Tra povertà e instabilità, la voce profetica della Chiesa in Congo
di Luca Attanasio
Mons Muyengo Mulombe, Vescovo di Uvira nel Kivu del Sud, parla della grave situazione in cui versa della Repubblica Democratica del Congo versa in sul piano umanitario, sociale e politico
“Si tratti di potenze straniere (Francia, Belgio, USA, o altre), di Paesi confinanti (Uganda, Ruanda, ecc.) o di alcuni leader congolesi, di signori della guerra, multinazionali, ONG, o anche certi effettivi della famosa MONUSCO (la forza di interposizione Onu, ndr), il Congo, sin dalla sua indipendenza, è sempre stato depredato per le sue numerose e ricche risorse naturali, soprattutto minerali, e poi lasciato in povertà e instabilità”. Come illustra all’Agenzia Fides Mons Muyengo Mulombe, Vescovo di Uvira nel Kivu del Sud, la Repubblica Democratica del Congo versa in una grave situazione sul piano umanitario, sociale e politico. La nazione paga un alto prezzo per il semplice motivo di essere ricca, forse la nazione più baciata dalle risorse sulla terra. Le regioni orientali, in particolare, strette tra conflitto aperto con oltre 140 milizie in azione, esodi di massa, caos e disastri ambientali, vivono in un’emergenza costante.
Tra le autorevoli voci a ergersi a difesa della, Mons. Muyengo, così commenta: “La situazione nelle regioni orientali continua a deteriorarsi. Gli ultimi anni sono stati segnati da uccisioni e massacri anche nell'Ituri. Le operazioni di guerra sono portate avanti dall'ADF ugandese (Allied Democratic Forces, un gruppo terroristico di matrice islamica) ma sappiamo che ci sono anche leader politici congolesi coinvolti nella vicenda. Di recente, il presidente Tshisekedi ha dichiarato lo stato di emergenza in Ituri e nel Nord Kivu nominando ufficiali militari a capo di queste due province per un mese di mandato. Per quanto riguarda il Sud Kivu, negli alti e medi altipiani dei territori di Uvira, Fizi e Mwenga – tutti appartenenti alla mia diocesi – la situazione è drammatica: bande armate sia nazionali che straniere (burundesi e ruandesi) che imperversano in tutta l’area. Quasi ogni giorno assistiamo all'infiltrazione di elementi dal Ruanda e dal Burundi, per non parlare di milizie locali, banditi, rapitori, criminalità locale che si dedica alla distruzione di strade e infrastrutture e altri criminali. Per fare solo un esempio: all’inizio di maggio, abbiamo assistito a sette omicidi nella sola città di Uvira e alla risposta feroce della popolazione civile contro alcuni degli assassini. La tensione è alta e la gente si chiede perché lo stato di emergenza riguardi l'Ituri e il Nord Kivu e non il Sud o il Nord Katanga dove avvengono scontri”.
La vita di chi cerca in ogni modo di dare voce a chi non ce l’ha e di difendere la popolazione in permanente allarme, è costantemente in pericolo. Esponenti delle Chiese o uomini e donne di pace, hanno pagato con la vita il loro sforzo di giustizia. Tra questi, è ancora molto viva la testimonianza di Mons. Munzihirwa, Arcivescovo di Bukavo, capoluogo del Sud Kivu, ucciso barbaramente nel 1996 per la sua opera di sostegno a tutti, senza distinzioni di etnia, in tempi di guerra.
