La prima missione istituita nella Cuba castrista: 17 anni di presenza francescana
di Silvano Malini
I francescani conventuali sono stati la prima nuova comunità religiosa entrata a Cuba dal 1959, ovvero, dall'inizio della Rivoluzione. Oltre a Matanzas i frati sono presenti all’Avana dal 2009. Sono al servizio della Chiesa, adattandosi alle esigenze locali: campo principale è stato il servizio pastorale, anche perché resta molto difficile impegnarsi in altri settori.
Un “nuovo capitolo nella storia della missione”, fatto di “pagine di nuova evangelizzazione e di presenza francescana in una terra assetata di libertà, di giustizia sociale e di pace” “pur in mezzo a tante difficoltà”. Così il francescano padre Angelo Di Giorgio OFM Conv parla dei primi diciassette anni della “Delegazione Nuestra Señora de la Caridad del Cobre” - la prima missione cubana dall'inizio della "Revolución" - nel libro "Presenza dei Frati Minori Conventuali a Cuba dal 2001”, recentemente dato alle stampe e pervenuto all'Agenzia Fides.
Il francescano spiega: “L’apertura verso l’isola caraibica è coincisa con un particolare momento storico: la visita apostolica di san Giovanni Paolo II”, momento inaugurato dalla prima visita di un Papa in terra cubana (poi benedetta anche da quelle di altri due successori di Pietro), il 21 gennaio 1998. "Questi - continua padre Angelo, incaricato dell'animazione missionaria della Provincia Italiana "San Francesco - ebbe allora una geniale intuizione, ottenendo dalle autorità locali il permesso di far entrare 30 sacerdoti per l’attività pastorale”. “Precedentemente – ricorda - poteva subentrare un solo sacerdote per ricoprire un posto vacante”.
L’Ordine allora “prese la palla al balzo, accolse l’invito del Pontefice” e inviò dalle Marche i primi tre frati che, il 6 novembre 2001, costituirono la comunità di Matanzas. “La nostra presenza è stata accolta come una benedizione da parte del Vescovo”, ha raccontato padre Luigi Moretti, l'attuale Superiore. Tale diocesi “era stata scelta perché disponeva di meno di venti sacerdoti per un territorio molto vasto”. Lo stesso mons. Mariano Vivanco aveva facilitato l’iniziativa intervenendo presso le autorità, “con le quali aveva un rapporto positivo”. “Siamo stati così la prima nuova comunità religiosa entrata a Cuba dal 1959”, ovvero, dall'inizio della Rivoluzione. Oltre a Matanzas – dove servono la parrocchia di Santa Chiara e altre quattro, più piccole, raggiunti nel 2012 dalle suore Francescane Missionarie di Assisi – i frati sono presenti all’Avana dal 2009. Nella capitale sono al servizio della chiesa e della vasta parrocchia periferica di Santa Chiara, che è anche sede della formazione dei candidati all'Ordine. “A poco a poco, con il passare degli anni - continua padre Luigi - ci siamo sempre meglio adattati alle esigenze locali, che sono immense. Campo principale è stato il servizio pastorale, anche perché era e rimane molto difficile mettersi in altri settori”.
I frati curano anche la spiritualità francescana attraverso le fraternità dell'Ordine Francescano Secolare, e la Caritas, molto attiva. “Oggi è molto più facile impegnarsi in questo settore determinante, vista la povertà della gente delle nostre comunità parrocchiali”, commenta il superiore. Dato “il clima positivo ed entusiasta, conseguenza della visita di san Giovanni Paolo II”, molti giovani cominciarono ben presto un cammino vocazionale. “Ma subito abbiamo dovuto confrontarci con la loro fragilità umana e spirituale (quasi tutti non hanno una famiglia normale o credente alle spalle e, in maggioranza, sono battezzati da pochi anni). Il risultato è che ora abbiamo due professi solenni, un professo temporaneo ed un postulante al suo primo anno. Non ci arrendiamo, ma il terreno vocazionale è diventato molto fragile negli ultimi anni, per tutte le famiglie religiose”.
Luci, ombre e prospettive future sono emerse da una relazione di P. Moretti al capitolo italiano celebrato a Foligno nel 2017, che l’autore del libro, Di Giorgio, riassume così: un'apertura di missione molto ben preparata, piena comunione con i Vescovi e i sacerdoti, esperienze viva del carisma francescano, contatto fraterno con i fedeli e con le altre famiglie francescane, preziosa collaborazione con altre Province e Custodie, soprattutto nel campo della formazione. Nel 2016, le prime due professioni perpetue di frati cubani. Tra le “ombre”, la necessità di “un progetto formativo che miri sia alla formazione iniziale come a quella permanente”, con l’esigenza di “una maggiore accentuazione della spiritualità francescana, anche per la carenza di formatori motivati ed esperti”. Interessante prospettive sono la maggior collaborazione tra le province latinoamericane e l’unificazione delle cinque province italiane nell’attuale unica provincia, il che promette di “superare il regionalismo e di non spegnere l’entusiasmo per la missio ad gentes”.
