“La visita del Papa in Corea del Nord sarebbe una svolta di pace”
di Paolo Affatato *
Mons. Lazzaro You Heung-sik, primo Vescovo coreano a capo di un Dicastero nella Curia romana, parla delle sue speranze e del suo impegno per la riconciliazione e la riunificazione nella penisola coreana
Daejeon (Agenzia Fides) – E’ il primo Vescovo coreano a capo di un Dicastero nella Curia romana: Lazzaro You Heung-sik, 69 anni, è stato nominato da Papa Francesco Prefetto della Congregazione per il Clero. Ordinato sacerdote per la diocesi di Daejeon, Lazzaro You Heung-sik è diventato coadiutore nella stessa diocesi nel 2003 e due anni dopo ne ha assunto la piena responsabilità. Il nuovo Prefetto è stato a capo del Comitato per la pace della Conferenza Episcopale coreana e si è recato quattro volte nella Corea del Nord. Tenendo ben presente nel cuore la preghiera e la speranza della pace e della riconciliazione nella penisola coreana, alla vigilia della Speciale Giornata di preghiera per la riconciliazione nella penisola coreana, indetta dai Vescovi il 25 giugno, girno in cui si ricorda l'inizio della guerra di Corea (1950-1953), il Presule ha rilasciato la seguente intervista all’Agenzia Fides.
Eccellenza, con quali sentimenti Lei ha accolto la nomina a Prefetto della Congregazione per il Clero?
La nomina per me è stata davvero inaspettata. Quando il Papa mi ha comunicato la sua volontà, nella mia preghiera e riflessione, umanamente ho avvertito una certa inadeguatezza nell’assumere un incarico tanto importante. Tuttavia, mentre continuavo assorto nella pregare, ho percepito che gradualmente nel mio cuore aumentava la voce che l’amore e la misericordia di Dio erano certamente più grandi della mia imperfezione. Mi sono venuti in mente soprattutto Sant’Andrea Kim Taegon e tanti altri Martiri coreani, che sempre dissero “Sì” alla volontà di Dio e della Chiesa senza alcuna esitazione, amando Dio e il prossimo sino alla fine. Dunque, chiedendo la loro intercessione, ho detto con gioia il mio “sì” a Dio attraverso il Santo Padre. Da quel momento, fino alla pubblicazione, ho consegnato, fiducioso dell’amore infinito del Signore, tutto ciò che ho realizzato come sacerdote e vescovo alla misericordia di Dio; ho ringraziato il Signore per “quanto è avvenuto nel rapporto tra Lui e me”. Anche il tempo degli esercizi spirituali incentrati sul “sapersi lasciare andare”, mi ha aiutato a realizzare, alla luce de della fede, quanto il Signore mi stava chiedendo, e credo che tale abbandono alla volontà di Dio e seguirlo ovunque ci chiama, sia il modus vivendi indispensabile per i discepoli di Cristo. Durante quegli esercizi ho sperimentato nella grazia di Dio che la Sua misericordia è molto più grande della mia debolezza. Ora sto incidendo nel mio cuore le parole di Cristo: “Nessuno che ha messo mano all'aratro e poi si volge indietro, è adatto per il regno di Dio” (Lc 9,62), per prepararmi alla nuova missione a cui la Chiesa mi ha chiamato.
La Chiesa universale ha bisogno di sacerdoti e di “santi sacerdoti”: quali saranno i criteri con cui Lei porterà avanti il suo lavoro nella Santa Sede?
