Verso una “nuova economia”: abolire i paradisi fiscali
di Laura Fracasso
L’iniziativa del papa “The Economy of Francesco” genera nuove riflessioni e nuovi percorsi per abolire le disuguaglianze e tracciare sistemi sociali equi ed eticamente sostenibili, soprattutto nelle relazioni tra Nord e Sud del mondo
“L’abolizione dei paradisi fiscali è una priorità assoluta, perché essi rappresentano uno strumento di disuguaglianza in cui a pagare sono sempre i Paesi più deboli. Nel 2013, la banca Credit Suisse ha diffuso un grafico noto come ‘piramide della disuguaglianza’, che mostrava come in quell’anno il 91,7% della popolazione mondiale avesse accesso soltanto al 17% delle ricchezze, mentre lo 0,7% della popolazione accedeva al 41%. Questa immagine, che già appare piuttosto impietosa, in realtà ormai è diventata quasi una rappresentazione benevola, perché dal 2013 ad oggi la sperequazione tra ricchi e poveri, tra chi non paga le tasse e chi ne è vessato, si è persino allargata. E’ quindi evidente quanto sia necessario un patto fiscale: esso implicherebbe la ridistribuzione delle ricchezze e la creazione di un sistema di rimessa in circolo del denaro. Sentiamo sempre dire che mancano le risorse, ma in realtà si calcola che nei paradisi fiscali siano stati nascosti tra i 21mila ai 36mila miliardi di dollari. Una sana politica fiscale, basata su una tassazione progressiva, permetterebbe di rimettere in circolazione tutta questa ricchezza e di utilizzarla per la produzione di beni comuni”. E’ quanto spiega all’Agenzia Fides da Nicoletta Dentico, esperta di cooperazione internazionale e salute globale, offrendo una riflessione sulle strategie e le azioni da compiere per costruire la “nuova economia” promossa dall’iniziativa “Economy of Francesco”.
Nota Dentico: “Quando si parla di paradisi fiscali, non bisogna pensare solo a posti remoti come le Antille o le Isole Cayman. Abbiamo realtà simili anche in Europa, basti pensare a Olanda, Irlanda o alla City di Londra”. Ma, aggiunge, “l’abolizione dei paradisi fiscali deve andare di pari passo con un’altra misura: la regolamentazione dei flussi di capitale. Se queste zone a tassazione agevolata godono di così tanta buona salute e si moltiplicano, infatti, è perché viviamo in un mondo in cui i capitali si muovono liberamente, senza alcun controllo. Questo favorisce fenomeni di shadow-banking, cioè di una industria finanziaria ombra che si nutre di tutto ciò che è non trasparente e che punta soltanto al profitto, accentuando le disparità”.
Il tema dei paradisi fiscali è stato indicato come priorità dai giovani partecipanti all’iniziativa “Economy of Francesco”, i quali hanno chiesto che “vengano immediatamente aboliti i paradisi fiscali in tutto il mondo perché il denaro depositato in un paradiso fiscale è denaro sottratto al nostro presente e al nostro futuro e perché un nuovo patto fiscale sarà la prima risposta al mondo post-Covid”, come si legge nel “Final Statement and Common Commitment”, documento finale redatto dai giovani economisti. All’evento promosso da Papa Francesco, che sta avendo un seguito di riflessione nel 2021, hanno preso parte oltre 2000 giovani economisti, imprenditori da 120 Paesi per sottoscrivere un patto per una nuova economia.
L’impatto negativo di sistemi fiscali poco trasparenti è stato recentemente messo in luce dal rapporto annuale “The State of Tax Justice 2020”, pubblicato lo scorso novembre da “Tax Justice Network” (TJN), rete internazionale indipendente attiva nell’analisi del sistema di tassazione globale e dei paradisi fiscali. L’indagine mostra come il valore annuale delle tasse evase in tutto il mondo e nascoste in Paesi a fiscalità agevolata sia pari a 427 miliardi di dollari. Tale cifra, riporta il documento, è pari al salario di 34 milioni di infermieri: nel report, infatti, la perdita dovuta all’evasione fiscale delle imprese e dei privati su scala mondiale è stata relazionata alle voci di bilancio destinate ai servizi sanitari, attualmente in crisi a causa della pandemia. L’indagine evidenzia, inoltre, che mentre a pagare le conseguenze più pesanti dell’evasione sono i Paesi in via di sviluppo, i maggiori responsabili del 98% delle perdite di tasse a livello globale sono i Paesi ricchi, che ogni anno bruciano una cifra pari a circa 419 miliardi di dollari. In particolare, al primo posto si colloca il territorio britannico delle Cayman che causa 70 miliardi di perdite fiscali l’anno, circa il 16,5% del totale, seguito da Regno Unito (10%), Paesi Bassi (8,5%), Lussemburgo (6,5%) e Stati Uniti (5,5%).
Papa Francesco si è espresso più volte sulla necessità di dar vita ad un sistema fiscale equo: “Una nuova etica presuppone l’essere consapevoli della necessità che tutti si impegnino a lavorare insieme per chiudere i rifugi fiscali, evitare le evasioni e il riciclaggio di denaro che derubano la società, come anche per dire alle nazioni l’importanza di difendere la giustizia e il bene comune al di sopra degli interessi delle imprese e delle multinazionali più potenti”, ha affermato il Pontefice nel messaggio in occasione della settantacinquesima sessione dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite. Un argomento che il Papa aveva affrontato anche nell’enciclica “Laudato si’”, sostenendo che “i poteri economici continuano a giustificare l’attuale sistema mondiale, in cui prevalgono una speculazione e una ricerca della rendita finanziaria che tendono ad ignorare ogni contesto e gli effetti sulla dignità umana e sull’ambiente. Così si manifesta che il degrado ambientale e il degrado umano ed etico sono intimamente connessi”. Tale impegno del Papa ha trovato concretezza nel Motu Proprio “Norme sulla trasparenza, il controllo e la concorrenza dei contratti pubblici della Santa Sede e dello della Città del Vaticano”: tra le altre norme anticorruzione, Papa Francesco ha stabilito l’esclusione di società con sede in paradisi fiscali da eventuali gare d’appalto in territorio vaticano.