Islam, una religione di Pace
di Ataul Wasih Tariq *
By Noumenon - Own work, CC BY-SA 3.0
Occorre ripartire dagli insegnamenti fondamentali del Sacro Corano, l’autorità principale nella fede islamica, accettato nel profondo da tutti i musulmani del mondo. Se alcuni esseri umani infangano il nome dell’Islam, questo non significa che i musulmani siano bombe a orologeria. Ogni espressione di violenza inizia solo quando un uomo si allontana dalla sua religione e da Dio.
“Islam e la Pace”. Non è facile affrontare in breve un argomento di tale portata. Alla luce dei terribili attentati di Parigi e Bruxelles, di fronte alle immagini orribili delle decapitazioni dei giornalisti davanti alle telecamere, di donne oppresse e maltrattate in Arabia Saudita e in altri paesi arabi ― il tutto nel nome di Allah e dell’Islam, com’è stato ripetutamente evidenziato dai media, ― può sembrare che un intervento di un Imam musulmano sui diritti umani nell’Islam possa, per mancanza di contenuti, essere molto breve.
Come può parlare sulla pace un rappresentante dell’Islam, una religione che è ― come si legge in alcuni mass media occidentali ― “incompatibile con la nostra civiltà”? Una religione che ci fa paura? Una religione che insegna ad uccidere tutti gli “infedeli” ed è in guerra con tutti i valori dell’Occidente?
L’afflusso degli immigrati dal Medio Oriente è una minaccia alla nostra libertà, al nostro modus vivendi, come abbiamo visto di recente con gli attacchi in Europa?
Non siamo veramente noi musulmani le prime vittime dell’Isis? Non sono stati proprio i musulmani in Siria le prime vittime del cosiddetto Califfato per un lungo periodo? Mentre in Europa si viveva tranquillamente il proprio quotidiano, migliaia di siriani, la maggior parte dei quali di fede musulmana, perdevano le loro case, le loro famiglie, la loro pace, la loro stessa vita. Quanti, difatti, hanno preferito rischiare la morte per immigrare e ritrovare un minimo di serenità nei nostri paesi?
Alcuni sono arrivati, altri no, come sintetizza bene la tragica immagine del bambino con la camicia rossa, trovato morto in una spiaggia della Turchia. Uno di migliaia di innocenti che cercano solo di strappare uno tra i primi diritti umani, quello di vivere in libertà e senza paura. Ma per l’irresponsabilità di alcuni giornalisti prevenuti, gli stessi rifugiati sono diventati nuovamente vittime, questa volta della discriminazione. Gettare la colpa sull’altro e sulla religione seguita dal 23% della popolazione mondiale per tutto il male che sta accadendo nel mondo, non sarà utile per vivere in pace e armonia.
Quando ero nella casa di un membro della nostra comunità, mi addolorava vedere un uomo di cinquant’anni piangere perché i suoi colleghi italiani lo qualificano ogni giorno come terrorista, solo perché porta la barba ed è musulmano. Una ragazza musulmana di 17 anni mi ha chiamato dopo gli attacchi di Parigi perché aveva paura di andare a scuola, perché ogni giorno la maestra presentava i quotidiani nazionali con articoli contro l’Islam e ogni giorno veniva etichettata come terrorista dalle sue compagne di classe. Come Imam mi sono impegnato personalmente a rimediare alla comprensione errata di alcuni versetti coranici data dai media italiani ed internazionali.
Credo occorra presentare gli insegnamenti fondamentali del Sacro Corano, l’autorità principale nella fede islamica, accettato nel profondo da tutti i musulmani del mondo.
Se ci sono alcuni esseri umani che infangano il nome dell’Islam, questo non significa che i
musulmani siano bombe a orologeria. Ogni espressione di violenza inizia solo quando un uomo si allontana dalla sua religione e da Dio.
