Pauline Jaricot e le Pontificie Opere Missionarie
di Agenzia Fides
Un doppio anniversario di profonda rilevanza: nel 1822 la fondazione dell’Opera della Propagazione della Fede e nel 1922 le Opere Missionarie furono elevate a “pontificie”
da Papa Pio XI
La nascita delle Pontificie Opere Missionarie (POM) ha le sue origini dalla Pentecoste dello Spirito che, con i suoi carismi, ha fatto intuire e realizzare Opere per la Missione. Due donne (Pauline Marie Jaricot, Jeanne Bigard), un Vescovo (Charles de Forbin-Janson) e un sacerdote (p. Paolo Manna) divennero i Fondatori carismatici di un grande movimento per la cooperazione missionaria nella Chiesa.
Nella Francia del XIX secolo, la Chiesa, è emersa dalla grave persecuzione della Rivoluzione Francese. Durante il periodo napoleonico (1804-1815), le Missions Etrangères de Paris (MEP) non poterono inviare in Estremo Oriente che due missionari. Fu in queste circostanze che il carisma dello Spirito si pose su una giovane donna di Lione, Pauline Marie Jaricot che, dopo una vita agiata, riscopre l'autenticità della fede in Cristo e vi si dedica con tutta se stessa. Nel 1816 Pauline fa voto di castità e riscopre nella devozione all'Eucaristia e nella riparazione delle offese recate al Sacro Cuore di Gesù le motivazioni per la sua vita. Attorno a lei si radunano le ragazze lavoratrici, provenienti delle fabbriche di famiglia, e formano un'Associazione Spirituale detta delle «Riparatrici».
Nasce così un’azione di gruppo con 10 persone, ognuna delle quali si impegna a trovare altre dieci persone che pregano e donano settimanalmente un soldo per le Missioni. L’idea infiamma i cuori e il progetto si estende a macchia d’olio. Spiega l’Arcivescovo Giampietro Dal Toso, Presidente delle POM: “Pauline Jaricot è figlia di industriali, ma la sua imprenditoria più che nel fatto finanziario si vede nel sistema che ha inventato per l’Opera ossia le decine, le centinaia e le migliaia e questo applicato al Rosario Vivente. La sua imprenditorialità sta nel principio che ha trovato per dare una organizzazione alle Opere che era quello di creare dei gruppi di 10 persone con un responsabile e poi a livello di dieci decine un responsabile di 100 e via dicendo. Una struttura piramidale ma molto radicata. Le Opere nascono da così, come movimento di persone interessate alla missione che pregano e lavorano per la missione, questo è quello lei hai organizzato, qui sta la sua imprenditorialità”.
Le Pontificie Opere Missionarie sono quattro. L’ Opera della Propagazione della Fede, l'Opera della Santa Infanzia e l’Opera di San Pietro Apostolo sono nate in Francia nell’ 800, due delle quali da iniziative di donne appassionate della missione. In particolare Pauline Jaricot, la fondatrice della 1a Opera nel 1822, ha espresso il principio fondamentale: pregare e offrire per l’opera di evangelizzazione della Chiesa. La quarta Opera, la Pontificia Unione Missionaria, nasce invece ad inizio '900.
Il 3 maggio 1922 Papa Pio XI ha attribuito alle Opere la qualifica di “Pontificie”. Così il Papa riconosceva il carisma delle Opere, le faceva sue e le rendeva il suo strumento per appoggiare, con la preghiera e la carità, la missio ad gentes della Chiesa. Attraverso di esse il Papa si prende cura delle tante necessità pastorali delle giovani Chiese. Infatti offrono un costante supporto spirituale e materiale affinché i missionari possano proclamare il Vangelo ed edificare la Chiesa, contribuendo così al bene delle persone in mezzo alle quali svolgono la loro mandato.
Le POM sono a servizio della Chiesa e danno ad ogni battezzato la possibilità di vivere la propria fede condividendola con altri e sperimentandone la dimensione universale. La preghiera, il sacrificio e la carità sono modalità concrete che le POM offrono per vivere una fede missionaria e universale.
L’«Associazione della Propagazione della Fede» ha la sua fondazione ufficiale, il 3 maggio 1822. A conferma del suo spirito missionario e del servizio alla Chiesa universale, il 3 maggio 1922 Pio XI con il Motu Proprio "Romanorum Pontificum", dichiara l’Opera della Propagazione della Fede «Pontificia» (POPF).
Riprende Mons. Dal Toso: “Di Pauline parla oggi a tutti noi la sua ansia evangelizzatrice. Il suo interesse vero era riportare il Vangelo in una Francia che dopo la Rivoluzione francese aveva subìto questa ondata di secolarizzazione. E con questa ansia evangelizzatrice ha sviluppato delle idee molto interessanti che tuttora continuano come l’opera della Propagazione della Fede e poi il Rosario Vivente. L’Opera della propagazione della Fede il cui interesse era di aiutare i missionari lontani ma coinvolgendo i vicini, quindi coinvolgendo francesi in questa opera di evangelizzazione verso i lontani nei paesi di missione attraverso la preghiera e l’offerta e l’offerta anche delle proprie sofferenze. Mi sembra che questo tratto si possa intuire bene quando lei disse che non voleva entrare in convento o non sentiva la vocazione al convento perché il suo monastero era il mondo. Il mondo come un luogo in cui vivere la propria fede cristiana ed in questo senso anche un luogo da evangelizzare e da trasformare”.
