In missione in Europa, per una Chiesa davvero universale
di Fra Dinh Anh Nhue Nguyen OFM Conv *
Conversazione con padre Samuele Lando, missionario italiano che svolge servizio pastorale in Danimarca
Buongiorno, padre Samuele. Lei è un sacerdote italiano, ma vive e lavora da tantissimi anni in Danimarca, in un ambiente dove paradossalmente si conosce poco della fede cattolica e la si vive ancora di meno. Un caso particolare della missione del Terzo Millennio, quando i territori della missione possono essere di fatto anche in Europa, continente dell’antica tradizione cristiana. Per cominciare, per favore, può presentarsi?
[R] MI chiamo Samuele Lando, sono nato il 17 dicembre 1978 a Savigliano in provincia di Cuneo. Entrambi i miei genitori facevano parte del Cammino neocatecumenale, quando si sono conosciuti. Ho partecipato alle catechesi (del Cammino) e sono entrato in comunità quando avevo 12 anni. Ho una sorella e sei fratelli. Mio fratello Matteo è parroco dell’isola di Gerba, in Tunisia. Io sono il primogenito. Di fatto mi chiamo Samuele perché i miei genitori mi hanno offerto a Dio. Mia mamma aveva già perso un bambino prima della nascita ed erano molto preoccupati. Qualcuno aveva anche consigliato a mia madre di abortire. Invece mio padre corse in chiesa e mi offrì al Signore, come Anna nel libro di Samuele.
[D] Lei sapeva questa storia da bambino?
[R] Io non sapevo nulla, ma quando nel maggio del ‘95 (avevo 16 anni) partecipai a un incontro vocazionale in preparazione alla giornata mondiale della gioventù a Loreto, il Signore mi ha chiamato. Eravamo migliaia di giovani al Palaeur di Roma e ricordo le parole di Carmen (iniziatrice del Cammino Neocatecumenale con Kiko Arguello) che diceva: “Se dubiti che Dio ti chiama aspetta, ma se Dio ti chiama e hai paura, non avere paura!”. Io avevo paura, e mi “sono alzato”, cioè ho detto di si al Signore che mi chiamava. Tornato a casa i miei genitori erano contentissimi, e lì ho saputo che mi avevano offerto al Signore.
[D] E poi?
[R] Ho fatto la scuola statale d’arte. Durante la maturità mi è stato offerto un lavoro molto buono e c’era una ragazza che “mi guardava con interesse”. In questo fatto ho visto la conferma che il Signore non mi toglieva nulla, e mi lasciava totalmente libero di seguirlo o no. Nel settembre del ‘97 sono stato mandato a sorteggio al seminario Redemptoris Mater di Copenaghen. Sono Stato ordinato presbitero il 26 aprile 2008.
[D] Tredici anni fa quindi. Dall’ordinazione Lei ha svolto la sua missione in varie parrocchie in Danimarca, seguendo nel frattempo anche i vari gruppi di fedeli immigranti, come quelli Vietnamiti, in varie zone non necessariamente della parrocchia. E attualmente?
[R] Attualmente sono parroco in Danimarca, nella chiesa di San Canuto Lavard, che si trova nella città di Kongens Lyngby, a nord di Copenaghen, e facente parte della “Grande Copenaghen”, ovvero il territorio che comprende tutti i comuni limitrofi a Copenaghen.
Il territorio della mia parrocchia comprende più o meno cinque comuni, il che vuol dire circa 200.000 abitanti, di cui 2600 cattolici (In Danimarca ci sono circa 5.800.000 abitanti di cui 50.960 cattolici). Vicino alla chiesa c’è una scuola elementare cattolica, che conta 220 allievi, di cui una sessantina cattolici. Nel territorio parrocchiale ci sono anche due conventi di suore, benedettine e del Preziosissimo Sangue, due monaci benedettini anziani, che vivono presso le suore benedettine, il seminario diocesano Redemptoris Mater, dove sono stato formato, e la chiesa dove si riunisce la comunità caldea.
[D] Come va la vita della parrocchia?
[R] Tra sabato e domenica celebro tre messe domenicali, di cui una in lingua inglese, dove in tutto partecipano tra le 200 e le 250 persone. Oltre che dalla Danimarca, i parrocchiani vengono praticamente da tutto il mondo: Vietnam, Giappone, Filippine, India, Sri Lanka, Malesia, Nigeria, Burundi, Somalia, Iraq, Libano, Polonia, Spagna, Italia, Inghilterra, Norvegia, Lituania, Brasile, Colombia, Messico, Equador, Stati Uniti, ecc. Posso dire che la mia chiesa è cattolica.
