Compagna di viaggio, sorella di tutti: Bakhita
di sr. Liliana Ugoletti *
Foto: suore canossiane
Da ogni estremo della terra il fascino e l’interesse per S. Giuseppina Bakhita, nostra Sorella Universale, è in continua crescita. Non ha fatto nulla di straordinario, non un linguaggio intellettuale o lo stile dei poteri forti, eppure molti la cercano e dopo averla conosciuta cambiano vita.
Parlare di Santi, oggi? Eco fuori luogo. Interessi più importanti catalizzano l’attenzione: l’economia, i viaggi esplorativi di nuove culture, consensi e no politici, appuntamenti di successo e non … eppure basta pronunciare il nome di Bakhita, anche alla persona più lontana dai nostri ambienti, e gli occhi si illuminano, l’attenzione si rasserena. Bakhita é la nostra Santa “Moretta”. È la bella ragazza sudanese sbarcata in Italia per uno straordinario percorso che sintetizzo in due semplici parole “storia meravigliosa”. Si, è lei la schiavetta africana che percorre contro corrente la strada della missione. Non ha mai sentito parlare di evangelizzazione o di “nuova evangelizzazione”, ma un’idea decisa le si incide in testa e in cuore: seguire quella sconosciuta figura del Crocifisso messole tra le mani, quando è ormai libera, che stravolge ogni suo nostalgico desiderio di ritorno all’amata terra africana.
Gesù non è semplice artistica icona da contemplare, è per lei l’interprete del “più grande Amore” per l’uomo e la donna di ogni tempo. Se Lui perché non lei? Già conosce le sofferenze di un fisico sottoposto alla tortura, la pressione insopportabile per indebolire la mente, l’annullamento della propria identità. Non dimentica Bakhita la libertà rubata, i tradimenti di vendite a basso costo, non dimentica … diventano semplicemente anelli di una nuova catena che non stringe più né collo né gambe, ma apre alla libertà: “Sono stata in mezzo al fango, ma non mi sono imbrattata”.
Noi viviamo in un tempo accelerato, la tecnologia avanza: ce ne accorgiamo? Ricordiamo? Pensiamo? Facciamo storia? Tutti questi e altri nodi l’analfabeta Bakhita sa come scioglierli. Extra comunitaria in un tempo in cui questa parola non assumeva il sapore di scadente socio-politica, lei sa perché e come accogliere chi chiede aiuto. Trascorre la sua esistenza come missionaria canossiana nella periferia del nord est d’Italia, Schio. È presente con il suo affetto, con le sue parole misurate di incoraggiamento tra quella gente che lavora duro per mantenere con dignità e sano orgoglio la propria famiglia. È a fianco delle mamme in ansia per i figli lontani e in guerra. Prega con loro, consegna alla Madonna ogni sofferenza e non mancano i “fioretti di Bakhita”.
È fine pedagoga, amata e ricercata, dai bimbi della scuola che, innocentemente e con un pizzico di timore, toccano le sue mani nere pensandole al gusto di buon cioccolato. Apostola tra le sue consorelle canossiane con la testimonianza che rende straordinarie le cose più semplici della quotidianità. Missionaria senza la necessità di andare ai confini del mondo, ma il Giovanni Battista attuale, che vive nel deserto della città, e la gente corre da lei, non per chiedere chissà quale grande cosa, ma per riscoprire nella sua vicinanza il coraggio della fedeltà, la consolazione della speranza, il conforto della riconciliazione.
Santa Giuseppina Bakhita si presenta a noi come la persona innamorata del Creatore della Vita, capace di scoprire l’amore misericordioso anche nei tratti più tristi della storia. È la Santa Moretta che comunica l’assoluta libertà di Dio nelle sue scelte, capace di nutrire amicizia vera, di donarsi senza attendere ritorni, di offrire bontà e perdono sempre, privilegiando i poveri, gli ultimi: “Per giustizia i ricchi devono dare ai poveri”.