Ho studiato a Roma e conosco la situazione dei sacerdoti in Corea e anche in Asia in generale. Ma per conoscere meglio la situazione dei sacerdoti che prestano il loro servizio nel mondo, cercherò, in modo particolare, di fare del mio meglio per pormi in paziente e rispettoso ascolto della loro voce, accogliendo le loro ansie ed i loro desideri. Concordo con il pensiero di tanti fedeli i quali sostengono: “Senza il rinnovamento dei sacerdoti, non c’è rinnovamento della Chiesa”. I santi preti rinnovano la Chiesa, e mostrano il suo volto più bello. Come tutti sappiamo bene, è molto importante formare sacerdoti che sappiano chinarsi sul dolore umano di tanti fratelli, disposti a lavarsi i piedi gli uni gli altri e che vivano l’amore fraterno come il Buon Samaritano, proprio come ha sottolineato il Santo Padre nella sua stupenda Lettera Enciclica “Fratelli Tutti”. Tali buoni sacerdoti non provengono dal nulla: ecco allora la necessità di proseguire in un cammino serio di formazione permanente costante, che li aiuti a vivere serenamente il loro ministero pastorale, affrontare con coraggio le sfide del mondo, e soprattutto riscoprire il valore prezioso dell’amore fraterno che possono sperimentare con i confratelli. È anche per me una vocazione vivere in mezzo ai sacerdoti l’amore fraterno, formando con loro una famiglia sacerdotale. Il celibato sacerdotale, che tutti abbiamo accolto come dono del Padre, non impone di vivere il nostro ministero come orfani, ma sappiamo di essere felicemente inseriti in una grande famiglia, quella appunto sacerdotale, dove si può sperimentare amicizia e comunione. Le parole che sovente Papa Francesco rivolge ai sacerdoti e ai seminaristi, che ascolto molto volentieri, mi hanno sempre rinnovato ed edificato, ricordandomi che il mio compito principale per essere un “bravo Pastore” è fare del mio meglio per sforzarmi a vivere santamente il mio ministero, in comunione con tutti gli altri. Infatti, credo che sia un aspetto importante poter dare la possibilità ai futuri sacerdoti di vivere anche un’esperienza formativa insieme ai religiosi, alle religiose e come pure con i fedeli-laici. La Chiesa è una famiglia, perciò nel nostro cammino in prospettiva sinodale, una tale possibilità potrà certamente garantire futuri sacerdoti maturi e, perché no, anche santi.
Cosa significa il primo Vescovo coreano alla guida di un Dicastero della Curia romana? Quale specifico contributo Lei potrà dare?
Credo che sia la chiamata di tutti i vescovi, successori degli Apostoli, assumersi la responsabilità diretta della Diocesi da un lato e della Chiesa Universale dall’altro. Il Santo Padre, riconoscendo che i Santi Martiri coreani vissero una vita coerente con la loro fede, cioè evangelizzarono vivendo l’amore fraterno, in maniera concreta ed esemplare, in quanto figlio di questa terra benedetta, fecondata dal loro sangue, mi ha chiamato a collaborare da vicino, per diffondere la loro testimonianza di fede eroica nel mondo d’oggi.
Sono cosciente che è un compito arduo e di grande responsabilità coadiuvare il Santo Padre in questo speciale Dicastero, che desidera offrire attenzione e una particolare cura ai sacerdoti, ai diaconi e ai seminaristi del mondo. Confidando nell’aiuto dello Spirito Santo e in comunione profonda con Papa Francesco, sento il profondo desiderio di amarli, servirli ed incoraggiarli; pertanto, farò del mio meglio per vivere come discepolo del Signore, illuminato anzitutto dalla logica del Vangelo, che mi spinge ad essere fratello e amico dei sacerdoti. Mi ha tanto incoraggiato il messaggio di augurio che un amico Vescovo mi ha inviato in questi giorni: “Lazzaro, congratulazioni per la nomina a Prefetto della Congregazione per il Clero. Vorrei solo ricordarti che se ci sarà un prete triste, tu ne sarai responsabile.” La mia speranza è che tutti i sacerdoti vivano con gioia, servendo con zelo il Popolo di Dio, specialmente gli emarginati e i poveri.
Lei spera e pensa sia possibile un viaggio del Papa in Corea del Nord? Pensa di poter dare un contributo in tal senso?
Lo scorso ottobre 2018, quando il Presidente della Repubblica di Corea, Moon Jae-in è stato ricevuto da Papa Francesco in udienza, ha trasmesso al Papa un invito da parte Kim Jong-un, leader della Repubblica Popolare Democratica di Corea, per un possibile viaggio apostolico in quella Nazione. Il Papa rispose allora che era disponibile a visitare la Corea del Nord, nel momento in cui avrebbe ricevuto un invito formale da parte delle autorità di Pyongyang. In quei giorni partecipavo al Sinodo dei Vescovi sul tema dei giovani e, quando ho appreso la notizia di tale disponibilità del Santo Padre, sono rimasto davvero commosso. Da allora prego costantemente che si realizzi la visita del Papa in Corea del Nord. Quasi dieci milioni di coreani vivono in separazione forzata a causa della divisione tra Sud e Nord.