[D] Cioè universale: Lei si incontra e lavora là quasi con il mondo intero. Ma fa questa bellissima missione da solo?
[R] In parrocchia sono l’unico prete, ma non sono da solo. Grazie a Dio ho come aiuto un seminarista dal mio stesso seminario, Livio, anche lui piemontese, che ha finito gli studi e si sta preparando al diaconato. Penso che stare in parrocchia da solo sarebbe impossibile. Vivere assieme non è sempre facile, ma ha i suoi vantaggi. Gesù stesso dice che dove sono due o tre riuniti nel Suo nome, Lui è lì presente. Con Lui tutto è possibile. Ogni giorno preghiamo e mangiamo assieme; chi ha più tempo prepara da mangiare. Poi ci sono tutti i lavori quotidiani, mettere in ordine, pulire, stirare, curare il giardino, “piccole” riparazioni della chiesa. Ovviamente da non dimenticare la cura pastorale, visitare gli anziani nelle case di riposo e gli ammalati, visitare le famiglie, preparazioni per il battesimo e i matrimoni, attendere le persone che vogliono confessarsi o convertirsi al cattolicesimo. In due ci si aiuta a vicenda ed è un po’ come vivere in un piccolo convento.
[D] Come procede la missione e vita di fede durante il tempo della pandemia?
[R] Quando cominciò seriamente la pandemia, a marzo del 2020, ero parroco da poco più di sei mesi a Ringsted, in una piccola chiesa al centro dello Sjælland, l’isola su cui si trova Copenaghen. L’anno precedente il Vescovo mi aveva concesso un anno sabbatico e mi ero reso disponibile per evangelizzare con un gruppo di catechisti responsabili della zona di Caserta in Campania. Tornato in Danimarca, abitavo a Roskilde, a mezz’ora di macchina a nord di Ringsted, in modo da non stare solo e abitare con un altro prete, e facevo anche servizio come viceparroco a Nestved, a mezz’ora di macchina a sud di Ringsted, dove aiutavo il parroco ormai anziano. Ricordo che abbiamo dovuto chiudere la chiesa e improvvisamente non era più possibile né riunirsi né andare a trovare le persone. Normalmente andavo anche in Svezia una o due volte la settimana per celebrare con la mia comunità neocatecumenale. Avevamo anche in progetto di cominciare le catechesi per adulti nella parrocchia di Vår Fralsare (Nostro Salvatore) a Malmo. Tutto cancellato e annullato.
Aiutato da alcuni parrocchiani, prendendo un po’ ispirazione dal Cardinal Van Tuan quando era in prigione, cominciai allora a scrivere ogni giorno un’omelia al vangelo della messa del giorno, che poi veniva messo sulla pagina web della parrocchia, in modo da non perdere totalmente il contatto tra di noi. Per chi volesse seguire la messa, dalla Cattedrale di Copenaghen veniva trasmessa la messa ogni domenica.
[D] Belle iniziative per evangelizzare anche in mezzo ad una situazione straordinaria. Quale era, secondo Lei, la difficoltà più grande che avevate sperimentato allora?
[R] La difficoltà più grande fu la totale precarietà nell’incertezza di non sapere quanto tempo sarebbe durato il lockdown. Potevo ovviamente chiamare le persone al telefono e comunicare via mail, ma è stata una grande sofferenza non poter celebrare la Pasqua in parrocchia. Il consiglio parrocchiale però ebbe l’idea di rinnovare la chiesa, dal momento che comunque dovevamo tenerla chiusa. Io non avevo voglia di mettermi in questa impresa, però mi sembrava bella l’idea di fare una sorpresa ai parrocchiani, e infondergli coraggio, mostrandogli la chiesa rinnovata come prova che sempre Dio trae il bene dal male.
[D] E' una impresa costosa... I fondi per questo ce li avevate?
[R] Non c’era denaro, ma quando è volontà di Dio, Dio provvede. Le suore di San Giuseppe, che purtroppo erano rimaste in due e l’anno precedente avevano dovuto lasciare la loro casa di Ringsted traslocando a Copenaghen, diedero un regalo alla parrocchia. Con questi soldi abbiamo poi potuto far partire una raccolta tra i parrocchiani. Tutti sono stati generosissimi e così, con poche persone, rispettando tutte le restrizioni e mantenendo le distanze, abbiamo lavorato per un paio di mesi rinnovando (materialmente) la chiesa. Verso l’estate, quando fu possibile riaprire, veramente abbiamo fatto Pasqua! Per me è stata una gioia grande vedere che tutti erano tornati e il Signore aveva provveduto che nessuno si perdesse.
