Contrastare povertà e disuguaglianza: una donna si guarda intorno
di Victoria Gomez
Mélanie, funzionario statale in pensione, mette in piedi un’azienda di allevamento di polli che si ispira nei principi imprenditoriali al Vangelo ed è inserita nel progetto dell’Economia di Comunione. Produce beni relazionali e profitti per contrastare la povertà in un Paese, il Camerun, con notevoli difficoltà interne ed esterne. Dopo 4 anni di attività 38 famiglie indigenti riescono ad includere proteine animali nella propria alimentazione.
Un Paese, il Camerun, con profonde diversità, ma che, raggiunta la sua indipendenza nel 1960, è riuscito per decenni, seppure con fatica, a mantenere stabilità e pace, espressioni per i camerunesi del bene comune e presupposti per lo sviluppo. Quasi mezzo milione di chilometri quadrati uniscono 23 milioni di abitanti, che parlano più di 200 lingue oltre al francese e all’inglese. Le risorse vengono soprattutto dall’agricoltura (prodotti tropicali), dalla silvicoltura (legno) e da una considerevole presenza di petrolio. Si direbbe una nazione operosa e emergente, eppure, secondo i dati dell’UNICEF, il 46% dei minorenni vive in condizioni di povertà. Per questo tra gli obiettivi primari del Governo c’è l’alfabetizzazione, con un notevole aumento di scuole pubbliche e private e, dal 2010, l’apertura dell’ottava università statale.
Il Paese deve governare anche due grandi sfide: al nordovest e nordest la morsa del gruppo terroristico nigeriano Boko Haram, che negli ultimi due anni ha causato in Camerun 1300 vittime civili, e ad est la guerra civile nella Repubblica Centroafricana con gli oltre 260.000 rifugiati accolti. Dall’ottobre 2016 poi è riemersa l’antica “questione anglofona”: due regioni del Camerun (a nordovest e sudovest) sono anglofone, mentre le altre otto sono francofone. Le prime denunciano, con proteste e manifestazioni, l’emarginazione della loro popolazione da parte del potere centrale francofono.
Un quadro complesso quindi, dove tuttavia la condizione femminile non appare particolarmente tormentata. È frequente che donne indipendenti sostengano il peso della famiglia, ma anche che, poggiando su competenza e preparazione professionale, occupino posti di responsabilità civile al servizio del Paese. Nulla viene loro facilitato da una società dove molto spesso la corruzione determina scelte politiche e economiche e blocca processi virtuosi. Chi agisce per il bene comune si gioca tutto in prima persona e trova come principale alleato la comunità intorno.
È il caso di Mélanie Njonou, 56 anni, sposata, ispettore dei registri finanziari, stipendi e pensioni al Ministero delle Finanze. In pensione da sei anni. Un giorno si guarda intorno e prende coscienza delle necessità della gente intorno, a Yaoundé. La loro povertà e le precarie condizioni sanitarie la spronano ad agire. La sua storia come imprenditrice inizia nel 2011.
Aveva sentito già parlare dell’Economia di Comunione (EdC), una proposta di Chiara Lubich agli imprenditori con cui li spronava a condividere talenti, ricchezza e profitti per agire contro la povertà.
Mélanie, nella comunità camerunese del Movimento dei Focolari della quale fa parte, era stata informata di questo progetto, che poteva apparire un sogno. Non era un’imprenditrice né aveva esperienza né aveva ricevuto formazione in proposito. Avvertiva chiara però la responsabilità, anche come cristiana, di impegnarsi concretamente per migliorare le condizioni della sua gente e per agire in positivo.
Dopo aver partecipato, agli inizi del 2011, ad un convegno a Nairobi, in Kenia, per la prima presentazione pubblica nel continente africano del progetto dell’Economia di Comunione, Mélanie torna nella sua città con un’idea: mettere in piedi un allevamento di polli. Facilitare l’alimentazione con proteine animali ad una popolazione che ne è carente. Era l’ora di provarci, con coraggio. Trova tre collaboratori, anch’essi convinti della idealità del progetto. Predispongono un capannone e comprano alcune centinaia di polli di un giorno di vita. Li allevano e li rivendono dopo 45 giorni. Così per mesi. Le difficoltà si presentano puntuali e con esse i fallimenti e le sfide.
Mélanie racconta: “Agli inizi è stato molto difficile. Occorreva che capissi nella pratica che un’azienda dell’Economia di Comunione è, dal punto di vista produttivo, come tutte le altre. Certo, il confronto con altri imprenditori e la formazione ricevuta mi ha attrezzata e arricchita. Le difficoltà che si sono presentate le abbiamo vissute con lo spirito dell’Economia di Comunione”.
“Ad un certo punto mi sembrava che la strada fosse sbarrata. Tra le molte cose interiorizzate però c’era quella del ‘socio invisibile’. Avevo capito cioè che intraprendere l’avventura di un’azienda EdC esigeva da me vivere il Vangelo, cercare il Regno di Dio, mettermi dalla sua parte. Vivere quelle parole del Vangelo che invitano a rapportarsi con gli operai da Gesù a Gesù; con i clienti, da Gesù a Gesù; con i concorrenti, da Gesù a Gesù. Solo allora il Padre celeste poteva intervenire e aprire un’altra ‘cassa’ al momento opportuno: la sua ‘provvidenza’. Ci abbiamo creduto sul serio”.
“Con i miei collaboratori abbiamo imparato a condividere le difficoltà, ad assumerle insieme, a incoraggiarci a vicenda. Molte volte abbiamo fermato l’attività per chiarire ciò che fra noi creava problemi, rimettendoci poi al lavoro con rinnovata e reciproca fiducia e stima. Intanto da alcune centinaia di polli siamo arrivati a un migliaio, poi a due mila. Oggi stiamo superando i quattro mila. Ma ciò che ci dà gioia è che dopo 4 anni di attività sono 38 le famiglie che abbiamo a nostro carico e che, nella loro indigenza, riescono ad includere proteine animali nella propria alimentazione. Ad ogni vendita che effettuiamo offriamo loro uno o due polli gratuitamente, a seconda di quanti sono i membri della famiglia. Non siamo in perdita, anzi. Il ricavato fino ad oggi ha permesso di migliorare le condizioni strutturali dell’azienda portando l'elettricità nella ditta e facilitando così il nostro lavoro”.
“Una questione di massima importanza nel nostro allevamento è rispettare le norme sanitarie senza imbrogliare. Oggi condividiamo la nostra avventura con una decina di Groupe d'initiative Commune. Siamo competitivi sul mercato con un prodotto di qualità, riconosciuto tale dagli abituali clienti e da quanti via via si avvicinano all’azienda. Con le nostre esperienze sono riuscita a convincere altri che comportarsi in questa maniera vale la pena. Tuttavia la maggiore attuale sofferenza è constatare che i giovani hanno paura di imbarcarsi in un’avventura simile. Ci vorrà perciò tempo e testimonianza”.
“Penso che l’EdC è per noi un’ispirazione forte e una via pratica percorribile: nelle nostre culture originarie, infatti, la “condivisione” esiste già. Ora vogliamo allargare questo capitale di relazioni e trovare nuovi partner. L’EdC è una terapia contro l'individualismo e contro la “cultura dell'avere” che non risparmia nessuno, nemmeno i cristiani. Ho potuto invece sperimentare che lavorare per gli altri è fonte di felicità. Il mio sogno è veder nascere altre aziende dell’EdC in Camerun e in Africa. Con un progetto immediato: costruire un nuovo edificio di allevamento per dare ulteriore lavoro ai poveri che ne sono privi”.