Il confronto che esiste nella Penisola coreana è una delle più grandi sofferenze dell’umanità di oggi. È da notare la zona che si chiama “Zona Demilitarizzata” (DMZ) tra Sud e Nord è ironicamente la zona più militarizzata nel mondo. Sono convinto che un’eventuale visita a Pyongyang possa rappresentare una svolta, che permetterà a noi coreani di dialogare e comprenderci meglio, iniziando dalle piccole cose per finire alle grandi, e magari arrivare alla riunificazione del Sud e del Nord. In concreto, la mediazione del Santo Padre potrebbe essere un'occasione propizia per mettere fine al conflitto, frutto della reciproca sfiducia tra le due parti della Penisola che ormai si prolunga da troppi decenni.
Da parte mia prego e cerco di fare quel che posso, nella speranza di vedere l’apertura almeno di un piccolo spiraglio per potersi comprendere reciprocamente, superando l’attuale situazione di tensione e di opposizione. Umanamente sembra esserci poca speranza, ma poiché Dio è onnipotente, cerco, pregando Lui, di accogliere tutto ciò che può essere utile per la promozione della pace. Nell’assumere la nuova missione nella Chiesa, se potrò dare il mio supporto per il ristabilimento della pace nella Penisola coreana, lo farò ben volentieri.
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ENGLISH VERSION
Daejeon (Agenzia Fides) - He is the first Korean bishop leading a Dicatery in the Roman Curia: Lazarus You Heung-sik, 69, was appointed Prefect of the Congregation for the Clergy by Pope Francis. He was ordained a priest for the diocese of Daejeon, and became coadjutor in the same diocese in 2003 and took full responsibility two years later. The new Prefect was at the head of the Peace Committee of the Korean Bishops' Conference and went to North Korea four times. Keeping in mind prayer and the hope of peace and reconciliation on the Korean peninsula, he gave the following interview to Agenzia Fides.
Your Excellency, with what sentiments did you welcome your appointment as Prefect of the Congregation for the Clergy?
The appointment was really unexpected for me. When the Pope communicated his will to me, in my prayer and reflection, I humanly felt a certain inadequacy in taking on such an important task. However, as I continued praying, I perceived that gradually in my heart the voice increased that God's love and mercy were certainly greater than my imperfection. Above all, Saint Andrew Kim Taegon and many other Korean martyrs came to mind, who always said "Yes" to the will of God and the Church without any hesitation, loving God and one’s neighbor to the end. Therefore, asking for their intercession, I joyfully said my "yes" to God through the Holy Father. From that moment, until the publication, I entrusted, confident in the infinite love of the Lord, all that I have achieved as a priest and bishop to the mercy of God; I thanked the Lord for "what happened in the relationship between him and me". Even the time of the spiritual exercises focused on "knowing how to let go", helped me to realize, in the light of faith, what the Lord was asking of me, and I believe that this abandonment to the will of God and following him wherever he calls us, is the indispensable modus vivendi for Christ's disciples. During those exercises I experienced in God's grace that his mercy is much greater than my weakness. Now I am carving the words of Christ in my heart: "No one who sets a hand to the plow and looks to what was left behind is fit for the kingdom of God" (Lk 9:62), to prepare me for the new mission for which the Church called me.
The universal Church needs priests and "holy priests": what will be the criteria with which you will carry out your work in the Holy See?
