La missione ad gentes oggi
di Elena Grazini *
Don Maciej Będziński, Direttore Nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Polonia: "Oggi Internet, la radio, la televisione sono le 'nuove scoperte geografiche', e noi dobbiamo essere lì a seminare il Vangelo".
L’Evangelizzazione in Polonia, le nuove sfide della missio ad gentes, i giovani, il conflitto in Ucraina e l’Anno Giubilare in occasione degli anniversari delle Pontificie Opere Missionarie (POM). Ne abbiamo parato con Don Maciej Będziński, Direttore nazionale delle Pontificie Opere Missionarie in Polonia.
D - Don Będziński, quali ritiene siano le sfide più importanti della “missio ad gentes” oggi?
La missio ad gentes è la prima vocazione della Chiesa di Cristo, come ci ha ricordato con forza san Paolo VI. A maggior ragione ora, dopo la pubblicazione della nuova Costituzione di Papa Francesco sulla riforma della Curia Romana, accettiamo questo compito di evangelizzazione come urgente e prioritario. Restando continuamente in contatto con i missionari e conoscendo i territori di missione, constato che oggi dobbiamo intensificare i nostri sforzi per aiutare la formazione, dovremmo concentrarci fortemente sulla formazione complessiva dei seminaristi e dei catechisti. Voglio dire che i seminari e le scuole per catechisti hanno bisogno di buoni formatori. Per questo nella nostra direzione nazionale delle POM e nell’Università intitolata al Cardinale Wyszyński di Varsavia è nata l’idea di proporre, oltre agli studi teologici per sacerdoti dei paesi africani, anche un corso di formazione. Abbiamo anche preparato un testo ed una raccolta di articoli per aiutare i formatori. Le missioni ad gentes nella storia sono state legate alle scoperte geografiche; oggi Internet, la radio, la televisione sono le “nuove scoperte geografiche”, e noi dobbiamo essere lì, per portare il seme del Vangelo con mezzi ed entusiasmo. E proprio lì che dobbiamo cercare la gente, prima i nostri fratelli battezzati, e poi andare ancora oltre.
D - Come viene percepita la missione nella società odierna dal suo punto di vista? Tra i giovani?
Dico sempre che le persone sono molto sensibili e vogliono aiutare. In Polonia mi stupisce molto il Rosario Vivente, che generalmente si sviluppa nelle comunità di persone anziane. Proprio loro vogliono aiutare le missioni con la preghiera ed il supporto materiale. C’ è anche il grande interesse per il volontariato giovanile missionario ed è viva l’animazione tra i più piccoli. Questo ci da gioia ma, secondo me, ci mostra anche una certa crisi della Chiesa come Istituzione. Un minor numero di giovani ha fiducia nella Chiesa e cerca istituzioni al di fuori della Chiesa, ecco perché ci sono tante fondazioni e associazioni missionarie. D'altra parte, anche le persone legate alla Chiesa ritengono che le proposte ed i progetti delle POM, della Commissione Missionaria o delle comunità religiose missionarie siano una forma più sicura e più affidabile di sostegno per le missioni. Anche se temo che più persone, quando aiutano le missioni, considerino tutto ciò un'opera caritatevole.
D - Evangelizzare le periferie geografiche ed esistenziali, la famosa Chiesa in "uscita" di cui parla papa Francesco. Come vive la Chiesa polacca questo invito del Papa?
Penso che noi consideriamo questo invito in due categorie: “a noi stessi” e “all’esterno”. Oggi ci sono situazioni in cui i genitori chiedono al sacerdote: “come posso raggiungere il cuore di mio figlio?”, “Cosa devo fare perché mi capisca?”. I catechisti della parrocchia o gli educatori della scuola cercano nuovi mezzi e metodi per raccontare e presentare il Vangelo, spaziando dalla musica, dal teatro, dalle assemblee alla lectio divina, alle gare sulla Bibbia o sulla storia di Gesù. È molto difficile cambiare il nostro modo di intendere le cose e mettendoci noi in ricerca delle persone: 10-15 anni fa in Polonia era la gente a cercare i sacerdoti, oggi invece le chiese sono vuote e siamo noi che dobbiamo cercare le persone. In questa dimensione esterna, cioè negli orizzonti «ad gentes», bisogna superare formule antiche e percorsi consolidati. Ciò che era valido dieci anni fa è oggi obsoleto. Mi sembra che nei territori di missione si debba essere “un fratello maggiore nella fede”, cioè chi cammina, ogni tanto inciampa e deve imparare continuamente. Non possiamo essere professori di fede e di evangelizzazione, è meglio essere fratelli e far sentire che la cosa più importante è la famiglia – la famiglia di Dio.
D - Padre Będziński, come Chiesa di Polonia lei sta affrontando l'emergenza ucraina. Può raccontarci come state vivendo questo momento, come lo stanno vivendo le persone in Polonia e quali sono gli sforzi della Chiesa in generale e delle POM in particolare?