Mons. Dal Toso ricorda un episodio della biografia di Pauline Jaricot, l’incontro con Papa Gregorio XVI che la incoraggia nella sua azione e le concede un grande onore per quei tempi facendola camminare davanti a sé contro ogni protocollo, e commenta: “Quello che ha intuito Gregorio XVI di Pauline Jaricot è molto importante perchè non solo gli concesse la precedenza nella processione ma venne anche da lei a Trinità dei Monti quando era malata. Lui aveva intuito che quella era una via molto concreta per rinnovare la fede dei cristiani e nello stesso tempo la cosa importante era lo sguardo missionario perché, come noto, nel XIX secolo era iniziata la colonizzazione, la scoperta dell’Africa e tutto questo a è stato accompagnato da un lavoro di missione verso questi popoli”.
La chiave di comprensione per capire Pauline Jaricot è il suo slancio missionario: Pauline è stata una grande missionaria. L’Opera per la propagazione della fede, e prima ancora i suoi circoli di preghiera per la missione, il Rosario vivente, il suo tentativo di costruire una fabbrica ideale per venire incontro ai bisogni spirituali e promuovere la dignità degli operai dell’epoca, tutto è stato fatto per evangelizzare l’ambiente francese e per sostenere la missione in un periodo di forte scristianizzazione dopo la rivoluzione francese. In sintesi, Pauline voleva coinvolgere nella missione in terre lontane per evangelizzare nelle terre vicine.
Pauline è un seme da cui è nato un grande albero. Non è eccezionale solo per la santità della vita, ma per la grandezza dei frutti della sua opera. Ha messo in moto un vasto e autentico movimento spirituale missionario grazie all’Opera della Propagazione della Fede, che ha avuto una diffusione immediata e capillare, anche perché costruito su un sistema semplice, ma geniale: gruppi di 10 persone, che poi si riunivano in 100 e poi in mille con un responsabile ad ogni livello.
Neppure un anno dopo l’Opera è stata riconosciuta da Pio VII e nel 1825 il re di Francia la prendeva sotto la sua protezione con un dono di 4000 franchi. Se nel 1822 raccoglieva 22.915 franchi, nel 1838 erano già 1.343.000 e due anni dopo 2,5 milioni, di cui il 45% raccolti fuori della Francia. Se il Bollettino dell’Opera nel 1825 vendeva 10.000 esemplari, nel 1830 erano già 40.000, senza contare le traduzioni. Fu a Pauline che si rivolse mons. Forbin-Janson per applicare questo modello alla nascente Opera dell’Infanzia Missionaria. Il contributo delle Opere, che da questa intuizione hanno avuto origine, è stato essenziale per la storia delle missioni nel XIX e nel XX secolo, perché hanno coinvolto la base dei fedeli cattolici e li hanno sensibilizzati alla missione.
Conclude mons. Dal Toso: “Il 3 maggio, ossia il bicentenario della Pontificia Opera della Propagazione della Fede legato alla beatificazione di Pauline Jaricot, è prima di tutto la conferma del suo carisma, il fatto che questo anniversario non è un cosa del passato ma ha anche una prospettiva nel futuro. Tutto questo serve per noi per risvegliare tutto quello che abbiamo vissuto grazie a Pauline Jaricot e portarlo avanti, lei stessa diceva che questo albero avrebbe portato molti frutti e i frutti, 200 anni dopo, continuano ad esserci se pensiamo che la diffusione delle Opere Pontificie è una diffusione mondiale: sono oltre 120 le direzioni nazionali. È un lavoro che si fa a livello locale molto basilare e continua ad operare a favore della Chiesa e della missione”.
Le Pontificie Opere Missionarie oggi gestiscono e distribuiscono il Fondo universale di solidarietà che – alimentato dalle offerte della Giornata missionaria mondiale, la penultima domenica di ottobre – beneficia ogni anno migliaia di diocesi e piccole circoscrizioni ecclesiastiche nelle nazioni più povere, sovvenendo alle loro necessità pastorali e spirituali, alla loro precipua missione evangelizzatrice: questo può significare costruire una cappella, sostenere un convento di suore di clausura, far nascere una radio, contribuire all’istruzione di bambini o alla vita delle famiglie dei catechisti. Ogni Chiesa locale presenta le sue esigenze pastorali e poi, in completa autonomia, gestisce i sussidi per le opere di annunzio del Vangelo, missione, cooperazione, grazia alle donazioni che giungono dalle Chiese nei cinque continenti. Il carisma delle POM, secondo il paradigma dell'universalità e della circolarità, è ben espresso da una frase del beato Paolo Manna, fondatore delle Unione Missioanria: "Tutta la Chiesa per tutto il monso".