Per prima cosa, vorrei evidenziare che l’Islam, come qualsiasi altra religione teista, vieta ogni forma di terrorismo e insegna all’uomo a controllare la sua rabbia e le sue passioni. Ecco perché non si troverà da nessuna parte, nel Corano, una pur remota istruzione a punire coloro che mancano di rispetto al Profeta dell’Islam. Allah stesso chiamerà tali persone a render conto dei propri comportamenti. In ogni caso, nessun musulmano o gruppo islamico può punire alcuno poiché
solamente le istituzioni preposte possono farlo. L’Islam è una religione di Pace e il Sacro Corano chiarisce che coloro che sono sinceri nella ricerca di compiacere Dio, saranno vettori di pace. Allah (Dio) dice nel Corano:
«Allah guida sulle vie della pace quelli che tendono al Suo compiacimento» (Cap. 5: 16)
Ma quali sono i diversi percorsi di pace fondamentali che il Corano ci insegna? Per ragioni di tempo non riuscirò a toccare tutti gli articoli dei diritti umani menzionati nel Sacro Corano, ho dunque scelto solo quelli che mi sembrano di maggiore interesse, anche a fronte degli eventi contemporanei.
L’elemento fondamentale: Siamo tutti uguali, riguardo ai diritti umani, non esistono differenze di genere, nazionalità, colore della pelle o religione
Dio afferma, nel Sacro Corano:
«Uomini, temete il vostro Signore che vi ha creati da un solo essere e da esso ha creato la sposa sua, e da loro ha tratto molti uomini e donne. E temete Allah, in nome del Quale rivolgete l’un l’altro le vostre richieste e rispettate i legami di sangue. Invero Allah veglia su di voi». (Cap. 4:1)
Questo verso sarebbe interessante anche per gli scienziati, perché l’Islam rifiuta l’idea che la donna sia stata creata da una costola di Adamo, sostenendo piuttosto che una cellula originaria sia stata divisa in due: maschio e femmina e, da lì, la progenie si sia evoluta. Il Profeta Muhammad ha scelto proprio questo verso da recitare nel corso delle nozze islamiche, per ricordare agli uomini che, in origine, le femmine sono state create indipendentemente dai maschi. Sia le une che gli altri hanno una propria, autonoma, identità.
Questo verso indica anche una certa fraternità fra l’umanità, perché africani, europei o asiatici, tutti siamo stati creati per volontà di Dio.
Dio chiarisce anche che la nobiltà non dipende dal sesso o dalla nazionalità ma dalla pietà. Così, tante donne hanno superato gli uomini.
«O uomini, vi abbiamo creato da un maschio e da una femmina e abbiamo fatto di voi popoli e tribù, affinché vi conosceste a vicenda. Presso Allah, il più nobile di voi è colui che più Lo teme. In verità, Allah è sapiente, ben informato». (49:13)
Una donna particolare, non solo menzionata nel Sacro Corano ma cui è stato dedicato un intero capitolo, è Maryam, Maria, madre di Gesù. Lei, dice il Sacro Corano, per il suo alto livello di pietà e purezza, è portata ad esempio per tutti i fedeli, donne o uomini che siano.
«Allah ha proposto ai credenti l’esempio della moglie del Faraone, quando invocò: “Signore, costruiscimi vicino a Te una casa nel Giardino. Salvami dal Faraone e dalle opere sue. Salvami dagli ingiusti”.
E di Maria, figlia di Imrân, che conservò la sua verginità; insufflammo in lei del Nostro Spirito. Attestò la veridicità delle Parole del suo Signore e dei Suoi Libri e fu una delle devote». (66:11-12)
A fronte dell’esempio di Maria e della sua purezza, le donne musulmane vivono una vita pura e modesta che si esprime anche con la pratica del coprire i propri capelli, al pari di Maria.
Secondo elemento: la libertà di parola, coscienza e religione
Il Sacro Corano è chiaro: in arabo la parola è “Nafsin-Wahidatin” – un solo essere.
«Non c’è costrizione nella religione».[...] (Cap. 2: 256)
In Arabo sono quattro parole, non si può realmente “mal-interpretare”. Questo verso della seconda Sura del Sacro Corano è chiaro: quando si tratta di scelte religiose non è permesso costringere qualcun altro a credere ciò che non senta e non voglia. Così la libertà di parola, di pensiero, di religione è stata protetta più di 1400 anni fa all’interno dello stesso Sacro Corano. Consideriamo che la Dichiarazione Universale dei Diritti Umani (DUDU) viene adottata dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite il 10 dicembre 1948.
