Una riflessione sulla Evangelii Gaudium, Capitolo primo: La Trasformazione Missionaria della Chiesa
di Aristide Gnada CSsR *
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The Second Vatican Council presented ecclesial conversion as openness to a constant self-renewal born of fidelity to Jesus Christ: “Every renewal of the Church essentially consists in an increase of fidelity to her own calling… Christ summons the Church as she goes her pilgrim way… to that continual reformation of which she always has need, in so far as she is a human institution here on earth”. \r\nThere are ecclesial structures which can hamper efforts at evangelization, yet even good structures are only helpful when there is a life constantly driving, sustaining and assessing them. Without new life and an authentic evangelical spirit, without the Church’s “fidelity to her own calling”, any new structure will soon prove ineffective. \r\n
Nel primo capitolo della Evangelii Gaudium, Papa Francesco esorta la Chiesa a uscire da stessa, a convertirsi pastoralmente, a ritrovare il “cuore del Vangelo da annunciare, a riconoscere una missione che si incarna nei limiti umani, e a essere una madre dal cuore aperto. Questi sono atteggiamenti necessari per rendere efficace il mandato missionario (19), il cui scopo è anche d’insegnare ciò che Gesù ha essenzialmente insegnato, cioè l’amore.\r\nPapa Francesco vede in questo mandato una continuità strettamente connessa al “dinamismo di uscita” suscitato da Dio in Abramo, Mosè, Geremia e tanti altri lungo la storia. La Chiesa è chiamata a una nuova e gioiosa uscita missionaria, quindi a “uscire dalla propria comodità e avere il coraggio di raggiungere tutte le periferie che hanno bisogno della luce del Vangelo” (20). Si tratta di seguire l’esempio di Gesù che andava ovunque, nei villaggi vicini, per predicare, di modo che tutti, specialmente i più poveri (48), potessero sperimentare la gioia del Vangelo (21-23). La Chiesa “in uscita” è quella che si preoccupa di coloro che “vivono senza la forza, la luce e la consolazione dell’amicizia con Gesù Cristo, senza una comunità di fede che li accolga, senza un orizzonte di senso e di vita” (49).\r\nPer rispondere a questa preoccupazione occorre innanzitutto sperimentare “l’infinita misericordia del Padre e la sua forza diffusiva”, poi “prendere l’iniziativa” con il “desiderio inesauribile” di offrirla, coinvolgendosi come Gesù ha fatto. Coinvolgersi, spiega Papa Francesco, è mettersi “mediante opere e gesti nella vita quotidiana degli altri”, accorciare “le distanze”, abbassarsi “fino all’umiliazione se è necessario”, e assumere “la vita umana toccando la carne sofferente di Cristo nel popolo”. In tal modo la Chiesa “in uscita” saprà accompagnare “l’umanità in tutti i suoi processi, per quanto duri e prolungati possano essere”, “fruttificare”, cioè “far sì che la Parola si incarni in una situazione concreta e dia frutti di vita nuova”, e “festeggiare” ogni progresso nell’evangelizzazione attraverso, in particolare, la celebrazione della liturgia (24).\r\nUna Chiesa sempre più missionaria suppone una conversione pastorale, ovvero “un improrogabile rinnovamento ecclesiale” (25-26) mediante una riforma di tutte le strutture e istituzioni ecclesiali (27-32). Papa Francesco spiega in che senso si deve intendere questa riforma a favore di una pastorale in chiave missionaria: “fare in modo che esse diventino tutte più missionarie, che la pastorale ordinaria in tutte le sue istanze sia più espansiva e aperta, che ponga gli agenti pastorali in costante atteggiamento di “uscita” e favorisca così la risposta positiva di tutti coloro ai quali Gesù offre la sua amicizia” (27). Per questo invita tutti all’abbandono del “comodo criterio pastorale del "si è fatto sempre così"”, all’audacia e creatività nel “compito di ripensare gli obiettivi, le strutture, lo stile e i metodi evangelizzatori delle proprie comunità” (33).