvador viviente y la Misericordia que salva, «la Iglesia —afirma el Concilio— debe caminar, por moción del Espíritu Santo, por el mismo camino que Cristo siguió, es decir, por el camino de la pobreza, de la obediencia, del servicio y de la inmolación de sí mismo»[6], para que pueda transmitir realmente al Señor, «modelo de esta humanidad renovada, llena de amor fraterno, de sinceridad y de espíritu pacífico, a la que todos aspiran»[7].
Este empeño de Benedicto XV, de hace casi cien años, así como todo lo que el Documento conciliar nos enseña desde hace más de cincuenta años, siguen siendo de gran actualidad. Hoy, como entonces, «la Iglesia, enviada por Cristo para manifestar y comunicar la caridad de Dios a todos los hombres y pueblos, sabe que tiene que llevar a cabo todavía una ingente labor misionera»[8]. A este respecto, san Juan Pablo II observó que «la misión de Cristo Redentor, confiada a la Iglesia, está aún lejos de cumplirse», y que «una mirada global a la humanidad demuestra que esta misión se halla todavía en los comienzos y que debemos comprometernos con todas nuestras energías en su servicio»[9]. Por eso él, usando unas palabras que deseo ahora proponer de nuevo a todos, exhortó a la Iglesia a un «renovado compromiso misionero», convencido de que la misión «renueva la Iglesia, refuerza la fe y la identidad cristiana, da nuevo entusiasmo y nuevas motivaciones. ¡La fe se fortalece dándola! La nueva evangelización de los pueblos cristianos hallará inspiración y apoyo en el compromiso por la misión universal»[10].
En la Exhortación apostólica Evangelii gaudium, que recoge los frutos de la XIII Asamblea General Ordinaria del Sínodo de los Obispos, convocada para reflexionar sobre la nueva evangelización para la transmisión de la fe cristiana, quise presentar de nuevo a la Iglesia esta urgente vocación: «Juan Pablo II nos invitó a reconocer que “es necesario mantener viva la solicitud por el anuncio” a los que están alejados de Cristo, “porque esta es la tarea primordial de la Iglesia”. La actividad misionera “representa aún hoy día el mayor desafío para la Iglesia” y “la causa misionera debe ser la primera”. ¿Qué sucedería si nos tomáramos realmente en serio esas palabras? Simplemente reconoceríamos que la salida misionera es el paradigma de toda obra de la Iglesia»[11].
Lo que quería decir entonces me parece que sigue siendo absolutamente urgente: «Tiene un sentido programático y consecuencias importantes. Espero que todas las comunidades procuren poner los medios necesarios para avanzar en el camino de una conversión pastoral y misionera, que no puede dejar las cosas como están. Ya no nos sirve una “simple administración”. Constituyámonos en todas las regiones de la tierra en un “estado permanente de misión”»[12]. Con la confianza en Dios y con mucho ánimo, no tengamos miedo de realizar «una opción misionera capaz de transformarlo todo, para que las costumbres, los estilos, los horarios, el lenguaje y toda estructura eclesial se conviertan en un cauce adecuado para la evangelización del mundo actual más que para la autopreservación. La reforma de estructuras que exige la conversión pastoral solo puede entenderse en este sentido: procurar que todas ellas se vuelvan más misioneras, que la pastoral ordinaria en todas sus instancias sea más expansiva y abierta, que coloque a los agentes pastorales en constante actitud de salida y favorezca así la respuesta positiva de todos aquellos a quienes Jesús convoca a su amistad. Como decía Juan Pablo II a los Obispos de Oceanía, “toda renovación en el seno de la Iglesia debe tender a la misión como objetivo para no caer presa de una especie de introversión eclesial”»[13].
La Carta apostólica Maximum illud exhortó, con espíritu profético y franqueza evangélica, a salir de los confines de las naciones para testimoniar la voluntad salvífica de Dios a través de la misión universal de la Iglesia. Que la fecha ya cercana del centenario de esta carta sea un estímulo para superar la tentación recurrente que se esconde en toda clase de introversión eclesial, en la clausura autorreferencial en la seguridad de los propios confines, en toda forma de pesimismo pastoral, en cualquier nostalgia estéril del pasado, para abrirnos en cambio a la gozosa novedad del Evangelio. También en nuestro tiempo, desgarrado por la tragedia de las guerras y acechado por una triste voluntad de acentuar las diferencias y fomentar los conflictos, la Buena Noticia de que en Jesús el perdón vence al pecado, la vida derrota a la muerte y el amor gana al temor, llegue también con ardor renovado a todos y les infunda confianza y esperanza.