Di conseguenza, i cosiddetti musulmani in Siria, Mali, Nigeria ecc. non “mal- interpretano” il verso cui abbiamo appena accennato, perché non se ne può trovare un’altra interpretazione. Piuttosto, in malafede, lo ignorano quando predicano ai loro soldati di uccidere i fedeli di altre religioni.
L’Islam non solo predica la tolleranza delle altre religioni, ordina anche il rispetto per tutti i profeti e tutti i santi dicendo: «Il Messaggero crede in quello che è stato fatto scendere su di lui dal suo Signore, come del resto i credenti: tutti credono in Allah, nei Suoi Angeli, nei Suoi Libri e nei Suoi Messaggeri. “Non facciamo differenza alcuna tra i Suoi Messaggeri.” E dicono: “Abbiamo ascoltato e obbediamo. Perdono, Signore! E’ a Te che tutto ritorna”». (2:285)
Questo significa che un musulmano veramente tale non potrebbe mai provare rancore verso nessuno: ebreo, cristiano, indù o buddhista che sia. Perché Gesù è anche il suo Profeta, ama anche lui, Mosè è anche il suo Profeta, ama anche lui, Abramo è anche il suo Profeta, ama anche lui, Krishna è anche il suo Profeta, ama anche lui e Buddha è anche il suo Profeta, ama anche lui e non gli è permesso, in ottemperanza ai suoi insegnamenti, scegliere chi rispettare e chi no.
Inoltre, secondo il Sacro Corano, Dio ha mandato ad ogni nazione un Messaggero:
«Ti abbiamo inviato con la Verità, nunzio ed ammonitore, e non c’è comunità in cui non sia venuto un ammonitore». (35:24) Questo significa che, da musulmano, devo rispettare anche le religioni più antiche, come il Taoismo o lo Shintoismo, perché la Misericordia di Dio non si limita ai soli popoli del nostro emisfero.
Tuttavia, il diritto alla libertà di religione, coscienza e parola, secondo il Sacro Corano, è limitato quando si feriscono i sentimenti religiosi di altri, tenendo sempre a mente che qualsiasi uomo considera la propria religione la migliore.
«Non insultate coloro che essi invocano all’infuori di Allah, ché non insultino Allah per ostilità e ignoranza. Abbiamo reso belle [agli occhi di ogni comunità] le loro proprie azioni. Ritorneranno poi verso il loro Signore ed Egli li renderà edotti sul loro comportamento». (6: 108)
Una volta, uno dei Compagni del Santo Profeta confrontava lo status di Muhammad con quello di Mosè. Un ebreo disse che Mosè era un Profeta superiore a Muhammad. Il musulmano si arrabbiò e schiaffeggiò l’ebreo. L’ebreo arrivò di corsa dal Profeta Muhammad e si lamentò del musulmano. Il Profeta si arrabbiò col musulmano e gli disse: «Non mettetemi al di sopra di Mosè (per non ferire i sentimenti degli ebrei)».
I luoghi santi e di culto non devono essere solo rispettati ma anche protetti.
«A coloro che sono stati aggrediti è data l’autorizzazione [di difendersi], perché certamente sono stati oppressi e, in verità, Allah ha la potenza di soccorrerli; a coloro che senza colpa sono stati scacciati dalle loro case, solo perché dicevano: “Allah è il nostro Signore”. Se Allah non respingesse gli uni per mezzo degli altri, sarebbero ora distrutti monasteri e chiese, sinagoghe e moschee nei quali il Nome di Allah è spesso menzionato. Allah verrà in aiuto di coloro che sostengono [la Sua religione]. In verità, Allah è Forte e Possente». (22:39-40)
Secondo questo verso, è un dovere non solo accettare i luoghi di culto delle altre religioni ma anche proteggerne la santità.
Il primo dei due versi appena citati è quello che è stato rivelato al Santo Profeta per difendersi, rappresenta anche una risposta a chi dice che – Dio non voglia – Muhammad era un profeta molto violento.