Tante le difficoltà logistiche, che si aggiungono a quelle relative al rapporto con le autorità locali e alla situazione economica, politica e sociale. Non ha cambiato troppo le cose l'arrivo alla presidenza di Miguel Díaz-Canel il primo nato dopo la rivoluzione ad accedervi, il 19 aprile di quest'anno. Ingegnere elettronico e docente universitario cinquantottenne, ex ministro ed ex vicepresidente, delfino di Raúl Castro, Díaz-Canel, aveva promesso novità (senza rinunciare al socialismo) e continuità (Raúl sarà segretario generale del Partito fino al 2022). Il presidente “vuole una maggiore diffusione di internet e una maggiore libertà di stampa”, appunta p. Di Giorgio, e tuttavia non può vantare grandi progressi, in quanto alla seconda esigenza, mentre la promessa di una connettività dai cellulari si sta realizzando lentamente e a costi ancora elevati.
Lo stesso processo di elezione di Díaz-Canel e delle autorità elettive dell'isola, teoricamente partecipativo e aperto a tutti, nei fatti è stato pilotato dalle organizzazioni sociali controllate dal governo, come pure l'attuale processo di discussione di base del nuovo progetto di Costituzione. “Cuba si attende molto da questo nuovo presidente”, scrive p. Di Giorgio, “speriamo che non deluda le attese di questo popolo che aspira ad una maggiore liberta, benessere economico e un tenore di vita più dignitoso”. Il fondatore del progetto promosso dalla Chiesa “Cuba Posible”, Roberto Veiga, dice di Díaz-Canel: “Avrà successo, soltanto se saprà costruire nuove relazioni con la società”. A riguardo, il Cardinale Jaime Ortega afferma: “Il nostro contributo con 'Cuba Posible' è quello di promuovere il dialogo tra le componenti della società cubana sempre più plurale”. Il progetto, inaugurato con un finanziamento dell'allora presidente Raúl Castro, è ora economicamente “asfissiato” dal regime, secondo una recente intervista rilasciata da Veiga al giornale digitale indipendente “14ymedio”. “La Chiesa è un soggetto presente da sempre nella società cubana”, afferma padre Angelo, “riprendendo il suo ruolo con maggiore incisività dagli anni ’90 con la visita dei Papi”. Le riforme inagurate da Raúl Castro, ad ogni modo - riassume P. Di Giorgio - hanno portato a quasi quadruplicare il numero di lavoratori autonomi dal 2010 a questa parte, portandoli a 580 mila, ed oggi 2.500 famiglie contadine possono vendere il raccolto delle terre demaniali incolte che hanno in usufrutto. 819 mila persone hanno potuto viaggiare all'estero a partire dal 2016.
Certo, su 11 milioni di abitanti, c'é ancora tanto da fare: tanto più che, dopo il dietrofront di Donald Trump sull'apertura USA-Cuba targata Obama-Raúl Castro, il turismo statunitense nell'isola è crollato del 40% negli ultimi 12 mesi, dopo un aumento del 200% l'anno precedente, secondo un articolo del Washington Post. Ma “il popolo cubano è molto accogliente, sa lottare e affrontare situazioni difficili, senza perdere la speranza di un futuro migliore”, nota il francescano. Le condizioni di vita sono diversificate: “Ci sono famiglie benestanti, ma molte altre non hanno casa, soprattutto nelle periferie e nelle zone agricole”; i trasporti sono carenti, e i pendolari e gli scolari devono molto spesso coprire ingenti distanze. “Tanta gente manca del necessario per sopravvivere ed è per questo che i missionari, coadiuvati da tanti laici volontari, offrono pasti caldi, vestiti e medicine, anche a domicilio, in caso di anziani o malati, e laboratori - molto semplici - di formazione professionale. I missionari svolgono il loro apostolato anche nelle zone più depresse e trascurate, per esempio in una casa di campagna molto povera messa a disposizione da una signora, per venire incontro a quella gente lontana dalla parrocchia, che, diversamente, sarebbe tagliata fuori dalla comunità cristiana”, prosegue. Nelle campagne, infatti, “le frange di povertà sono ancora più accentuate”. “A Cuba - scrive ancora P. Di Giorgio - per molte persone l’unica via di uscita è quella dell’emigrazione”.
La valutazione globale di P. Silvano Castelli, primo Delegato della missione cubana è questa: “Riconosciamo ancora una volta la benedizione del Signore che ha accompagnato i nostri passi in questa piccola storia missionaria. Sempre abbiamo cercato di leggere la sua volontà per essere fedeli al mandato ricevuto di annunciare il Suo amore a questa nostra gente e di farlo secondo uno stile ben definito: quello di Francesco d’Assisi”.