Con estos sentimientos, y acogiendo la propuesta de la Congregación para la Evangelización de los Pueblos, convoco un mes misionero extraordinario en octubre de 2019, con el fin de despertar aún más la conciencia misionera de la missio ad gentes y de retomar con un nuevo impulso la transformación misionera de la vida y de la pastoral. Nos podremos disponer para ello, también durante el mes misionero de octubre del próximo año, para que todos los fieles lleven en su corazón el anuncio del Evangelio y la conversión misionera y evangelizadora de las propias comunidades; para que crezca el amor por la misión, que «es una pasión por Jesús, pero, al mismo tiempo, una pasión por su pueblo»[14].
A usted, venerado Hermano, al Dicasterio que preside y a las Pontificias Obras Misioneras confío la tarea de preparar este evento, especialmente a través de una amplia sensibilización de las Iglesias particulares, de los Institutos de vida consagrada y las Sociedades de vida apostólica, así como de las asociaciones, los movimientos, las comunidades y otras realidades eclesiales. Que el mes misionero extraordinario sea un tiempo de gracia intensa y fecunda para promover iniciativas e intensificar de manera especial la oración —alma de toda misión—, el anuncio del Evangelio, la reflexión bíblica y teológica sobre la misión, las obras de caridad cristiana y las acciones concretas de colaboración y de solidaridad entre las Iglesias, de modo que se avive el entusiasmo misionero y nunca nos lo roben[15].
Vaticano, 22 de octubre de 2017
Domingo XXIX del tiempo ordinario
Memoria de san Juan Pablo II
Jornada Misionera Mundial
Francisco
[1] Carta a los jefes de los pueblos beligerantes, 1 agosto 1917: AAS IX (1917), 421-423.
[2] Benedicto XV, Carta ap. Maximum illud, 30 noviembre 1919: AAS 11 (1919), 445.
[3] Decreto Ad gentes, sobre la actividad misionera de la Iglesia, 7 diciembre 1965, 7: AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibíd., 2: AAS 58 (1966), 948.
[5] Pablo VI, Exh. ap. Evangelii nuntiandi, 8 diciembre 1975, 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Decreto Ad gentes, 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibíd., 8: AAS 58 (1966), 956-957.
[8] Ibíd., 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Carta enc. Redemptoris missio, 7 diciembre 1990, 1: AAS 83 (1991), 249.
[10] Ibíd., 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] Francisco, Exh. ap. Evangelii gaudium, N.15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibíd., 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibíd., 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibíd., 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibíd., 80: AAS 105 (2013), 1053.
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Au vénérable Frère
Cardinal Fernando FILONI
Préfet de la Congrégation pour l’Evangélisation des Peuples
Le 30 novembre 2019 aura lieu le centenaire de la promulgation de la Lettre Apostolique Maximum illud, par laquelle Benoît XV a voulu donner un nouvel élan à la responsabilité missionnaire d’annoncer l’Evangile. C’était en 1919, à la fin d’un terrible conflit mondial qu’il a défini lui-même « massacre inutile »[1], que le Pape avait senti la nécessité de requalifier de manière évangélique la mission dans le monde, afin qu’elle soit purifiée de toute collusion avec la colonisation et se tienne loin des visées nationalistes et expansionnistes qui avaient causé tant de désastres. « L’Eglise de Dieu est universelle, nullement étrangère à aucun peuple »[2], a-t-il écrit, en exhortant aussi à refuser toute forme d’intérêt, puisque seule l’annonce et la charité du Seigneur Jésus, diffusées avec la sainteté de la vie et les bonnes œuvres, sont la raison d’être de la mission. Benoît XV a ainsi donné un élan spécial à la missio ad gentes, en s’employant, avec les outils conceptuels et de communication en usage à l’époque, à réveiller, en particulier auprès du clergé, la conscience du devoir missionnaire.