Studiando la storia dell’Islam, troviamo che il livello di umiltà, pazienza, tolleranza e perdono del Profeta e dei suoi seguaci era così alto da trovare difficilmente un esempio simile nella storia di altre nazioni. Alludo ai tredici anni di persecuzioni molto violente, a
partire dall’inizio della predicazione di Muhammad (La pace sia su di lui), nel 610 d.C. Nel corso di esse, madri musulmane sono state uccise davanti agli occhi dei figli, ragazzi sono stati torturati davanti agli occhi dei genitori eppure il Santo Profeta aveva vietato qualunque forma di vendetta. In quegli anni, né il Profeta, né alcuno dei suoi seguaci hanno mai alzato la spada o la mano per fermare gli oppressori predicando sempre il perdono. Quando questi hanno superato ogni limite di tollerabilità, il Santo Profeta ha permesso ai musulmani di emigrare a Medina (622 d.C.) dove sono stati seguiti, dopo meno di due anni, da un esercito di mille uomini intenzionato ad annientarli. In questo preciso momento storico è stato rivelato il verso che ho citato che spiega come i musulmani non abbiano alzato la spada per diffondere l’Islam ma per difendere il diritto alla libertà di pensiero.
Si noti come Allah ha messo le moschee al quarto posto, dopo i templi, le chiese, e le sinagoghe. È la prova storica che l’Islam e il suo Profeta non hanno mai avviato le ostilità è che tutte le battaglie sono avvenute nelle vicinanze di Medina, la città del Profeta e, dunque, che sono sempre stati gli oppositori meccani, dotati di eserciti più numerosi ed attrezzati, ad attaccare i musulmani.
Quando il trattato di pace, proposto insistentemente da lui stesso, sottoscritto dai meccani fu presto violato dai Meccani, attaccando una tribù alleata dei musulmani. Costretto dagli eventi, per la prima volta, Muhammad mosse verso la Mecca, al seguito di un esercito numeroso.
Vi entrò, però, pacificamente, perdonando gli oppressori, coloro che nell’arco di ventun anni avevano ucciso migliaia di musulmani innocenti, fra i quali membri della sua famiglia.
Muhammad, dunque, pur avendo tutto il potere e tutte le ragioni per vendicarsi, in quella circostanza entrava alla Mecca dicendo: «Oggi, nessuna colpa sarà su di voi».
È veramente un peccato che invece di celebrare Muhammad come campione di tolleranza, perdono e pace, ci siano terroristi che, nel suo nome, fanno le cose più ignominiose.
L’Islam ci insegna che i seguaci di tutte le religioni devono collaborare tra di loro per i buoni progetti relativi al servizio dell'umanità e devono sostenersi a vicenda.
«... Aiutatevi l'un l'altro in carità e pietà e non sostenetevi nel peccato e nella trasgressione... » (5:2)
Questo verso sta a significare che se ci sono cristiani, ebrei o anche atei al lavoro su progetti di promozione di pace e armonia, è bene collaborare con loro, più con loro che con sedicenti musulmani che non fanno altro che creare disordine e terrore. Il valore di un vero musulmano, stando agli insegnamenti del Corano, risiede nel buon lavoro, non nell’etichetta religiosa. Questo è lo spirito con cui la nostra comunità, assieme a molte sinagoghe, chiese e templi, ha avviato la campagna “Muslims for Life”, nel corso della quale oltre 30.000 vite sono state salvate attraverso donazioni di sangue in tutti gli Stati Uniti. 30.000 vite sono dieci volte il numero di quelle che sono state perse nel corso dei tragici eventi dell’undici settembre. E’ emozionante vedere come il desiderio di fare il bene possa unire persone diverse. Ci sono tanti altri percorsi per la pace che sono menzionati nel Corano e sono necessari per i musulmani: per questo motivo sono necessarie più occasioni di dialogo.
Cristiani, ebrei, atei, musulmani o persone di altre fedi: siamo tutti esseri umani e tutti vogliamo scongiurare una situazione in cui i nostri figli non possano più beneficiare di frutti freschi e acqua pulita oltre che della libertà di acquisire conoscenza; tutte cose che vengono oggi date per scontate. Credo fermamente che la pace possa essere raggiunta, pur a piccoli passi
Non dovremmo mai essere delusi dall’umanità.
Come il grande filosofo Tagore ha detto: Ogni volta che nasce un bambino, questo porta con sé la speranza che Dio non sia ancora deluso dell'uomo.
* nota sull'autore
Imam della Ahmadiyya Muslim Jama'at