Continua ad essere, per il nostro tempo, la prova convincente per tanti popoli che, ancora oggi, vivono il suo stesso passato di oppressione, di sfruttamento, di disprezzo e di disperazione. “Sorella Universale” la ribattezza Giovanni Paolo II e con questo titolo nell’ottobre del 2000 viene proclamata Santa e conquista il mondo, non con fatti di prima pagina di rotocalco o con messaggi disseminati sui vari network, ma per queste parole: “Come è bello amare Dio, credere, avere fede, pregare, aiutare il prossimo … per una vita migliore”.
Anche Bakhita non disdegna il consumo positivo, apre la “bottega” dell’accoglienza, dell’ascolto pazientissimo, generosissimo, amabilissimo, dove chi entra esce più ricco di fiducia in se stesso e negli altri. Attorno a questa “bottega” si è diffusa, nei cinque continenti, una rete di solidarietà, di risposta ai reali bisogni, capace di affrontare rischi e sfide e promuovere la verità del mondo globalizzato. La nostra Santa con la sua visione di un Dio, “il suo Paron”, che imprevedibilmente può restituire a ciascuno la propria originalità e tracciare le linee portanti dell’irrepetibile progetto di vita, può fornire oggi, soprattutto ai giovani, gli strumenti perché possano immaginare un futuro possibile e non permettere che anche Gesù finisca in pasto al consumismo.
Gesù non è mistero lontano, magari sconvolge le nostre vite, ma per farci trovare quella risposta che tutti portiamo in cuore ed è il suo AMORE che non tradisce mai. Così in questo faticoso percorso dove si alternano cime e vallate, Bakhita è la compagna di viaggio, sorella di tutti, di tutte e nel suo essere donna religiosa, che nulla di più chiede alla vita se non di essere fedele al suo “Paron”, trovano concretezza operativa le grandi parole di cui oggi rischiamo di farne solo un uso sonoro: inclusione, cura, praticità, intraprendenza… Sorella nostra nel carisma Canossiano e insieme Sorella dell’intera umanità. Pensare a lei, il cuore si riempie di gratitudine e noi l’accogliamo come vero dono che il Signore ci concede nella sua generosità e come invito a vivere più intensamente la coerenza al Vangelo.
Scuotiamoci dal torpore e guardiamo con fiducia l’orizzonte che Cristo ci dischiude. Apriamoci agli inviti dello Spirito e camminiamo, annunciando la sua amabilità accogliente e senza distinzioni per quanti incontriamo. Ci viene richiesto coraggio per percorrere con fedeltà i sentieri della fede, della speranza e dell’amore. La sua testimonianza, la sua voce, il suo racconto, non si spengono in sordina, come avrebbe desiderato: “…me ne vado, adagio adagio…”, ma tracciano una scia luminosa di continuità tra il secondo e il terzo millennio. Diventano punto inconfondibile di rinascita.
Una filosofia essenziale ha guidato Bakhita nella sua vicenda terrena, nonostante la mancata fanciullezza per le ingiustificate malvagità e il ripetersi quotidiano, nell’età adulta, di piccole cose. Sì, piccole cose che, sommate insieme, sono diventate trampolino di lancio per la sua santità: “Unico mio desiderio è di far contento il PARON”. Una religiosa di fine ‘800, che viene dall’Africa, che vive gli anni dell’ infanzia e della pubertà segnati da esperienze lontane quanto il nostro mondo dal suo, ci manda un messaggio di un’attualità sconvolgente: il più grande peccato dell’uomo di oggi è quello di non lasciarsi amare da Dio. Se Maddalena di Canossa Fondatrice dell’Istituto, è l’anima del carisma Canossiano, Madre Giuseppina Bakhita, prima Sorella del Sudan, è il segno più eloquente dell’universalità missionaria. Continuiamo ad affidarci a lei, alla sua promessa: “Non siate tristi, io sarò con voi e dal Paradiso manderò tante grazie”.
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