I studied in Rome and I know the situation of priests in Korea and also in Asia in general. But in order to better know the situation of the priests who give their service in the world, I will try, in particular, to do my best to listen patiently and respectfully to their voice, welcoming their anxieties and their desires. I agree with the thought of many faithful who argue: "Without the renewal of priests, there is no renewal of the Church". The holy priests renew the Church, and show the most beautiful face of her. As we all know well, it is very important to form priests who know how to bend over the human pain of so many brothers, willing to wash one another's feet and who live fraternal love like the Good Samaritan, just as the Holy Father emphasized in his wonderful Encyclical Letter "Fratelli Tutti". Such good priests do not come out of nowhere: here is the need to continue on a serious path of constant ongoing formation, which helps them to live their pastoral ministry serenely, face the challenges of the world with courage, and above all rediscover the precious value of fraternal love that they can experience with their confreres. It is also a vocation for me to live fraternal love among priests, forming a priestly family with them. Priestly celibacy, which we have all accepted as a gift from the Father, does not require us to live our ministry as orphans, but we know that we are happily integrated into a large family, the priestly one, where one can experience friendship and communion. The words that Pope Francis often addresses to priests and seminarians, whom I listen to willingly, have always renewed and edified me, reminding me that my main task to be a "good Shepherd" and to do my best to strive to live my ministry, in communion with all the others. In fact, I believe that it is an important aspect to be able to give future priests the possibility of also living a formative experience together with men and women religious, as well as with the lay faithful. The Church is a family, therefore in our journey from a synodal perspective, such a possibility will certainly guarantee mature future priests and, why not, also saints.
What does the first Korean Bishop at the head of a Dicastery of the Roman Curia mean? What specific contribution can you make?
I believe it is the call of all bishops, successors of the Apostles, to take direct responsibility for the Diocese on the one hand and for the Universal Church on the other. The Holy Father, recognizing that the Holy Korean Martyrs lived a life consistent with their faith, that is, evangelized by living fraternal love, in a concrete and exemplary way, as a child of this blessed land, fertilized by their blood, called me to collaborate closely, to spread their witness of heroic faith in today's world.
I am aware that it is an arduous and highly responsible task to assist the Holy Father in this special Dicastery, which wishes to offer attention and particular care to the priests, deacons and seminarians of the world. Trusting in the help of the Holy Spirit and in profound communion with Pope Francis, I feel the deep desire to love, serve and encourage them; therefore, I will do my best to live as a disciple of the Lord, enlightened above all by the logic of the Gospel, which prompts me to be a brother and friend of priests. I was so encouraged by the message of good wishes that a Bishop friend sent me in these days: "Lazarus, congratulations on your appointment as Prefect of the Congregation for the Clergy. I would just like to remind you that if there is a sad priest, you will be responsible". My hope is that all priests live with joy, zealously serving the People of God, especially the marginalized and the poor.
Do you hope and think that a trip by the Pope to North Korea is possible? Do you think you can make a contribution in this sense?
Last October 2018, when the President of the Republic of Korea, Moon Jae-in was received by Pope Francis in audience, he sent the Pope an invitation from Kim Jong-un, leader of the Democratic People's Republic of Korea, for a possible apostolic journey to that nation. The Pope then replied that he was available to visit North Korea when he would receive a formal invitation from the Pyongyang authorities. In those days I was participating in the Synod of Bishops on the theme of young people and, when I learned the news of the Holy Father’s availability, I was really moved. Since then, I have constantly prayed for the Pope's visit to North Korea. Nearly ten million Koreans live in forced separation due to the division between South and North.
The confrontation that exists on the Korean Peninsula is one of the greatest sufferings of humanity today. It should be noted that the area which is called the “Demilitarized Zone” (DMZ) between the South and the North is ironically the most militarized zone in the world.
I am convinced that a possible visit to Pyongyang could represent a turning point, which will allow us Koreans to dialogue and understand each other better, starting with small things and ending with big ones, and maybe even reaching the reunification of the South and the North. In concrete terms, the Holy Father's mediation could be a propitious opportunity to put an end to the conflict, the result of the mutual distrust between the two parts of the Peninsula which has been prolonged for too many decades.
For my part, I pray and try to do what I can, in the hope of seeing the opening of at least a small window to be able to understand each other, overcoming the current situation of tension and opposition. Humanly there seems to be little hope, but since God is omnipotent, I try, by praying to Him, to welcome all that can be useful for the promotion of peace. In taking on the new mission in the Church, if I can give my support for the restoration of peace in the Korean Peninsula, I will do so willingly.
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Agenzia Fides