Cela répond à l’invitation permanente de Jésus : « Allez dans le monde entier et proclamez l’Evangile à toute la création » (Mc 16,15). Adhérer à cet ordre du Seigneur n’est pas une option pour l’Eglise : c’est sa « tâche obligatoire », comme l’a rappelé le Concile Vatican II,[3] puisque l’Eglise « par nature, est missionnaire».[4] « Evangéliser est, en effet, la grâce et la vocation propre de l’Eglise, son identité la plus profonde. Elle existe pour évangéliser ».[5] Pour correspondre à une telle identité et proclamer Jésus crucifié et ressuscité pour tous, le Sauveur vivant, la Miséricorde qui sauve, « il est nécessaire – affirme encore le Concile – que l’Eglise, toujours sous la poussée de l’Esprit du Christ, marche par la même voie qu’il a suivie, c’est-à-dire par la voie de la pauvreté, de l’obéissance, du service et de l’immolation de soi jusqu’à la mort »[6], afin qu’elle communique réellement le Seigneur, « modèle de l’humanité rénovée, pénétrée d’amour fraternel, de sincérité, d’esprit pacifique, à laquelle tous aspirent».[7]
Ce qui tenait à cœur à Benoît XV il y a presque cent ans, et que le Document conciliaire nous rappelle depuis plus de cinquante ans reste pleinement actuel. Aujourd’hui comme alors « l’Eglise, envoyée par le Christ pour manifester et communiquer la charité de Dieu à tous les hommes et à toutes les nations, a conscience qu’elle a à faire une œuvre missionnaire énorme ».[8] A ce propos, saint Jean-Paul II a observé que « la mission du Christ Rédempteur, confiée à l'Eglise, est encore bien loin de son achèvement » et qu’« un regard d'ensemble porté sur l'humanité montre que cette mission en est encore à ses débuts et que nous devons nous engager de toutes nos forces à son service ».[9] C’est pourquoi, avec les paroles que je voudrais reproposer à l’attention de tous, il a exhorté l’Eglise à « renouveler son engagement missionnaire », avec la conviction que la mission «renouvelle l'Eglise, renforce la foi et l'identité chrétienne, donne un regain d'enthousiasme et des motivations nouvelles. La foi s'affermit lorsqu'on la donne ! La nouvelle évangélisation des peuples chrétiens trouvera inspiration et soutien dans l'engagement pour la mission universelle ».[10]
Dans l’Exhortation apostolique Evangelii gaudium, recueillant les fruits de la XIIIème Assemblée Générale Ordinaire du Synode des Evêques, qui a été convoquée pour réfléchir sur la nouvelle évangélisation pour la transmission de la foi chrétienne, j’ai voulu présenter de nouveau à toute l’Eglise cette vocation urgente : « Jean-Paul II nous a invités à reconnaître qu’il “est nécessaire de rester tendus vers l’annonce“ à ceux qui sont éloignés du Christ, “car telle est la tâche première de l’Église”. L’activité missionnaire “représente, aujourd’hui encore, le plus grand des défis pour l’Église” et “la cause missionnaire doit avoir la première place”. Que se passerait-il si nous prenions réellement au sérieux ces paroles ? Nous reconnaîtrions simplement que l’action missionnaire est le paradigme de toute tâche de l’Église ».[11]
Ce que je voulais exprimer me paraît encore urgent : « [Cela] a une signification programmatique et des conséquences importantes. J’espère que toutes les communautés feront en sorte de mettre en œuvre les moyens nécessaires pour avancer sur le chemin d’une conversion pastorale et missionnaire, qui ne peut laisser les choses comme elles sont. Ce n’est pas d’une “simple administration” dont nous avons besoin. Constituons-nous dans toutes les régions de la terre en un “état permanent de mission” ».[12] Ne craignons pas d’entreprendre, avec confiance en Dieu et beaucoup de courage, « un choix missionnaire capable de transformer toute chose, afin que les habitudes, les styles, les horaires, le langage et toute structure ecclésiale devienne un canal adéquat pour l’évangélisation du monde actuel, plus que pour l’auto-préservation. La réforme des structures, qui exige la conversion pastorale, ne peut se comprendre qu’en ce sens : faire en sorte qu’elles deviennent toutes plus missionnaires, que la pastorale ordinaire en toutes ses instances soit plus expansive et ouverte, qu’elle mette les agents pastoraux en constante attitude de “sortie” et favorise ainsi la réponse positive de tous ceux auxquels Jésus offre son amitié. Comme le disait Jean-Paul II aux évêques de l’Océanie, “tout renouvellement dans l’Église doit avoir pour but la mission, afin de ne pas tomber dans le risque d’une Église centrée sur elle-même” ».[13]
La Lettre apostolique Maximum illud avait exhorté, avec un sens prophétique et une assurance évangélique, à sortir des frontières des nations, pour témoigner de la volonté salvifique de Dieu à travers la mission universelle de l’Eglise. Que l’approche de son centenaire soit un stimulant pour dépasser la tentation récurrente qui se cache derrière toute introversion ecclésiale, toute fermeture autoréférentielle dans ses propres limites sécuritaires, toute forme de pessimisme pastoral, toute nostalgie stérile du passé, pour s’ouvrir plutôt à la nouveauté joyeuse de l’Evangile. Même en ces temps qui sont les nôtres, déchirés par les tragédies de la guerre et minés par la triste volonté d’accentuer les différences et de fomenter les conflits, que la Bonne Nouvelle qu’en Jésus le pardon est vainqueur du péché, la vie est victorieuse de la mort, de la peur et de l’angoisse, soit portée à tous avec une ardeur renouvelée ainsi qu’une grande confiance et espérance.