“È lo spirito di Munzihirwa che, a livello pastorale, mi sforzo di promuovere nei giovani: lottare contro gli anti-valori includendo in primo luogo la corruzione in tutte le sue forme, i crimini di sangue, il saccheggio delle nostre risorse naturali da parte di nostri uomini al potere e di stranieri, che hanno reso i congolesi una delle popolazioni più povere al mondo. Alcune mie posizioni in relazione proprio a queste situazioni di violenza e di guerre volute da chi ha in mano le redini del mondo possono crearmi gravi problemi, ne sono consapevole. Ultimamente sono stato costretto a ritirare i sacerdoti dagli altipiani a causa dell'insicurezza e non posso più visitare alcune parrocchie o comunità, non per paura personale, ma perché i sacerdoti stessi e gli agenti di sicurezza me lo sconsigliano, mentre, quelli dell'esercito e la polizia me lo proibiscono proprio”
La tradizione dell’impegno sociale e politico delle Chiesa congolese, per il bene comune della nazione, è salda. Il fine è riportare tutto su un piano di giustizia e pace così come il sostegno alla popolazione in gravi difficoltà: “Senza dubbio la Chiesa cattolica e quella protestante rimangono oggi l'unico sostegno del popolo. Attraverso le strutture caritative come la Caritas, credo che la Chiesa sia l'unica istituzione che va dove le persone non vogliono più andare a causa dell'insicurezza. Recentemente alcuni Vescovi, membri dell'Associazione delle Conferenze episcopali di Congo, Ruanda e Burundi (ACEAC) si sono recati in Ituri e nel Nord Kivu per informarsi sulla situazione, parlare alle popolazioni per comprendere appieno la realtà, incontrare leader politici, leader di eserciti regolari e milizie. Nella nostra situazione nel Sud Kivu, soprattutto negli altopiani, organizziamo spesso incontri di pace e riconciliazione, sia con la società civile, sia con le varie comunità coinvolte nei conflitti, a livello di diocesi, nel quadro ecumenico e nel dialogo interreligioso”. Il Vescovo di Uvira nel suo libro “Au pas de tears et de cries”, scrive che “il problema non sono le tribù, ma i leader politici che fanno di queste situazioni le loro fortune”. A livello sociale o umanitario, prosegue “in ciascuno dei nostri incontri (ecumenici, sociali, dialogo interreligioso, messe, ecc.), organizziamo raccolte di denaro, cibo, vestiti, medicine, per venire in aiuto degli sfollati dalle guerre e di altre calamità. Di recente la Nunziatura di Kinshasa mi ha chiamato per informarmi sulla situazione della popolazione di Banyamulenge che, fuggita dagli scontri sugli altipiani, è venuta a trovare asilo nella Piana di Ruzizi, chiedendomi di mettere in piedi un piccolo progetto sui bisogni di base per aiutarli”.
Il 22 febbraio scorso, nei pressi di Goma, l’ambasciatore Attanasio, il carabiniere di scorta Iacovacci e l’autista Milambo, venivano barbaramente uccisi da un gruppo armato di cui non sono ancora state stabilita matrice ed identità. Il drammatico episodio creò scalpore e concentrò l’attenzione della comunità internazionale sulla Repubblica Democratica del Congo, ma poi l’attenzione è gradualmente scemata.
Nota il vescovo: “Questa è la realtà qui, quando c'è un grosso problema come quello dell'Ambasciatore italiano che era, peraltro, un amico, un brav'uomo, un operatore umanitario più che diplomatico, il mondo si sveglia. Poi, passa un po’ di tempo, e il mondo si dimentica, non si ferma per i morti del Congo che perdono valore proprio perché sono in Congo. Non dovremmo fare molto affidamento sulla comunità internazionale in questo tipo di situazione, dovremmo piuttosto fare affidamento su noi stessi, su una leadership nazionale. Guardo con molto interesse al Comitato dei Laici Cattolici (CVX) che ha messo a dura prova quei leader che si erano messi in testa di restare per sempre al potere e richiesto esponenti più responsabili, liberi, preoccupati per l'unità, la pace e lo sviluppo del nostro paese”.
Mons Muyengo Mulombe conlude: “Il grande problema sono gli sponsor delle guerre, le grandi potenze, i vicini, quelli, cioè, che vivono sulle nostre risorse naturali e non permetteranno mai ai congolesi di organizzarsi per scegliere gli uomini giusti a guidare il paese. Come avvenuto per Il nuovo Presidente della Repubblica Tshisekedi (la Chiesa ha sempre sostenuto illegittima la nomina di Tshisekedi alla Presidenza della Repubblica, essendo, secondo il conteggio controllato anche da decine di migliaia di osservatori forniti dalla Chiesa stessa, arrivato dopo l’esponente dell’opposizione Martin Fayulu, ndr). Un uomo può essere in buona fede, di buona volontà, ma il peccato originale di esser stato eletto con frode rimarrà per sempre una macchia”.
In questa fase storica la Chiesa in Congo appoggi l’opera di Denis Mukwege, Premio Nobel per la pace, nel chiedere l'esame del rapporto Mapping per istituire un tribunale internazionale per la Repubblica Democratica del Congo “al fine di giudicare tutti, cittadini e stranieri allo stesso modo, e analizzare massacri, omicidi, uccisioni avvenuti nel paese, vorremmo finalmente vedere buona fede e buona volontà”.