\r\nIl modo stesso di comunicare va fatto in chiave missionaria, di modo che l’insegnamento della Chiesa tenga conto del contesto delle questioni trattate (34). Di conseguenza, bisogna partire dal cuore stesso del Vangelo, il quale “invita prima di tutto a rispondere al Dio che ci ama e che ci salva, riconoscendolo negli altri e uscendo da sé stessi per cercare il bene di tutti” (39). Nell’annuncio del Vangelo che, del resto, necessita di “una adeguata proporzione” (38), occorre concentrarsi “sull’essenziale, su ciò che è più bello, più grande, più attraente e allo stesso tempo più necessario” (35), ovvero sulla “bellezza dell’amore salvifico di Dio manifestato in Gesù morto e risorto” (36), e “che opera misteriosamente in ogni persona, al di là dei suoi difetti e delle sue cadute” (44).\r\nPapa Francesco è consapevole che la missione della Chiesa “si incarna nei limiti umani” (40) e che “l’impegno evangelizzatore si muove tra i limiti del linguaggio e delle circostanze”, ma senza per questo “rinunciare alla verità, al bene e alla luce che può apportare quando la perfezione non è possibile” (45). Da questa consapevolezza, Papa Francesco esorta “le diverse linee di pensiero filosofico, teologico e pastorale” a lasciarsi “armonizzare dallo Spirito nel rispetto e nell’amore” (40). Di fronte ai cambiamenti culturali, chiama tutti a “esprimere le verità di sempre in un linguaggio nuovo che consenta di riconoscere la sua permanente novità” (41), e di risvegliare “l’adesione del cuore con la vicinanza, l’amore e la testimonianza” (42). Per una efficace evangelizzazione anche le consuetudini, norme o i precetti della Chiesa che non sono più adeguati o non hanno più una forza educativa sono da rivedere con coraggio (43). \r\nLa Chiesa “in uscita” è una madre dal cuore aperto, cioè una Chiesa con le porte aperte all’esempio del “padre del figlio prodigo” (46). In questo contesto, Papa Francesco mira, oltre alle porte delle chiese-edifici, a quelle della vita ecclesiale: “tutti possono far parte della comunità, e nemmeno le porte dei Sacramenti si dovrebbero chiudere per una ragione qualsiasi” (47). Egli preferisce “una Chiesa accidentata, ferita e sporca per essere uscita per le strade, piuttosto che una Chiesa malata per la chiusura e la comodità di aggrapparsi alle proprie sicurezze”, “preoccupata di essere il centro e che finisce rinchiusa in un groviglio di ossessioni e procedimenti” (49). Perciò, tutti sono chiamati a fare “una scelta missionaria capace di trasformare ogni cosa, perché le consuetudini, gli stili, gli orari, il linguaggio e ogni struttura ecclesiale diventino un canale adeguato per l’evangelizzazione del mondo attuale, più che per l’autopreservazione” (27).\r\nPer rispondere all’esortazione di Papa Francesco in merito alla trasformazione missionaria della Chiesa, ci vuole un serio esame di coscienza missionaria da parte di tutti fedeli, in particolare, quelli che hanno la grande e nobile responsabilità di guida nella Chiesa. Tale esame di coscienza consisterebbe, per ognuno, nel riflettere e esaminare in modo costante il proprio comportamento davanti a Dio e rispetto alla missione della Chiesa, al fine di vedere se corrisponde alle esigenze e agli obiettivi del mandato missionario. L’esame di coscienza ci permetterà di cogliere la fondatezza dell’invito di Papa Francesco e a cooperare con lui, ciascuno a suo livello e a suo modo, per il successo della trasformazione missionaria della Chiesa.\r\n
* nota sull'autore
\r\nMissionario redentorista della vice-provincia dell’Africa Occidentale, è, dal 2008 docente di Teologia morale fondamentale all’Accademia Alfonsiana, presso la quale ha conseguito la licenza (2004) e il dottorato (2006) in Teologia Morale. È stato prima, in Burkina Faso, viceparroco (1997-2002), formatore nel teologato redentorista (2006-2009), docente nel Seminario maggiore Maison Lavigerie dei Missionari d’Africa (2007-2009), e in quello diocesano Saint Jean-Baptiste (2007-2008). Dalla sua tesi di dottorato sul dono come principio in etica sociale e teologia morale, s’interessa, ricercando le sue implicazioni per la teologia morale, alla tematica del dono nelle scienze come la fenomenologia, la psicologia positiva, la sociologia, l’antropologia e l’etica filosofica.\r\n