C’est avec ces sentiments que, ayant accueilli la proposition de la Congrégation pour l’Evangélisation des Peuples, je décrète un Mois missionnaire extraordinaire en octobre 2019, afin de susciter une plus grande prise de conscience de la missio ad gentes et de reprendre avec un nouvel élan la transformation missionnaire de la vie et de la pastorale. On pourra bien s’y préparer, également à travers le mois missionnaire d’octobre de l’année prochaine, afin que les fidèles aient vraiment à cœur l’annonce de l’Evangile et la conversion de leur communauté en une réalité missionnaire et évangélisatrice ; afin que s’accroisse l’amour pour la mission, qui « est une passion pour Jésus mais, en même temps, une passion pour son peuple ».[14]
A Vous, vénérable Frère, au Dicastère que vous présidez et aux Œuvres Pontificales Missionnaires, je confie la charge de commencer la préparation de cet événement, spécialement à travers une ample sensibilisation des Eglises particulières, des Instituts de vie consacrée et des Sociétés de vie apostolique, ainsi que des associations, des mouvements, des communautés et autres réalités ecclésiales. Que le Mois missionnaire extraordinaire soit une occasion de grâce intense et féconde pour promouvoir des initiatives et intensifier de manière singulière la prière – âme de toute mission –, l’annonce de l’Evangile, la réflexion biblique et théologique sur la mission, les œuvres de charité chrétienne et les actions concrètes de coopération et de solidarité entre les Eglises, afin que se réveille et jamais ne nous soit volé l’enthousiasme missionnaire.[15]
Du Vatican, le 22 octobre 2017
XXIXème Dimanche du Temps Ordinaire
Mémoire de saint Jean-Paul II
Journée Mondiale des Missions
François
[1] Lettre aux Chefs des peuples belligérants, (1er aout 1917) : AAS 9 (1917), 421-423.
[2] BENOIT XV, Lettre apostolique Maximum illud, (30 novembre 1919) : AAS 11 (1919), 445.
[3] Décret sur l’activité missionnaire de l’Eglise Ad gentes, (7 décembre 1965), n. 7 : AAS 58 (1966), 955.
[4] Ibid., 2: AAS 58 (1966), 948 .
[5] PAUL VI, Exhortation apostolique Evangelii nuntiandi, (8 décembre 1975), n. 14: AAS 68 (1976), 13.
[6] Décret Ad gentes, n. 5: AAS 58 (1966), 952.
[7] Ibid., n. 8 : AAS 28 (1966), 956-957.
[8] Ibid., n. 10: AAS 58 (1966), 959.
[9] Lettre encyclique Redemptoris missio, ( 7 décembre 1990), n. 1 : AAS 83 (1991), 249 .
[10] Ibid., n. 2: AAS 83 (1991), 250-251.
[11] N. 15: AAS 105 (2013), 1026.
[12] Ibid., n. 25: AAS 105 (2013), 1030.
[13] Ibid., n. 27: AAS 105 (2013), 1031.
[14] Ibid., n. 268: AAS 105 (2013), 1128.
[15] Ibid., n. 80: AAS 105 (2013), 1053.