Questa è una situazione del tutto nuova. Perché la mia generazione conosce la guerra solo dai libri e dai musei e ora c'è una terribile guerra in corso appena oltre il nostro confine. Io stesso sono stato in Ucraina qualche anno fa e conosco bene i luoghi che sono stati distrutti. È difficile credere che non ci siano più i posti che ho visto e dove andavo a fare una passeggiata o a pregare in chiesa. Adesso in Polonia nelle nostre conversazioni l'argomento principale è la guerra. Ma dall’altra parte c’ è un mare, un oceano, di gente bisognosa d’aiuto. Mi sembra che non ci sia casa religiosa, monastero o seminario dove non risiedano profughi. 2,5 milioni di persone si sono rifugiate in Polonia in 40 giorni, una sfida enorme per il nostro paese. Le case dei nostri vescovi sono diventate case per profughi. Anche tanti alberghi, centri ricreativi, case per ferie, case per esercizi... Non so cosa accadrà dopo perché le persone rifugiate sentono molto la mancanza della loro casa, sono preoccupate per i loro mariti e nonni, hanno nostalgia del loro paese.
Come POM abbiamo ricevuto aiuto dal Regno Unito, dalla Svizzera e dagli Stati Uniti, e lo abbiamo trasferito alle organizzazioni umanitarie. Il personale della nostra direzione nazionale delle POM in Polonia anche personalmente organizza l'aiuto ai rifugiati attraverso il volontariato e l’assistenza finanziaria. Confido che ci vorrà molto tempo. Grazie all'aiuto di amici da tutto il mondo aiuteremo le persone dall'Ucraina. La nostra speranza è nel nome del Signore.
D - Proprio quest’anno le Pontificie Opere Missionarie celebrano una serie di anniversari. Quale lo spirito sta animando e ha animato le tante iniziative in corso per l’occasione?
Gli eventi legati all'anno giubilare ci devono ispirare e risvegliare, nello spirito del messaggio che il segretario generale della Pontificia Opera della Propagazione della Fede, padre Tadeusz J. Nowak, OMI, ci ha lasciato nel settembre 2021, quando è stato nostro ospite di uno degli incontri nazionali delle POM in Polonia. Dobbiamo tornare al carisma fondativo pensato dalla Serva di Dio Paulina Jaricot, fondatrice della Pontificia Opera della Propagazione della Fede. Vogliamo raggiungere direttamente i battezzati attraverso pubblicazioni, social media e televisione. Le persone chiave per la riuscita di questo sono i nostri animatori più vicini, i direttori diocesani e in primo luogo noi stessi nella direzione nazionale. Vogliamo che tutti gli eventi che ci attendono siano fortemente segnati dalla dimensione pontificia, perché senza di essa non potremmo realizzare quello che gli statuti ci chiedono.
D - Il coinvolgimento della Chiesa Polacca in queste celebrazioni è avvenuto sin dall’inizio con una comunicazione congiunta in merito alle celebrazioni giubilari ed in una Mostra dedicata al coinvolgimento della Chiesa polacca nell’opera di evangelizzazione: secondo lei com’è percepito il tema della missione in Polonia tra la gente? E quale l’apporto concreto della Chiesa alla missio ad gentes?
Senza cadere in esagerazioni posso dire che i polacchi amano le missioni e i missionari. Abbiamo molti santi e beati che hanno vissuto la missione e il martirio e che sono stati elevati all’onore degli altari. Occorre anche ricordare che la Polonia non ha mai avuto colonie straniere e per questo, l'evangelizzazione ad gentes è qui associata unicamente come azione della Chiesa, che per sua natura è inviata fino ai confini del mondo. Quando io stesso vado in vari luoghi per animazioni o incontri, vedo grande simpatia e interesse tra i parrocchiani su questo tema. Sono anche molto generosi nelle donazioni per le missioni, ovviamente bisogna tenere conto del fatto che la Polonia, seppur in crescita economica, non è anche ancora al livello di altri paesi. Cinquant’anni anni di comunismo hanno fermato certi processi di sviluppo e di arricchimento della società che solo ora sono ripresi con forza. Nel paese cresce la voglia di ascoltare le testimonianze dei missionari, sostenerli con la preghiera e viene apprezzata sempre di più la presenza di sacerdoti studenti africani in Polonia. Stiamo imparando ad essere Chiesa universale e non solo una Chiesa dell'Europa centrale. Un contributo notevole alla missione ad gentes viene dato da oltre da 2,5 milioni di persone dei gruppi di preghiera del Rosario Vivente che sostengono l'evangelizzazione spirituale e materiale. La nostra gioia è data dai circa 1.800 missionari polacchi sparsi in 99 paesi del mondo nei 5 continenti, dalle migliaia di bambini dei gruppi missionari locali. Prima della pandemia oltre 15.000 di essi erano impegnati nel contesto delle celebrazioni natalizie a portare la buona novella e a raccogliere fondi per i loro coetanei. Quest'anno abbiamo donato 1,2 milioni di dollari per i progetti missionari.
D - Qual è il suo sogno in termini di evangelizzazione?
Dio nella preghiera a volte realizza i sogni più belli. Per questo sogno nuove opportunità che si presenteranno dopo la pandemia. Mi manca una Chiesa missionaria e orientata all'evangelizzazione non solo nelle domeniche missionarie. Sogno gli stessi desideri che aveva la Serva di Dio Paulina Jaricot, affinché il Vangelo di Gesù raggiunga la periferia del mondo.
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Agenzia Fides