[D] Lei adesso si trova in un’altra chiesa...un nuovo inizio?
[R] Ad agosto 2020 il vescovo mi nominò parroco a Kongens Lyngby. Non è stato facile partire e cominciare di nuovo, ma mi consola ogni giorno il pensiero che sono dove il Signore mi ha messo. Lui provvederà. Nella nuova parrocchia il colpo più duro fu il giorno prima di Natale, quando i “sacrestani” della chiesa protestante fecero una raccolta firme per chiudere le chiese, lamentandosi del rischio che correvano di rimanere contagiati. Improvvisamente, praticamente nella notte, ricevemmo un comunicato che imponeva la restrizione di ridurre tutte le celebrazioni a mezz’ora, limitare il numero di fedeli e il divieto di cantare. Praticamente non ci si poteva più riunire nei locali parrocchiali. Così siamo andati avanti per molto tempo fino a dopo Pasqua. Anche la “veglia Pasquale” abbiamo dovuto celebrarla in mezz’ora.
Nonostante tutto ho potuto continuare a confessare. Le messe erano brevi, però potevo dedicare più tempo alla confessione o a incontrare le persone singolarmente, mantenendo le dovute precauzioni. Non potendo più riunire i bambini per fare catechismo, abbiamo anche introdotto una messa solo per i bambini della prima comunione e i loro genitori ogni domenica. Il Signore ci ha benedetto. Pensavo non sarebbe venuto nessuno invece c’erano quasi sempre tutti e potevo così fare catechismo sia ai bambini che ai loro genitori.
[D] Come va la la vita durante l’estate?
[R] Durante l’estate praticamente tutte le restrizioni sono state tolte e poco a poco stiamo tornando alla “normalità”. Pochi parrocchiani si sono ammalati, nessuno in modo grave. Il Signore ci ha protetto. Eleonor, norvegese di quasi cento anni, è stata fedele venendo sempre a messa. Una sua amica però, medico in pensione, a un certo punto, quando la pandemia ha raggiunto il picco più alto, le sconsigliò di venire. Rimanendo a casa cadde e la dovettero portare in un centro di riabilitazione per curarla, ma dopo pochi giorni la riportarono a casa: il virus aveva contagiato gli altri pazienti. Lì ha rischiato di rimanere contagiata. Durante la quarantena andavo allora a trovarla, ovviamente con mascherina, guanti e disinfettante. È stato bello parlare con lei e sentire la sua esperienza di come il Signore la chiamò a diventare cattolica.
[D] Bellissime queste esperienze missionarie con la gente che certamente donano la gioia nel Signore. Vorrei chiedere in conclusione se, di fronte a non poche difficoltà e indifferenze che Lei incontra nella missione, Lei si sente mai scoraggiato: come vede allora il senso di una missione così particolare?
[R] Ogni giorno la tentazione più grande e di abbandonare tutto e andarmene dalla Danimarca. Quindi penso che continuare a evangelizzare in queste terre prima di tutto significhi chiedere ogni giorno al Signore la grazia di non scappare e di non perdere la speranza di fronte all’insuccesso. Qui non succedono grandi miracoli, come forse succedono in altre parti del mondo, ma piccoli segni del grande amore che Dio ha per i popoli scandinavi. Come la donna straniera che dice a Gesù che anche i cani si sfamano delle briciole che cadono dalla tavola dei loro padroni, così il Signore provvede ogni giorno briciole del suo amore in queste terre. Posso stare in missione Danimarca perché il Signore ogni giorno provvede per me queste briciole, che per me sono la mia comunità neocatecumenale di fratelli in Italia e in Svezia, che pregano per me e mi correggono quando c’è bisogno, e gli altri preti del mio seminario, con cui ci ritroviamo ogni settimana per studiare le Scritture, scambiarci le esperienze e mangiare assieme.
Sant’Ansgar (Oscar), primo evangelizzatore in queste terre, non ha avuto molto successo e ha incontrato molte difficoltà. Ma il Signore gli parlava e gli dava coraggio: “Non ti preoccupare, io aggiusterò tutti i tuoi sbagli!”. Sant’Ansgar ha avuto pazienza ed ha continuato la sua missione senza preoccuparsi di avere successo. Penso che il Signore mi chiama a mantenere questa stessa linea!
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Direttore dell'Agenzia Fides